la Repubblica, 15 febbraio 2025
Il sociologo sondaggista Gudkov: russi stanchi della guerra
MOSCA – Il 78enne Lev Gudkov è tra i pochi a poter dire di sapere che cosa pensano i russi. Rinomato sociologo e sondaggista, è lo storico direttore e il supervisore accademico del Centro Levada, l’unico istituto di ricerca indipendente in Russia, bollato dal 2016 come “agente straniero”. L’etichetta che rievoca il marchio sovietico di “nemico di Stato” da ieri pende anche sulla sua testa. «Non mi sorprende», dice a Repubblica accennando una risata.«Ma certo non ne gioisco. Dovrò rinunciare all’insegnamento e sarò impelagato in ulteriori pastoie burocratiche».Professor Gudkov, la telefonata tra Vladimir Putin e Donald Trump fa sperare in una prossima pace in Ucraina. I russi sono favorevoli?«Quasi i due terzi, il 61 per cento, vorrebbero negoziati immediati,secondo il nostro sondaggio di fine gennaio. È la cifra più alta registrata in tre anni, mentre la percentuale di quanti sostengono la necessità di continuare l’azione militare è scesa al minimo, il 31%. Anche il numero di quanti credono che le azioni militari in Ucraina termineranno entro il prossimo anno o prima è aumentato, al 43%. A volere i negoziati sono per lo più le donne, gliunder 40, chi non approva il presidente o le forze armate. Ma in generale il sostegno all’esercito resta elevato, al 78%».Dopo tre anni di offensiva contro Kiev, la stanchezza dunque cresce?«Sì, la gente è stufa. Percepisce che il prezzo del conflitto è molto elevato. Per quattro fattori. Primo, la crisi economica. L’impennata dei redditi legata agli investimenti nella difesa si è arrestata, mentre l’inflazione galoppa e la gente la associa, seppure in modo vago, al conflitto.Secondo, le perdite umane. I russi non ne conoscono l’entità precisa perché queste informazioni vengono censurate, ma i numeri iniziano a trapelare da media indipendenti e occidentali. Infine, la paura di una grande guerra. La gente teme che l’offensiva in Ucraina possa portare a uno scontro con l’Occidente e con laNato che potrebbe sfociare nella Terza Guerra Mondiale e dunque nell’uso delle armi nucleari. Infine, c’è il timore che mariti e figli siano costretti ad andare a combattere».I russi vogliono la pace a ogni costo o mettono dei paletti?«Vogliono la cessazione delle ostilità sì, ma alle condizioni enunciate da Putin, in sostanza a condizione della completa capitolazione dell’Ucraina: riconoscimento dei territori annessi, disarmo, rinuncia alla Nato, cambio di governo e orientamento politico. Questa posizione giustifica l’uso della forza. Credono che la Russia sia superiore e in un modo o in nell’altro costringerà l’Ucraina alla resa».Fermare lo spargimento di sangue non vale qualche rinuncia?«Il problema è proprio che questo spargimento di sangue sarebbe percepito come senza senso se si dovessero fare concessioni e non si raggiungessero gli obiettivi prefissati. E in tal modo la stessa Operazione sarebbe percepita come senza senso. Il che provocherebbe grosse contestazioni contro la dirigenza del Paese. Perciò è un tabù. Non se ne discute neanche».Se i negoziati tra Putin e Trump naufragassero, per quanto tempo ancora i russi sarebbero pronti a sostenere il conflitto?«Dipende da tante variabili. Ma finché non verrà indetta una nuova mobilitazione e non ci saranno grandi scossoni economici, il sostegno continuerà. La maggior parte dei russi, in ogni caso, crede già che il conflitto durerà a lungo».