La Stampa, 17 febbraio 2025
Valdieri, il paese che ricorda i Savoia
«Per un secolo siamo stati la piccola capitale d’Italia. Qui si firmavano decreti, passavano ministri, capi di Stato. Siamo scampati alla miseria. E averlo rimosso a lungo dalla nostra memoria collettiva è stato un errore».Poco sopra Cuneo c’è una vallata stretta che ha ancora parecchi conti da risolvere con la Storia. Vive in precario equilibrio e ultimamente sul filo della polemica. Poco meno di mille abitanti, a Valdieri: una cinquantina ha più di 85 anni, 23 più di 90, diciotto sono donne. Una di loro si chiama Margherita Rua. Sono gli ultimi testimoni diretti di una vicenda che per oltre mezzo secolo ha faticato a uscire da queste montagne. «Se ne parlava tra di noi, ma di rado e con pudore. Come se ci si vergognasse. Di che cosa poi?». Per un paradosso difficilmente spiegabile proprio ora che gli occhi di chi ha visto si chiudono la valle dei Savoia torna a esibire orgogliosamente il proprio passato. Forse anche a rimpiangerlo. Cerimonie, eventi, iniziative. Qualche mese fa tra un’infinità di polemiche e contestazioni hanno assegnato la cittadinanza onoraria a Emanuele Filiberto. Pochi giorni fa una delegazione guidata dal sindaco era alla basilica di Superga per ricordare Vittorio Emanuele a un anno dalla morte. Monarchici? Nostalgici? «Ma non scherziamo», si fa serio Guido Giordana, il sindaco vicino a Fratelli d’Italia, eletto quattro anni fa. «Non stiamo a rimpiangere quel che è stato ma è doveroso ricordare che all’apice dello splendore di casa Savoia questa valle era uno snodo centrale. E che grazie a loro in ogni famiglia c’è chi ha lavorato, studiato, è stato curato dai migliori medici o fatto portare nei migliori ospedali».A Valdieri i Savoia non sono approdati per caso. Era famosa dalla metà del ’400 per le sue terme, si diceva che avessero guarito la sorella del re di Francia. Ma il punto di svolta è stato la riserva di caccia voluta da Vittorio Emanuele II. Ogni estate il carrozzone reale si trasferiva qui. Dal cassetto della memoria emergono ricordi in ordine sparso. «La prima volta che ho visto la regina Elena (la moglie di Vittorio Emanuele III, ndr) avevo quattro anni», ricorda Margherita. «Ci aveva portato cappotti, berretti, grembiuli, giocattoli a scuola. Noi eravamo 13 fratelli e sorelle, non avevamo niente». Sua madre lavorava alle cucine delle palazzine reali, suo nonno faceva il manutentore. Ogni testimone ha il suo aneddoto, ciascuno sinceramente si sente un privilegiato della Storia. Quello della signora Nina, 91 anni, è una fetta di prosciutto. «Me la diede la regina, non sapevo cosa fosse. La nascosi come un oggetto prezioso. Non l’ho mai mangiata». «Quando mia zia morì annegata nel fiume la regina fece venire gli scalpellini da Torino per farle la lapide», racconta Michelina Franco.Walter Cesana è uno storico. Ha ricostruito con documenti, immagini e testimonianze l’osmosi tra i Savoia e questa terra: «Qui cadevano barriere e protocolli, si creava un rapporto personale che spiega ciò cui assistiamo oggi». Qualcosa che ancora divide. Nel momento più lacerante tante famiglie si sono spezzate: chi a combattere con i partigiani, chi troppo legato ai Savoia più che al fascismo. Questo è stato un punto nevralgico della Resistenza: Duccio Galimberti, Dante Livio Bianco. Le formazioni di Giustizia e libertà sono nate poco sopra Valdieri, alla madonna del Colletto. Nel 1946 a Valdieri vinse la Repubblica; a Sant’Anna, la frazione più in alto sede delle palazzine reali, la monarchia. Ancora oggi non c’è una memoria condivisa. Il sociologo Marco Revelli lo sa bene: «Mio padre (il grande scrittore e partigiano Nuto Revelli, ndr) si è molto occupato di queste vallate. E la verità non si può riscrivere solo perché è passato un secolo, in una sorta di blackout della memoria: qui si pativa una fame atavica, decine di famiglie sono scappate in Francia, chi poteva si barcamenava con un po’ di contrabbando e bracconaggio. Questo è il lascito dei Savoia: le briciole per qualche settimana l’anno, per il resto vite grame. E centinaia di morti nelle guerre combattute per conto dei reali».Eppure c’è una sorta di resistenza ad accogliere la verità storica. Come se significasse tradire un legame: «Dopo la Liberazione i partigiani se la prendevano con mio nonno, capo dei guardacaccia del re, perché non aveva fatto la Resistenza», ricorda Michelina Franco. «Lui rispondeva a brutto muso: i Savoia vi hanno dato da mangiare per una vita, avete ancora la bocca piena di maccheroni». «Mussolini qui è venuto una volta sola», ricorda lo storico Cesana. «La regina lo detestava, si rifiutava di fare il saluto romano», spiegano le anziane del paese mostrando una foto d’epoca. «Nessuno discute gli errori storici dei Savoia, dall’appoggio al fascismo alle leggi razziali», dice Cesana. Però (c’è sempre un però) qui insistono: i reali erano altro, soprattutto era altro la regina Elena, non a caso sopravvivono scritte sui muri che nessuno ha mai spazzato via e il Cuneese è disseminato di scuole, ospedali e luoghi pubblici a lei intitolati.Non solo. È ancora puntellato di simboli che rimandano alla monarchia. E di luoghi: al santuario di Vicoforte ogni giorno o quasi 200 guardie d’onore si alternano a presidiare le tombe reali. Al santuario di Racconigi vive don Gianfranco Troya, che da oltre mezzo secolo ne è il rettore, l’ultimo cappellano reale, un uomo dalle risposte lapidarie: «In Italia tutto ciò che c’è di buono proviene dai Savoia, per questo c’è chi li rimpiange».Anche la toponomastica testimonia questa perenne tensione con il passato. La via principale di Valdieri è intitolata a Dante Livio Bianco, il municipio sorge in piazza della Resistenza. Ma è circondato: piazza Vittorio Emanuele, via principe Umberto, piazza Regina Elena. «Queste valli sono un pilastro della Resistenza. E a lungo le amministrazioni dei comuni ne hanno coltivato la memoria», dice Revelli. «Ora c’è chi rispolvera i Savoia quasi fossero un brand, un’operazione di marketing. Ma il passato non si riscrive». No, non si cancella né si riscrive. Ma di sicuro un pezzo di questa valle sembra non aver ancora scelto il suo posto nella Storia.