il Fatto Quotidiano, 16 febbraio 2025
Il giallo della morte del costumista di Parthenope
La morte di Luca Canfora, noto e apprezzato costumista del premio Oscar Paolo Sorrentino, risale alle 11 del mattino del 1º settembre 2023.
A quell’ora il regista e la sua troupe avevano appena terminato una scena del film Parthenope nell’area dei Giardini di Augusto, una serie di terrazze a strapiombo sul mare con una vista mozzafiato della costa di Capri e i Faraglioni. È qui che Canfora sparisce per ricomparire cadavere a pochi metri dalla riva, ripescato da un gruppo di canoisti.
Ad oggi l’ipotesi degli investigatori resta quella di suicidio, ma i dubbi sollevati dalla prima e unica ricostruzione dei fatti sembrano gli ingredienti di un giallo che in altre occasioni, tenuto conto delle circostanze, avrebbe tenuto banco sulle cronache non solo italiane.
Una delle scene clou del film girata a Capri ricostruiva tra l’altro il suicidio di Raimondo, innamorato della sorella Parthenope e morto lanciandosi dalle stesse scogliere dove sarebbe volato anche Luca.
Nell’indagine del sostituto procuratore di Napoli Silvio Pavia, che per 18 mesi sembrava essersi impantanata, qualcosa è cambiato in questi giorni: l’inchiesta affidata alla Squadra Mobile di Napoli è ripartita con la convocazione per il 18 febbraio del fratello di Luca.
I dubbi della famiglia non sembrano affatto campati per aria. Tanto per cominciare la scogliera dove si sarebbe lanciato Luca Canfora non termina direttamente in acqua, ma su una fascia molto ampia di scogli e detriti, difficile finire a mare; lo stesso costone roccioso dell’incidente è costituito da almeno tre gradoni contro i quali un corpo in caduta libera avrebbe sicuramente urtato, sfracellandosi. Eppure, nonostante la morfologia dei luoghi e i 100 metri di altezza del dirupo, il cadavere – che famiglia e amici hanno potuto osservare prima del funerale – sembrava avere solo contusioni e ferite esterne, compresa una sulla parete frontale destra della testa, possibile segno di un’aggressione avvenuta in prossimità degli scogli. Ma a occhio nudo nessuna frattura evidente di braccia, gambe e cranio, come ci si sarebbe aspettato dopo un volo di quel genere.
Ora veniamo alle testimonianze: il cadavere è stato rinvenuto poco dopo la fine delle riprese a cui avevano partecipato moltissime persone tra attori e tecnici. Pare che del personale presente sul set siano stati ascoltati come testimoni solo gli altri costumisti, ma nessuno ha notato un uomo volare dagli scogli, né lo hanno visto dal mare, dove in piena mattinata transitavano parecchie imbarcazioni, e neppure dalla passeggiata panoramica di via Krupp celebre richiamo di turisti.
E allora come, e perché è morto Luca Canfora? La famiglia respinge l’ipotesi del suicidio negando che il costumista fosse depresso o avesse problemi di droga. Le analisi effettuate durante l’autopsia non hanno rilevato tracce di stupefacenti e – al di là degli alti e bassi d’umore tipici di chi lavora nel mondo del cinema – Canfora era un costumista molto apprezzato. Secondo il fratello Giuseppe, non poteva certo lamentarsi della sua esistenza al punto da decidere di uccidersi.
A sfogliare il suo album fotografico pubblicato sulla pagina Facebook “Luca Canfora. Verità e giustizia”, aperta dalla famiglia, si ricordano le sue collaborazioni con Wes Anderson, Mel Gibson e Spike Lee e lo si vede in compagnia di Diane Keaton e Anthony Hopkins, Valeria Golino ed Elena Sofia Ricci, Verdone e Paolo Sorrentino con cui lavorava sin dai tempi de La grande bellezza.
Dunque, gli interrogativi sarebbero parecchi per aspettarsi una svolta nelle indagini alla ricerca di eventuali responsabilità come chiede la famiglia, che vuole sapere prima di tutto se qualcuno davvero lo ha ucciso, più del perché.
Come nella storia del protagonista di Parthenope e di Luca Canfora, la vertiginosa bellezza di Capri fa da sfondo a una delle tante piccole e grandi tragedie umane che ispirarono a Graham Greene l’appellativo di “Isola dei suicidi” e forse al pittore svizzero Arnold Böcklin la celebre Isola dei morti dopo un viaggio nel Golfo di Napoli.
Qui lasciò il mondo 37 anni fa con le vene dei polsi tagliate Nada Grohovac, ricca ereditiera di origine croata e moglie separata di un funzionario di Confindustria e solo durante l’inchiesta sull’omicidio di Mino Pecorelli furono visionate le foto che mostravano segni di contusioni alla testa, ma – passate da Perugia a Napoli – le indagini non approdarono a nulla.
Giuseppe teme che anche nel caso di suo fratello la verità possa non essere mai scoperta e magari salterà fuori un giorno chissà come: “Purtroppo – dice – il nostro stato d’animo non è compatibile con i tempi della giustizia”. Quanto al mondo del cinema, racconta, “c’è stata una quasi totale indifferenza. Persone che erano molto legate a Luca se lo sono dimenticato in fretta”.
Resta il suo nome, un epitaffio nella dedica finale di Parthenope mentre Stefania Sandrelli, una delle ultime persone ad aver visto Luca vivo, si allontana nella notte.