Corriere della Sera, 14 febbraio 2025
1938, la tregua illusoria raggiunta a Monaco spinse l’Europa nel baratro della guerra
Il vertice organizzato da Mussolini tra Germania, Italia, Gran Bretagna e Francia concesse a Hitler i Sudeti: pochi mesi dopo le truppe del Terzo Reich entrarono a Praga e poi in Polonia scatenando la seconda guerra mondiale Dopo i contatti con il leader del Cremlino Vladimir Putin del presidente americano Donald Trump, che è parso prospettare una soluzione del conflitto in Ucraina favorevole agli interessi di Mosca, scavalcando Kiev e i partner europei dell’Alleanza atlantica, colpisce la coincidenza per cui l’annuale conferenza sulla sicurezza europea si tiene a Monaco di Baviera, città storicamente famosa per un’altra riunione al vertice, svoltasi nel 1938 e rimasta nell’immaginario collettivo come esempio di cedimento alle pretese di una potenza aggressiva, che era allora la Germania nazionalsocialista. Ma che cosa accadde esattamente in quella circostanza?
Giunto al potere nel 1933, Adolf Hitler inaugurò una politica di accelerato riarmo del suo Paese, senza nascondere l’intenzione di rovesciare come un calzino l’assetto europeo uscito dalla sconfitta tedesca nella Prima guerra mondiale e dalla conseguente pace di Versailles. Nel 1936 il Terzo Reich fece entrare le sue truppe in Renania, zona che secondo gli accordi doveva restare smilitarizzata, e poi nel marzo 1938 procedette all’annessione dell’Austria. L’obiettivo dichiarato del Führer era congiungere alla Germania tutte le popolazioni di lingua tedesca che si trovavano al di fuori dei suoi confini.
Così dopo l’Austria venne il turno della Cecoslovacchia, comprendente la regione dei Sudeti, popolata in prevalenza da abitanti di etnia germanica. Hitler avviò i preparativi per l’invasione di quel Paese, lanciando nel frattempo una martellante campagna propagandistica circa le presunte discriminazioni cui sarebbe stata sottoposta la minoranza dei Sudeti da parte del governo di Praga. Nel frattempo i servizi segreti nazisti organizzarono una serie di azioni coperte e di incidenti per destabilizzare la situazione alla frontiera. Tutto ciò mise in allarme Francia e Gran Bretagna, alleate della Cecoslovacchia. Cominciarono i contatti per evitare un conflitto armato che avrebbe potuto assumere proporzioni continentali. Il primo ministro britannico Neville Chamberlain incontrò Hitler a Bad Godesberg, il 22 settembre 1938, e ipotizzò una soluzione fondata su limitate concessioni territoriali da parte della Cecoslovacchia. Era la linea dell’«appeasement» fondata sull’idea che si potesse trovare un modus vivendi facendo concessioni al Terzo Reich. Ma il dittatore nazista voleva mano libera.
Il 26 settembre Hitler tenne a Berlino un discorso violentissimo, in cui minacciò la guerra se entro il 1° ottobre non fossero state accolte le sue rivendicazioni. Sembrava non vi fossero più possibilità di preservare la pace. Come ultimo tentativo, su mediazione di Benito Mussolini, venne organizzato in tutta fretta un incontro a Monaco, al quale parteciparono i leader di Germania, Italia, Gran Bretagna e Francia per cercare una soluzione pacifica alla crisi dei Sudeti.
Su Chamberlain e sul primo ministro francese Édouard Daladier pesava il ricordo della precedente guerra mondiale. E in fondo le due democrazie occidentali, nella logica dell’appeasement, non ritenevano infondate le richieste del Terzo Reich sulla base del principio di autodeterminazione dei popoli da applicare agli abitanti tedeschi dei Sudeti. Tant’è vero che accettarono la pretesa del Führer di escludere dai colloqui la Cecoslovacchia.
La conferenza cominciò il 29 settembre intorno alle 12.45 e prese subito un indirizzo favorevole alle rivendicazioni del Terzo Reich. Nel primo pomeriggio Mussolini presentò una proposta di accordo, sulla base di una bozza preparata dai diplomatici tedeschi. E tra le due e le tre di notte del 30 settembre fu sottoscritto il patto di Monaco, con cui venne permesso alla Germania di occupare militarmente i Sudeti tra il 1° e il 10 ottobre, mentre Francia e Gran Bretagna si impegnavano a garantire l’integrità territoriale della Cecoslovacchia nelle sue nuove frontiere. In Europa fu generale il sollievo per la conclusione dell’accordo, che evitava il ricorso alle armi. Ma si trattava di una pia illusione. Pochi mesi dopo, nel marzo 1939, Hitler approfittò dei dissidi tra cechi e slovacchi per dare il colpo di grazia a quel Paese già mutilato. Le truppe tedesche entrarono a Praga: le regioni ceche della Boemia e della Moravia divennero un protettorato della Germania, mentre la Slovacchia ottenne l’indipendenza, ma in una evidente condizione di Stato satellite del Reich.
Solo allora Londra e Parigi capirono che Hitler era un interlocutore del tutto inaffidabile, alle cui mire espansionistiche bisognava opporsi con fermezza. Così, quando Berlino cominciò ad avanzare ulteriori rivendicazioni nei riguardi della Polonia, Chamberlain si schierò con decisione dalla parte di Varsavia. La via per lo scoppio della Seconda guerra mondiale era spianata e il patto di Monaco sarebbe passato alla storia come il tentativo inutile di rabbonire un tiranno dalle ambizioni smodate a costo di tradire i propri alleati. Si rivelò profetico il monito rivolto a Chamberlain da Winston Churchill, contrario al cedimento nei riguardi di Hitler: «Potevate scegliere tra il disonore e la guerra. Avete scelto il disonore e avrete la guerra».
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