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 2025  febbraio 13 Giovedì calendario

Il tetto al prezzo del gas non farà ripartire l’industria


il commentoIL TETTO AL GAS NON È L’UNICA SALVEZZAImpressiona confrontare i grafici del calo della produzione industriale con i rialzi dei prezzi dell’energia, come che vi fosse un nesso causale che, in effetti, c’è. Nel 2019, prima della pandemia, l’indice della produzione industriale era a 103, oggi è a 91; i prezzi del gas all’ingrosso allora erano intorno ai 20 € per megawattora, mentre la media degli ultimi 4 anni è il triplo, con quello di ieri a 55 €. L’aggravante è stata la crisi causata dalla guerra scoppiata il 24 febbraio 2022. Tre anni dopo continuano le scosse di assestamento del terremoto innescato dall’ammanco del 40%, la quota che copriva la Russia sulle nostre forniture di gas, UE e Italia. Pensare di risolvere nell’arco di qualche mese un ammanco di queste proporzioni su strutture costruite nell’arco di decenni è stato superficiale. Il prossimo aprile, entrerà in funzione a Ravenna il secondo dei 2 rigassificatori che abbiamo deciso di costruire in emergenza nel 2022, tre anni fa. E meno male che arriva, perché i problemi che si intravedono per la prossima estate non sono da poco per riempire le scorte. Preoccupiamoci di passare questo inverno, perché dalla prossima settimana nel nord Europa arriverà una botta di freddo intenso e ridurrà ulteriormente le scorte in Europa, ormai sotto il 50%, contro il 68% dei precedenti due inverni a inizio febbraio. Le curve dei prezzi per le scadenze future si sono appiattite, e anche i prezzi per la prossima estate si mantengono sopra i 55 € per megawattora. Con questi livelli del gas, i prezzi dell’elettricità in Italia in borsa sono di nuovo oltre i 160 €/megawattora, record da fine 2023. Mentre i prezzi del gas sono alti in tutta Europa, quelli dell’elettricità in Italia hanno il triste primato di essere superiori agli altri paesi almeno di un 30%. Ciò per effetto del maggior peso, circa il 50%, che il gas ha nella nostra generazione elettrica.A differenza della crisi del 2022, quando i prezzi furono molto più alti, l’industria italiana, e anche quella europea, soffre di più, per due ragioni fondamentali. La prima è che manca la crescita economica, quella innescata dal rimbalzo dalla pandemia del 2020, che permise alle imprese di scaricare sui prezzi i maggiori costi dell’energia, peraltro facendo anche ottimi profitti. La seconda è che sono venuti meno i generosi aiuti di stato riconosciuti nel 2021 e 2022, concessi o come taglio agli oneri di sistema e delle tasse, o come crediti d’imposta, elargizioni che hanno un po’ viziato sia imprese che consumatori. Per l’Italia si è trattato in totale di aiuti che hanno sfiorato i 90 miliardi di € da confrontare ai mille di tutta l’UE, tutte poste finanziate con maggiore debito degli stati. Oggi la Commissione non vuole un aumento del debito, i prezzi non sono abbastanza alti e pensa, invece, ad un nuovo tetto sui ai prezzi. Quello introdotto nel dicembre 2022 a 180 € per megawattora non è servito a molto, era lontanissimo dai prezzi già allora prevalenti sotto i 100 € e poi è scaduto lo scorso 31 gennaio. Era farraginoso nel meccanismo di attivazione, ed è servito soprattutto per fare scena, poca sostanza, cosa che probabilmente si ripeterà. Intanto in Italia ci si arrabatta per trovare soluzioni, ma tutte comportano aiuti di stato, ovvero più debito che a noi, con quello più alto nell’UE, non è consentito. Che fare? Nell’emergenza chiedere all’UE di allentare i vincoli sugli aiuti di stato. Successivamente, alzare lo sguardo sul medio termine e ritornare sulla diversificazione, che non sia solo rinnovabili, ma anche carbone e produzione interna di gas nazionale. Se la Cina ha prezzi dell’elettricità a 55 €/MWh è per il carbone, se quelli degli USA sono a 60 € è per l’estrazione di gas. Noi europei amiamo cose più complesse, ma è banalmente questo che spiega il vantaggio sull’energia della loro industria. —