il Fatto Quotidiano, 13 febbraio 2025
Coppie che resistono al mito di San Valentino
Oggi sul matrimonio – complici i modelli megalomani di influencer e serie tv – si investono sentimenti e insieme tantissimi soldi. Ogni dettaglio deve essere perfetto, dal gender reveal e i segnaposto della cerimonia al sesso della prima notte, fino al sicuro concepimento del bambino come voluto e via immaginando. Ma è chiaro che se queste sono le premesse, il fallimento è praticamente dietro l’angolo. Il fatto è che cresciamo, ancora oggi, immersi nel mito dell’amore romantico. Cerchiamo, nel matrimonio o nella convivenza, la persona che risponda a questo mito – l’equilibrio perfetto di ragione e passione, sesso e dialogo.
Nessuno ricorda però mai abbastanza che l’intesa entusiasta fisico-emotiva è dannatamente breve e risponde a leggi biologiche di cui troppo poco teniamo conto. Alla sua scomparsa seguono anni di illusione sul fatto che possa tornare, quando, con tutta probabilità, non è così. È un lutto al quale si deve far fronte, tanto più doloroso quanto più si è creduto in un modello scarsamente realistico e con aspettative ipertrofiche. La vita matrimoniale e la convivenza non sono fatte di palloncini e di segnaposto dorati, ma di asperità di tutti i tipi, frustrazioni, fraintendimenti, conflitti. Il matrimonio è anche, ma in pochi lo sanno e forse servirebbe un corso “laico”, anche assistenza materiale e morale, fedeltà, cura dei figli. Cose che col romanticismo hanno poco a che fare.
La buona notizia che questo libro vorrebbe raccontare è questa: si può convivere senza troppo eccitato romanticismo, il che non significa freddezza e disinteresse. Convivere cercando, anche, di puntare a una vita quotidiana di qualità sotto tutti i fronti senza tentare di cambiare forsennatamente l’altro, e smettendo di immaginarlo come l’unico fulcro della propria vita. E quando le cose non funzionano, cioè quasi sempre, piuttosto di accanirsi, bisognerebbe imparare a lasciar correre, accettare, ogni tanto di fare uno (strategico) passo indietro. Non per tenere il matrimonio in piedi a tutti i costi, ma perché separarsi comporterebbe probabilmente minore felicità e maggior fatica, specie in un paese dagli stipendi miseri, con pensioni ridicole e senza reddito antipovertà. Nel libro provo allora a rispondere a una domanda: cosa occorre fare con una relazione segnata da sofferenze, zone grigie, conflitti? È giusto restare insieme nonostante tutto, e nonostante soprattutto le reciproche diversità, che con gli anni magari si sono accentuate? Separarsi, appunto, quanta sofferenza comporta? E che danno per i figli, specie se piccoli? Ma soprattutto: anche di fronte a problemi e malesseri, vale o no la pena di tentare la strada, forse più ardua, del restare insieme? Questo libro invita a relativizzare un rapporto che non corrisponde a come ce lo eravamo immaginato. Il che non significa abbandonare ogni speranza e tentativo di cambiamento. Di nuovo: vivere insieme per decenni, condividendo problemi economici, pratici, di salute, è sfinente di per sé e per questo chi, dopo tanti anni, vi racconta – magari con celebrativi post sui social – la barzelletta di una intimità esuberante e di una intatta felicità andrebbe guardato con sospetto, come se fosse leggermente disturbato.
Modificare meccanismi e caratteri sedimentati su infanzie segnate da sofferenze, ma anche da anni di vita insieme alle spalle, marcata da ansie di ogni tipo e questioni economiche, non è possibile se non con molta riflessione, fatica e lavoro su di sé e, magari, insieme (la psicoterapia di coppia, lungi dall’essere l’ultima spiaggia, aiuta tantissimo: lì, almeno, si parla). Un ultimo messaggio è questo: talvolta ciò che rende poco funzionanti i nostri matrimoni, le nostre relazioni, è soprattutto il fatto di essere concentrati, quasi sempre, esclusivamente sui propri bisogni. È la cultura dell’individualismo, l’illusione del pensarci unici, separati dagli altri. E un’attenzione eccessiva, quasi sproporzionata sulle nostre sensazioni e necessità. Forse si potrebbe capire che restare dove siamo, talvolta – mai ovviamente dove c’è violenza – potrebbe non essere una scelta conservatrice. Una scelta che consente di investire quelle risorse, mentali, emotive e insieme materiali, che si sarebbero perse nella separazione, per cercare spazi “cuscinetto”, anche piccoli e in apparenza banali, che evitino l’attrito e consentano di vedere davvero meglio l’altro. Purtroppo, serie tv, influencer e così via ci illudono sul fatto che il mondo sia pieno di opzioni e per converso ci fanno apparire la nostra vita matrimoniale e affettiva miserabile. In questo modo, però, tradiamo anche un po’ noi stessi, le scelte che abbiamo fatto, chi siamo. E forse anche, in definitiva, quella coppia che, tanti anni fa, guardava al futuro con speranza.