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 2025  febbraio 12 Mercoledì calendario

Montalcini alla maturità cucì una camicia da donna

Questione di geni e genetica che la fanno somigliare moltissimo a «zia Rita». Piera Levi Montalcini, i capelli bianchissimi raccolti e il fisico da scricciolo, è una goccia d’acqua del premio Nobel, discendente di una famiglia dove i «Levi incarnavano la passione ed il rigore per la scienza», mentre i Montalcini «avevano nel dna lo spirito artistico». Se il nonno era un’autorità riconosciuta in fatto di programmazione di celle frigorifere, suo padre Gino, architetto e disegnatore, aveva ereditato l’estrosità dell’arte, mentre lei di questo eclettismo familiare in cui i Levi erano avvocati, medici ed ingegneri ha preso il piglio scientifico grazie al quale si è, appunto, laureata in ingegneria elettronica al Politecnico di Torino, negli anni Settanta. «Quando non c’erano nemmeno le toilettes per le donne. Eravamo sette ragazze, mentre gli uomini iscritti alla facoltà erano duemila». 
Ad ascoltarla, nel numeroso gruppo di studenti di robotica educativa seduti nell’anfiteatro della sede della Fondazione Dalmine (che immersa nel verde ricorda i college svizzeri per rigore e pulizia), ci sono parecchie ragazze. È a loro che Piera Levi Montalcini, oggi presidente dell’associazione Levi-Montalcini, si rivolge con un’esortazione chiara: «Seguite le vostre passioni senza farvi condizionare dall’esterno, se una materia vi piace state sicure che ce la farete. Le ragazze ce la fanno sempre. Guardate me, sono sopravvissuta anche io». Parole che fanno da perfetta cornice alla Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza. Gli stereotipi non contano e la sua saga famigliare è lì a dimostrarlo, con le zie gemelle Paola e Rita, una pittrice astrattista e l’altra unica italiana a essere stata insignita del Premio Nobel per la Medicina e la Fisiologia nel 1986. «E pensare che entrambe – ha riavvolto il nastro Piera Levi Montalcini – avevano frequentato un liceo femminile dove per loro stessa ammissione l’esame di maturità fu “brutto e terribile”. Si trattava di tagliare e cucire un’intera camicia da donna. Ricordatevi che si può sempre cambiare e fare quello che ci piace. E mi raccomando: divertitevi sempre qualsiasi cosa facciate». E a dire il vero, i ragazzi dell’Istituto Rota di Calolziocorte che la accolgono nell’aula di robotica educativa, da ieri ufficialmente dedicata all’illustre zia Rita, amica di BergamoScienza (di cui fu insignita della presidenza onoraria del comitato scientifico), danno l’idea di divertirsi parecchio. La mission di giornata li sta impegnando nella realizzazione di un percorso con cui un prototipo possa muoversi nello spazio superando un cratere. E manco a farlo apposta, un quartetto di ragazze, tra programmazione al computer e assemblaggio del robottino prototipo, è tra le prime a concludere il compito assegnato. Il pensiero è per questa bella gioventù che si affaccia alla vita: «Spesso pensiamo di rendergli la vita facile parando i vari colpi, ma dobbiamo riconoscere che qualche colpo è giusto che i ragazzi lo prendano, magari non troppo doloroso», aggiunge mentre intreccia ancora ricordi di famiglia e aneddoti personali. «Zia Rita era una cattiva conservatrice delle cose, ma grazie a questo abbiamo un archivio straordinario». Ricorda le lettere dall’America, commentando la fuga di cervelli che «ha depauperato l’Europa. Zia sosteneva come fosse più facile monitorare il progresso rispetto a chi prende un megafono e comincia a parlare alle folle».