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 2025  febbraio 15 Sabato calendario

Kiev e le garanzie di sicurezza: un esercito raddoppiato, missili e il deterrente nucleare


CHISINAU – Dopo la paura e le incertezze, per Zelensky e il suo governo è tempo di reagire, di mostrare fermezza con gli alleati europei e soprattutto con l’amministrazione Trump. Non ci sono molte alternative. Se non si può entrare nella Nato, allora occorre creare con l’aiuto alleato un esercito forte di oltre un milione e mezzo di uomini e dotato di una fitta rete di basi missilistiche che siano in grado di bloccare gli attacchi russi e bersagliare nel profondo i loro centri. E necessita che l’esercito ucraino cooperi in modo strutturato e continuativo con chiunque sia pronto a impegnarsi militarmente per fermare le aspirazioni imperiali di Putin.
Il presidente ucraino e i suoi consiglieri più vicini già da tempo hanno criticato gli accordi «traditi» di Budapest nel 1994, quando l’allora governo di Kiev acconsentì a rendere alla Russia le oltre 1.700 testate nucleari posizionate sul suo territorio ai tempi dell’allora Unione Sovietica in cambio delle garanzie all’integrità delle sue frontiere da parte di Russia, Europa, Stati Uniti e Cina. La storia degli ultimi 11 anni ha visto Putin fare ripetutamente carta straccia di quegli impegni. E oggi a Kiev si sta pensando di avviare un veloce programma di riarmo nucleare nazionale.
«Abbiamo bisogno di garanzie di sicurezza, prima di negoziare con la Russia la fine della guerra. Siamo solo all’inizio del nostro lavoro, ci serviranno molti altri colloqui come questo tra alleati», ha detto ieri Zelensky incontrando a Monaco il vicepresidente americano JD Vance. Zelensky è apparso cauto, estremamente diplomatico: ben sapendo che le loro posizioni sono molto distanti, lui è assolutamente consapevole della necessità esistenziale che gli Usa restino impegnati nella difesa dell’Ucraina. Ma, col suo Paese e negli incontri meno impegnativi a Monaco, il presidente ucraino non ha esitato a utilizzare toni molto più duri. «Trump mi ha detto di credere che Putin intende terminare questa guerra. Io gli ho risposto che Putin è un mentitore. Spero che voi lo mettiate sotto pressione, perché io di lui non mi fido», ha spiegato Zelensky durante un panel sulla cooperazione militare Stati Uniti-Ucraina riferendosi alla sua ultima telefonata con Trump del 12 febbraio.
I piani operativi sono adesso in fase avanzata. «Se non possiamo entrare nella Nato, dobbiamo creare un esercito con gli alleati europei che conti oltre un milione e mezzo di soldati. Sino a quando non saremo finalmente un membro Nato, dobbiamo avere una forza militare che ci difenda con armi Nato. I nostri soldati sono oggi circa la metà di quella cifra», aggiunge il presidente. Il suo consigliere più noto, Mikhailo Podolyak, al Corriere articola nel dettaglio questa proposta: «La difesa missilistica costruita con gli europei ci aiuterà a difendere i nostri cieli. Non lo possiamo fare da soli, occorre il vostro aiuto. Necessitiamo di una fitta rete di basi missilistiche in grado di colpire obbiettivi sensibili di ogni tipo nel cuore della Russia. E i dirigenti del Cremlino dovrebbero essere ben consapevoli del pericolo: dovrebbero sapere che ogni loro missile contro l’Ucraina sarebbe un inferno per le loro basi, le loro infrastrutture, le industrie militari, le strade, i ponti, gli aeroporti». Podolyak giunge anche a teorizzare la necessità che l’Ucraina torni in possesso della deterrenza nucleare. «Sappiamo che si tratta di un argomento delicato e complicato. Ma il dispiegamento di armi nucleari sul nostro territorio sarebbe molto utile per fermare qualsiasi progetto russo di invasione», ci dice.
Sono concetti che appaiono come una elaborazione successiva a quella di una «forza di pace europea di 200.000 uomini», di cui aveva accennato ancora Zelensky un paio di settimane orsono. Ne parla adesso anche il premier ucraino, Denys Shmyhal, che su Politico scrive della possibilità di istituire un esercito comune europeo addestrato sulla base dell’esperienza maturata dalle forze armate ucraine negli ultimi anni. «I nostri contingenti potrebbero sostituire anche i 65.000 soldati americani che sono con le unità Nato in Europa. Noi producevamo meno di 5.000 droni nel 2022, nel 2024 sono stati oltre un milione», aggiunge. Sta adesso anche all’Europa dare risposte. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha intanto parlato al telefono con Zelensky. La premier ha riaffermato ieri il sostegno dell’Italia all’Ucraina e al popolo ucraino.