la Repubblica, 14 febbraio 2025
Federica Brignone, incrollabile anche contro il dolore
Fate come lei. Come Federica. Non considerate le curve della vita come impicci e le porte come ostacoli. Lavorate sulle inclinazioni, imparate a piegarvi con leggerezza, anche a sinistra, trattate la neve primaverile come amica, non guardate né a domani né a quello che avete già fatto 14 anni fa (argento nel 2011), ma a quello che siete oggi. Brignone: una tigre sulle nevi, capace di azzannare con una carezza. Una donna veramente gigante.Grande Fede: in sé stessa, nella sua tecnica, nella sua sicurezza.Segni particolari: rapidità e dolcezza, fluidità e scorrevolezza, stile e velocità. Brava a interpretare una pista complicata, con delle gobbe che facevano perdere il contatto con la neve.Mai dire buona la prima (manche), mai accontentarsi e stare in difesa, ma dare spettacolo e attaccare anche nella seconda. Guida tu, non farti guidare: 67 e 23 centesimi su Alice Robinson, 23 anni, che non ha mai rallentato. Alla fine un vantaggio di 90 centesimi.Ragazzina che vieni dalla Nuova Zelanda impara lo stile e la potenza da una 34enne della Val d’Aosta (La Salle) che è pazzesca nella precisione con cui non sbaglia niente. Seconda italiana a vincere (finalmente) il titolo mondiale dopo Deborah Compagnoni (’96 e ’97) e con lo stesso skiman, Mauro Sbardellotto. E a prendersi quello che le spettava. I sogni spesso non vanno veloci come gli sci, ma sanno avere pazienza, lasciano passare più di un decennio e poi si consegnano. Una carriera extra-large: 5 medaglie mondiali di cui due d’oro, tre olimpiche, 32 in Coppa del Mondo, dove è in testa. L’azzurra più vincente di sempre. «Ho gambe e testa giuste, ho fatto metà manche in apnea, ma sono riuscita a spingere fino in fondo. Ai Mondiali conta tutto o niente». Una tigre che balza sulla felicità, che sa ricercarla, e quando fa un errore si punisce allenandosi fino a farsi male.Perché come dice Paolo De Chiesa: «È un’autolesionista di successo». Una che per salire su ha bisogno di buttarsi giù, di masticare il dolore. Ma brava anche a creare una versione migliore di sé stessa, prendendosi dei rischi (primo trionfoquest’anno in discesa libera a St.Anton) perché la vita è sperimentare, partire dai difetti e non dai successi, cercare la perfezione e poi darle le spalle.Federica ha preteso il primo paio di sci (di plastica) da mettere in salotto quando aveva un anno e mezzo e aveva appena imparato a camminare, per sciare di più e meglio si è trasferita da Milano alla Val d’Aosta da piccola.Maledice la sveglia presto di mattina, e anche gli ambienti chiusi. Un’operazione agli occhi per evitare le lenti a contatto e vedere meglio il traguardo. Ama gli sport estremi: surf, tuffi, lanci dall’aereo e strapiombi. Sedute solitarie per allenare concentrazione ed entrata in curva. Polivalente, grande dedizione, capacità di gestirsi, un rapporto conflittuale, ma risolto con Sofia Goggia: «Non siamo amiche, ma c’è grande rispetto».Figlia d’arte (mamma è Ninna Quario della Valanga Rosa), il fratello Davide come coach dal 2017 («Siamo inseparabili, anche sul surf, in sintonia da quando eravamo bambini»), un compagno che fa lo skiman e si chiama anche lui Davide, proprio come l’altro uomo della sua vita, sui social condivide medaglie, numeri di pettorale e le sue tante attività a tutela dell’ambiente. Per Mauro Pini, allenatore ticinese di Petra Vlhova, ex di Tina Maze e di Lara Gut: «Federica è stata l’unica capace di usare la schiena dei dossi per non perdere velocità.Questa è la stagione della sua consacrazione. Ora lo sbaglio sarebbe appesantirla chiedendole subito una replica per Milano-Cortina 2026». Già.Fede quella brava soprattutto a non farsi illudere dall’alba del giorno dopo. Meglio scendere con il pettorale del presente e sapersi gustare il gelato che le piace di più: pesca e nocciola