la Repubblica, 13 febbraio 2025
Marcello Foa, in Rai il re dei complottisti
Il personaggioMosca, fake news e Rai il ritorno di Marcello campione dei complottistidi Francesco BeiROMA – È il principe del “non ce la raccontano giusta”, il sacerdote delle verità alternative, come quella della setta satanica di cui sarebbe stata adepta Hillary Clinton. E dunque Marcello Foa, nominato in quota Lega nel Cda della Scala, ora potrà finalmente sbizzarrirsi visto che metà delle opere liriche ruota davvero intorno a un complotto, dal Don Carlos al Macbeth. Ma il vero mistero cospirazionista è come questo giornalista italo- svizzero, che ama definirsi discepolo di Montanelli, sia riuscito a scalare il potere nell’era del populismo, fino a diventare prima presidente della Rai e ora conduttore di uno dei programmi radiofonici nella rete ammiraglia.Perché quello di Foa, per gli appassionati e i cultori della materia, è ormai un genere letterario. Se sui social iniziava a girare una cavolata sesquipedale, si poteva star certi che Foa la facesse sua e la rilanciasse. Dalla sua rubrica del Giornale, sul blog di Beppe Grillo fino al russo Sputnik, quella di Foa era una ecolalia, un diluvio di stupidate prese dai peggiori siti e rilanciate a mitraglia. Come quella volta che su Twitter condivise un articolo secondo cui Hillary Clinton e il manager della sua campagna presidenziale, John Podesta, avrebbero partecipato a un rituale satanico con l’artista Marina Abramovich realizzando «una vernice composta da sangue di maiale, sperma, urina e latte di donna». Troppo? Macché, per Foa mai abbastanza. La fonte principale delle “notizie” del neo consigliere della Scala era il sito di bufale Infowars, fondato da Alex Jones. Un divulgatore di estrema destra che alla fine fu fermato non da una crisi di coscienza, ma dall’aver pubblicato la bugia che la terribile strage di Sandy Hook (27 morti, la maggior parte bambini piccoli) fosse in realtà una messa in scena del governo federale. I genitori di quei poveri bambini, definiti degli «attori prezzolati», non la presero bene e lo fecero condannare a 50 milioni di dollari per danni morali. La storia di Infowars finì lì. Non però la carriera di Foa. Filorusso e antiamericano quando alla Casa Bianca c’erano Clinton e Obama eoggi, naturalmente, trumpiano – Foa pestò una fianda digitale rilanciando la “notizia” che l’abbattimento del volo Malaysia Airlines 17 sui cieli del Donbass fosse unafalse flag «provocata ad arte per mettere in difficoltà Putin». Un team di investigatori internazionali accertò poi che il missile proveniva dalla 53esima brigata russa di Kursk. Ma Foa, imperterrito, è sempre passato elegantemente oltre, senza mai scusarsi per gli errori. Non ha chiesto scusa per aver detto che i deputati del Pd prendevano ordini da Soros, per aver rilanciato la bufala sulla povera migrante soccorsa «con le unghie laccate», per aver detto che i vaccini provocano shock gravi sui bambini,per aver espresso il suo «disgusto» nei confronti di Sergio Mattarella (per questo Foa è stato l’unico presidente della Rai a non essere mai ricevuto al Quirinale). Solo una volta il nostro chiese scusa, perché il suo Corriere del Ticino aveva aperto la prima pagina con il falso scoop su un documento, naturalmente «segreto» della polizia tedesca del 2017, alla quale sarebbe stato ordinato di nascondere le prove di matrici terroristiche islamiche degli attentanti in Germania. Di quella bufala, Foa, chiese scusa. Questa faciloneria o, se vogliamo essere indulgenti, questa credulità Foa la mise in mostra anche da presidente di viale Mazzini, rischiando di far pagare alla Rai un milione di euro. Si trattava di una truffa on line, Foa fu contattato via mail da un falso ministro Tria ed era pronto a far trasferire i soldi dell’azienda su un conto di Hong Kong: solo il pronto intervento dell’ad Fabrizio Salini impedì il raggiro.L’uomo è così, anche se, a dire il vero, negli ultimi tempi si è un po’ moderato. La sua trasmissione, ad esempio, pur veicolando il mainstream di destra – anche se ama definirsi «controcorrente» – è diventata una versione pettinata della Zanzara di Cruciani. Eppure ogni tanto, specie quando invita l’amico leghista Claudio Borghi, si torna all’antico. E così, ancora ieri l’altro, l’Oms, sulle onde di “Giù la maschera”, viene definita «una delle organizzazioni internazionali più contestate». Da chi? Da Trump e Borghi, naturalmente.