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 2025  febbraio 14 Venerdì calendario

Vigilanza Rai, i veti incrociati bloccano tutto

ROMA Euforia Montecitorio. E ora – ripetono un po’ tutti in Transatlantico, dopo la soluzione del dialogo per la Consulta – si passi all’accordone per la Rai. Facile a dirsi. Più complicato a farsi. Anche perché, confidano diversi deputati meloniani, «Giorgia non ci sta mettendo la testa. Se ce la mettesse, la soluzione si troverebbe». Ma ancora meno di lei la concentrazione sul rompicapo della presidenza del servizio pubblico – Agnes sì, come vuole il centrodestra, o Agnes no, come continua a dire il centrosinistra? – ce la sta mettendo l’aventiniana Schlein.«Le due leader s’incontrassero e si mettessero d’accordo», chiede comunque Barbara Floridia, presidente della Vigilanza Rai, e insiste l’esponente M5S: «La situazione va assolutamente sbloccata». Ma come sbloccarla? Antonio Tajani in Transatlantico incontra il rosso-verde Fratoianni e gli fa: «Se fossi di sinistra, Simona la voterei subito. È equilibrata e sarebbe un ottimo presidente di garanzia. È stato suo padre, il mitico Biagio Agnes, a creare il Tg3 che è da sempre schierato a sinistra». E anche con gli altri suoi interlocutori incalza il leader azzurro: «Non capisco proprio questa impuntatura delle opposizioni, è assurdo avere pregiudizi ideologici su una persona come Simona che ha una dirittura istituzionale inattaccabile».Eppure, la situazione non si sblocca. Il dialogo modello Consulta stenta a materializzarsi. A un certo punto, ieri mattina, si vede un quintetto bipartisan che si avvia alla buvette. Provano a fare il patto del cappuccino e cornetto per sbloccare la questione Rai? Sono il fedelissimo deputato meloniano Francesco Filini, la contiana Floridia, Stefano Graziano che è capogruppo dem in Vigilanza e stratega dell’unità delle opposizioni in questa partita e Maria Elena Boschi che rappresenta Italia Viva in commissione. Filini agli altri tre: «Adesso basta con questo muro contro muro sulla presidenza Rai, cerchiamo di ragionare tutti insieme per il meglio». Floridia e Boschi: «Siete voi che volte imporre le vostre scelte». E Graziano a Filini: «Caro amico, bisognava fare così: prima tutti al lavoro per arrivare a una nuova legge in linea con il Media Freedom Act europeo, e poi si faceva la governance della Rai. Noi ve lo avevamo detto e invece voi, al posto di seguire questo percorso condiviso, avete preferito prendervi le poltrone. Vi siete bloccati da soli».Poi il quartetto esce dalla buvette e si scopre che il cappuccino è stato amaro, niente zucchero della mediazione come per la Consulta. E neppure è alle viste una telefonata Giorgia-Elly. Quest’ultima nel suo modello di leadership reputazionale – guai a sporcarsi le mani con le nomine – non vuol far vedere che lottizza il servizio pubblico o che comunque partecipa a una trattativa. E intanto la Rai non è di fatto nel pieno della sua funzionalità, perché avere un presidente pro-tempore – il consigliere anziano, cioè il leghista Antonio Marano su cui fioccano scommesse a Montecitorio: resterà lui fino alla fine, visto che in Italia non c’è nulla di più permanente del provvisorio? – non equivale ad avere un presidente vero e proprio.
In certe parti del centrodestra ci si auspica che, come per la Consulta, anche sulla questione Rai possa scattare la moral suasion del Quirinale. Ma nessuno vuole mollare. E potrebbe scoppiare una bomba. Questa. Floridia chiede che l’ad Rossi accetti di presentarsi in Vigilanza per illustrare lo stato delle cose in Rai e spiegare le strategie aziendali di sviluppo. Ma il centrodestra considera una provocazione questa iniziativa, ossia un modo per bypassare il problema – ovvero che va eletto e subito un presidente, anzi una presidente – e sono pronti quelli della maggioranza, nel caso l’esponente contiana insista a voler fare l’audizione a Rossi, a dimettersi dalla commissione che così verrà sciolta. Si tratterebbe di una rottura molto forte a livello istituzionale. La speranza del centrodestra è che la nuova commissione che verrà scelta riuscirà finalmente a dare i due voti mancanti per eleggere Agnes. Ma ancora il dem Graziano: «Immaginare le dimissioni dalla Vigilanza significa fare un grave sfregio istituzionale. E comunque noi ripresenteremo tutti gli uscenti e nessuno degli uscenti che rientreranno sono disposti a votare per chi già hanno deciso di non votare».L’ingarbugliamento, ecco. Ma bisognerà uscirne. E sono previsti due Cda, uno il 20 e l’altro il 27 febbraio, in cui l’ad dovrà fare almeno tre nomine di direttori per mettere fine agli interim nel Tg3, nella TgR e a RaiSport. L’accordo almeno su queste c’è? Si spera che l’effetto Sanremo, nel senso di un soffio di positività, smuova qualcosa. Ma per ora c’è quella che in gergo di chiama la bafagna: una caldissima cappa d’immobilità.