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 2025  febbraio 14 Venerdì calendario

Il cammino di Federica Brignone Così è diventata la più grande


Q uindici anni fa, poche ore prima del gigante olimpico di Vancouver a Whistler Mountain, Ninna Quario scrisse un articolo per un quotidiano italiano. L’idea era quella di compiere, sotto i cinque cerchi, un passaggio generazionale di consegne: la madre che lancia la figlia Federica Brignone, ventunenne di bellissime speranze. Ninna Quario, che a differenza della figlia, tra le porte larghe non si trovava perfettamente a suo agio, doveva fare i conti con una carriera nello sci irrimediabilmente segnata da un quarto posto: quello ai Giochi del 1980 a Lake Placid, quando dovette osservare da lontano il bronzo dello speciale al collo di Erika Hess. Scrisse: «Figlia mia copriti, perché lassù fa freddo».
Lei e la madre
Il “lassù” era il cancelletto di partenza. Il luogo mistico dove la sciatrice e lo sciatore devono compiere quel gesto, lanciarsi in pista, che ogni volta è una nuova nascita, un eterno rimettersi in gioco superando le paure e accantonando le ansie. Con quel freddo Federica Brignone ha raggiunto un’armonia totale, simboleggiata ieri a Saalbach sia dal gesto del suo skiman Mauro Sbadellotto di lasciarle scivolare nel collo qualche grumo di ghiaccio quando già era china sul cancelletto, pronta a eseguire il colpo di reni; sia dalla tigre ruggente che è serigrafata sul suo casco e che, nell’inquadratura frontale delle riprese televisive, diventa il suo volto, oltre che un modo di renderla riconoscibile in un mondo in cui i volti o non si vedono proprio o si intravvedono al traguardo. Un’armonia (anche se a Saalbach ieri c’era un caldo primaverile) che l’ha portata a disputare quella che ricorderà come la gara della vita. Al termine della quale si è messa al collo l’oro iridato di gigante, 28 anni dopo Deborah Compagnoni al Sestriere. Raggiungendo il definitivo compimento di quel passaggio di consegne a cui Ninna Quario aveva dato il via con quell’articolo di quindici anni addietro.
Lei e Goggia
Un exploit totale, un perfetto contrappeso emotivo alla brutta giornata vissuta da Sofia Goggia che nel mondiale ospitato nella culla salisburghese dello sci ha vissuto solo delusioni. In testa pure alla classifica generale di Coppa del Mondo, dopo l’argento a Saalbach nel Super-G, oggi Brignone è probabilmente al massimo della sua condizione fisica e psicologica. E con l’oro di ieri ha riscattato pure la delusione provata nel 2020, perfino più amara del bronzo olimpico fallito per tre centesimi di secondo da sua madre: vincere una Coppa generale in un momento in cui non importava a nessuno o quasi. L’anno era quello dell’esplosione del Covid, il mondo era entrato in lockdown da pochi giorni e l’eco di quel trionfo si perse nel giro di pochi giorni fra immagini tremende di camion militari che trasportavano corpi senza vita, città deserte attraversate da voci di altoparlanti che invitavano le persone a non uscire di casa e avvolte dalla voce di Diodato che uscendo dalle case intonava quasi come una preghiera il suo Fai rumore sanremese.
Brutta cosa per un’atleta sollevare una Coppa e accorgersi che pochissimi stanno condividendo la tua gioia. Quel che fa di Federica Brignone un’atleta vincente è la sua crescita interiore. Ha raggiunto una struttura della personalità che prima non aveva o era minata da infortuni e incertezze varie. Non è mai stata una sparatutto come Sofia Goggia, proprio questa differenza sta alla base della loro non amicizia.
Ci è riuscita, per sua stessa ammissione, grazie ai consigli della madre, del padre, del fratello, di Sbardellotto e di tutto il suo entourage, grazie a una forma di psicoanalisi che si rifà a un allievo di Anna Freud, Erik Erkson. Per non farla tanto lunga si tratta di portare l’inconscio sotto ipnosi a fornire autonomamente le risposte necessarie per superare dei problemi che magari manco si conoscono. Sotto la guida di Beppe Vercelli, Brignone ha fatto questa esperienza e i risultati si vedono. Scende in pista con una padronanza del proprio talento che sconfina nel divertimento. Elabora in fretta le sconfitte e non trema – come ieri – quando deve gestire un vantaggio contro un’avversaria che è appena arrivata in fondo (la neozelandese Robinson) con una prova superba. Dopo essersi coperta il corpo perché in cima alla pista di Whistler faceva freddo, negli anni Federica Brignone si è anche “coperta” l’anima, nel senso che ha imparato a proteggerla dagli inganni del mondo. Per questo ha vinto l’oro ai Mondiali di Saalbach.