Corriere della Sera, 17 febbraio 2025
Intervista a Olly
Il biglietto per Basilea non l’ha ancora staccato. Olly, vero nome Federico Olivieri, ha vinto il Festival di Sanremo e ha ottenuto il diritto di rappresentare l’Italia all’Eurovision Song Contest, che quest’anno si terrà in Svizzera. Lui non si è ancora deciso. Il 23enne genovese, mamma magistrato e papà avvocato, lo aveva detto ancora prima che il Festival cominciasse di avere bisogno di prendersi delle pause per non finire in burn out. Con un tour sold out in arrivo e le date nei palazzetti nel 2026, l’agenda si sta affollando pericolosamente. «Sarebbe un onore poter partecipare a un evento così importante. Non c’è stato ancora un pensiero in merito perché non ho mai valutato l’idea di vincere. Devo prendermi del tempo e lo chiedo».
Non è un sì e non è un no…
«Devo ancora metabolizzare il fatto di aver vinto il Festival e devo uscire da questa grande bolla che ci tengo a sgonfiare anche perché si tratta di musica, in questa settimana non si salvano vite. La musica deve arrivare al pubblico senza troppe cose intorno».
La tiene bassa?
«Sono così di carattere… Sto diventando un personaggio pubblico e in questo non nascondo che ci sia del narcisismo. Ci tengo che al centro della musica ci sia sostanza. Tutto quello che mi sta accadendo può essere una minaccia e mi devo preservare. Non rappresento l’immagine perfetta del ragazzo di 23 anni: ho i capelli scombinati, il baffo tagliato così, fumo sigarette... mi alleno ma non è qualcosa di ricercato. Alla truccatrice ho chiesto di lasciare le mie imperfezioni: ci tengo ad arrivare al pubblico come sono».
Come è? Faccia l’autoritratto...
«Fisicamente traggo in inganno: sono grosso, ma nascondo una timidezza che può essere scambiata per diffidenza che da ligure ho nel dna ma ho una profonda sensibilità da quando sono nato. La mia famiglia mi ha insegnato rispetto e amore: mi faccio sempre una domanda in più, ma più vado avanti meno risposte ho».
Fisico da rugbista il suo...
«Stavo per arrivare all’Accademia nazionale, amo il rugby, sport nobile che sarebbe bello avesse la stessa visibilità di altri».
Obiettivo?
«Voglio diventare la versione migliore di me stesso e lavorare ogni giorno per questo: come artista, come essere umano, figlio, padre, amico».
Dopo l’omicidio di Giulia Cecchettin, durante un concerto a Milano lei ha cambiato la frase della canzone «Mai e poi mai»: «Il giorno che la trovo o la sposo o la ucciderò».
«Era una frase molto infelice che ho scritto da piccolino. L’ho scritta io come tutte le mie canzoni e me ne assumo la responsabilità, ma allo stesso tempo fortunatamente un essere umano col cervello può crescere e sviluppare la propria sensibilità e capire che in un momento storico come quello, ma anche a prescindere da quello, semplicemente crescendo, una frase così non deve mai più essere pronunciata. Quel concerto è stato un modo per chiarirlo al mio pubblico, una mia urgenza di sdebitarmi e dare uno schiaffo al me del passato».
Dopo anni di dominio trap, con l’autunno il cantautorato e il pop si sono presi almeno la metà della Top10 in tutte le settimane tranne quello di uscita degli album di Marra e Guè... Lei è stato fra i protagonisti con le sette settimane al numero uno di Per due come noi insieme ad Angelina Mango e JVLI.
«Anche i rapper sono cantautori e in un certo momento hanno riempito il posto lasciato vacante. È stato bello vedere che a questo Festival molti hanno portato delle canzoni d’autore, ma anche che degli autori, lavoro nobile che anche io faccio, ne abbiano fatte per altri. Ed è stato bello anche celebrare le emozioni che abbiamo portato sul palco con Corsi e Brunori. Lucio è fenomenale: gli ho già detto che voglio andare in studio con lui appena possibile».
Al momento della vittoria sembrava scosso…
«Ero scioccato, non sembravo felice perché quando provo un’emozione forte mi viene la faccia della “para”. Guardandomi da fuori non si capisce cosa stia provando, ma anche se mi guardo dentro io».
La prima telefonata?
«A papà che stava portando i cani a fare pipì: eravamo sotto choc entrambi. Devo dire grazie ai miei genitori che mi hanno dato la possibilità e la fiducia di investire il tempo come volevo, credendo in me e non ostacolandomi mai. Vorrei dare lo stesso insegnamento a un bimbo o una bimba».