la Repubblica, 16 febbraio 2025
Il conduttore tranquillo per il Paese che non vuole guai
Quando all’Ariston arrivano i cani per la bonifica, Carlo Conti è già chiuso in camerino per l’ultimo ripasso della scaletta. Ha i suoi riti, inscalfibili. Lo spaghettino al pomodoro prima di salire sul palco, la maglietta bianca e le scarpe da ginnastica per le prove, l’abito di scena affidato all’atelier fiorentino di Stefano Ricci. Dal tetto dell’Ariston, attraverso le feritoie, si vede il suo gruppo di lavoro – quasi tutti uomini – mettere a punto gli ultimi passaggi del copione. Minuzioso, svizzero, come ha detto Benigni. In cinque giorni di festival, l’unica cosa che ha fatto infuriare il conduttore sono stati i problemi tecnici durante la serata dei duetti che l’hanno costretto a far cantare Creuza de mä due volte e mezzo. Sei minuti di ritardo, inconcepibili.Di Carlo Conti non si conoscono uno screzio, una lite, uno scontro sul lavoro. Non si è mai espresso su temi divisivi, non racconta quasi mai nulla del suo privato. Protegge il figlio di 11 anni – tenendolo in albergo con l’amico Giorgio Panariello – anche nella serata finale. Il giorno del suo compleanno, la settimana scorsa, Conti ha messo in pausa per qualche ora la macchina organizzativa del festival per organizzargli un pranzo a sorpresa con gli amici più intimi. Ha perso il padre a 18 mesi, racconta di fare con Matteo «quel che ho sempre sognato di fare con il mio babbo». Le lacrime arrivate all’improvviso in sala stampa martedì, quando ha ricordato la madre e il modo in cui l’ha tirato su da sola, è un’assoluta novità per chi lo conosce da sempre. Non è da lui, che tiene a bada ansia, emozione, nervosismo, senza farli trapelare mai. La chat aperta a gennaio con gli autori per suggerimenti, spunti, idee ha un nome serissimo: “Autori Sanremo 25”. Per non dire Bella stronza, dice “Bella carognetta”. Se la Rai voleva una conduzione ordinata, larga, con meno polemiche possibile, non poteva che rivolgersi a lui. Che non cerca spalle ingombranti come Fiorello, riesce a contenere in 20 minuti anche l’incontenibile come Benigni, ma ha dimostrato con gli ascolti che avere una conduzione serrata non significa per forza annoiare. «Non mi piacciono i fronzoli – come diciamo a Firenze – non mi piace la fuffa». Abuon intenditor, il messaggio arriverà.Ha richiamato come autore, e consigliere, l’ex direttore di Rai 1 Giancarlo Leone: figlio dell’ex presidente della Repubblica dc, dirigente Rai di lunghissimo corso ora in pensione, era stato lui a sceglierlo per Sanremo nel 2015 interrompendo la serie di Fabio Fazio. Non era scontato che un conduttore di quiz fosse in grado di gestire una macchina così complessa. «Sulla capacità di scegliere le canzoni giuste non avevo dubbi – racconta Leone – Carlo viene dal mondo delle radio, ma non tutti tra i dirigenti Rai erano convinti, tanto che forzai l’annuncio durante un incontro con la stampa a Napoli mesi prima. E per questo mi arrivò una lettera di richiamo dell’allora direttore generale Luigi Gubitosi». Sono entrambi dei Pesci, nati a un giorno di distanza di anni diversi. Sono amici. E si è capito che per Conti, l’amicizia viene prima di tutto.Fu lui a non abbandonare mai Fabrizio Frizzi dopo il suo malore, quando ne aveva più bisogno. E fu lui a rilanciare perfino Amadeus richiamandolo in Rai, prima conPeople from Ibiza in Tale e quale show, poi come conduttore dellaprima edizione di Ora o mai piùche è stato il trampolino di lancio per Sanremo. Conti è stato anche il primo a capire che si può fare a meno degli agenti, anche se deve molto al suo primo manager, appena scomparso, Nando Capecchi. Per i contratti gli basta l’avvocato Eugenio D’Andrea, anche per questo il legame con la Rai – privo di intermediari – è più stretto che per altri. Quando fu nominato direttore artistico delle radio e vide che i risultati non arrivavano, si fece da parte velocemente. Ha sempre imposto il suo gruppo di lavoro, autori, regista, scenografi, senza abbandonarli nemmeno nei momenti più difficili.Uno dei rapporti che ha coltivato di più negli ultimi anni, per quanto laterale possa sembrare, è quello con i frati di Assisi per il concerto benefico Con il cuore. Al momento giusto, la sua amicizia con padre Fortunato gli è servita per avere un messaggio del Papa, per quanto artigianale, da mandare in onda facendo entrare il festival di quest’anno nella storia. È vero, Sanremo è una macchina che si autoalimenta. L’industria discografica è tornata a investirci moltissimo già dai tempi del primo Conti. Il resto delle tv depone le armi per una settimana, e finisce anche per prestare conduttori. L’Italia si è abituata a una settimana di parentesi e quest’anno tutti, maggioranza e opposizione, sembrano aver deposto le armi. Ma qualcosa può sempre andare storto, nel grande mistero dei gusti televisivi. Qualcosa può saltare, nella macchina folle delle narrazioni che circondano gli artisti. E invece il pacificatore Conti, l’artificiere del nostro tempo, ha disinnescato le polemiche e tenuto a distanza il potere senza disturbarlo. Ha vinto lui, parlando a un Paese che non vorrebbe guai, e invece ne ha tanti, ma li dimentica volentieri. Almeno nella settimana di divano, pizza, birretta e Sanremo.