Il Messaggero, 16 febbraio 2025
Protesi anche per i cani
Scalpita, scodinzola e punta dritto verso il garage quando si esce, perché sa che: garage vuol dire automobile e automobile vuol dire correre all’aria aperta, a perdifiato. Rio è un pastore australiano di neanche due anni ed è un cagnolino tripode: ha una sola zampa anteriore. L’altra è stata completamente amputata, insieme alla scapola, perché un tumore particolarmente aggressivo all’omero gli stava divorando tutto l’arto.Proprio come un essere umano, malato oncologico e amputato, anche Rio sta riscoprendo la sua nuova vita da cane: aggiusta e compensa il trotto con quella zampetta che da sola deve fare per due. C’è però un modo che gli allevia questa fatica. La notizia è che Rio è tornato a correre in sicurezza grazie a una protesi su misura che gli hanno progettato all’Officina ortopedica Maria Adelaide di Torino, un centro di eccellenza; quello che ha realizzato il ginocchio elettronico calzato dalla campionessa di atletica Martina Caironi tornata a correre e vincitrice di tre medaglie d’oro e quattro d’argento ai Giochi paralimpici. L’azienda, nata settanta anni fa, è famosa per creare dispositivi molto precisi, scansionati col laser e realizzati con stampante 3d, a misura di paziente, senza alcun impianto sottopelle. Dalle mani bioniche che usufruiscono di un algoritmo AI (più si muove l’arto e più questo impara abitudini e necessità) alle ginocchia con i sensori che capiscono in tempo reale come distribuire il peso o come piegarsi, dai busti per scoliosi e cifosi ai caschetti per plagiocefalia (un appiattimento del cranio che può colpire i neonati). «Rio è il decimo cane che abbiamo aiutato in quindici anni, si è adattato immediatamente al nuovo arto», racconta Roberto Ariagno, direttore dell’Officina.E così quando si va fuori, Rio deve aver capito che si può tornare a correre, ancora e tanto. Che c’è un nuovo strumento che da qualche giorno è diventato un «mai più senza», come il guinzaglio. È il corpetto che si toglie e si mette: si allaccia sul dorso a cui è collegata la zampa in titanio con una base cilindrica di plastica, non completamente rigida.Rio, fino a poco tempo fa non mangiava più, piangeva perché i dolori dell’osteosarcoma erano diventati fortissimi. Allora strofinava il musetto sulle caviglie di Francesco e Antonella, i suoi proprietari, e sembrava voler condividere con loro quelle sofferenze e consolarli dell’inevitabile. Si parlava di soppressione, di aspettativa di vita di un anno e di agonia, già cominciata a ottobre quando il cane aveva spiccato un salto formidabile ed era atterrato con un guaito disperato, anomalo. Le diagnosi erano contrastanti e confuse: frattura, strappo, infezione. Il tumore alle ossa è stato scoperto in modo chiaro e incontrovertibile solo in un secondo momento, a Samarate, in provincia di Varese. A Roma, l’oncologo veterinario Fabio Valentini non ha avuto dubbi sulla necessità di amputare la zampa e la scapola.La svolta è arrivata quando Francesco, giornalista in pensione di 64 anni, cerca un modo per restituire al cagnolino, amatissimo dalla moglie, italobrasiliana di 50 anni, la possibilità di muoversi. «Appoggiava tutto il peso sulla zampa sana, abbiamo capito che a lungo andare a avrebbe avuto grossi problemi alla schiena. Poi abbiamo letto la storia di altri due cani, Angus e Zoe, che avevano una protesi e ci siamo informati», racconta Francesco Padoa. «Siamo andati a Torino e in tre giorni la protesi era pronta: pesa un chilo e duecento grammi, è realizzata in stampa 3d, costa intorno ai duemila euro», spiega. La prima corsa gioiosa è stata al parco del Valentino a Torino. «Fra qualche settimana smetterà di accorgersi di averla», dice Francesco. Rio, che sta facendo la chemioterapia, abbaia assertivo. E intanto punta il garage.