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 2025  febbraio 11 Martedì calendario

Russia sta vendendo all’Europa il costo della guerra sotto forma di fertilizzanti


Non potendo più vendere le stesse quantità di gas all’Unione europea dopo l’invasione su vasta scala dell’Ucraina, la Russia ha sfruttato una parte delle sue enormi riserve di gas in eccesso per aumentare la produzione di fertilizzanti per l’agricoltura, un settore in cui i russi avevano già un vantaggio competitivo che posiziona il paese in cima alla classifica dei maggiori esportatori di fertilizzanti del mondo.

L’industria dei fertilizzanti dipende in larga misura dall’uso di gas come materia prima per i processi produttivi, le aziende europee del settore fanno troppa fatica a stare sul mercato in un contesto di prezzi del gas così alti e volatili. «Quello che fa la Russia è un caso scuola di dumping», ha detto al Financial Times un dirigente dell’industria dei fertilizzanti che ha chiesto di restare anonimo. In base ai dati Eurostat, l’anno scorso l’Ue ha importato 6,17 milioni di tonnellate di fertilizzanti russi, per un valore di 2,12 miliardi di euro, il volume più alto dall’inizio della guerra in Ucraina del 2022.

Come illustra l’organizzazione di categoria Fertilizers Europe, tra la stagione agricola del 2020-2021 e quella del 2023-2024 le importazioni dell’Ue di fertilizzanti russi sono aumentate del centodiciassette per cento. Prodotti che tra l’altro non soddisfano gli elevati standard di produzione – fissati dalle istituzioni di Bruxelles – volti a ridurre le emissioni e promuovere l’uso di alternative rispettose dell’ambiente. A ottobre del 2023 la Russia ha introdotto una tassa aggiuntiva del dieci per cento sull’export di fertilizzanti, con l’obiettivo specifico di usare queste entrate aggiuntive per sostenere lo sforzo bellico.
Anche se non si tratta di somme estremamente elevate (ma nemmeno di cifre irrilevanti), ciò non toglie che ogni tonnellata di fertilizzante russo importata da un paese Ue contribuisce direttamente al finanziamento della guerra in Ucraina. Dopo quasi tre anni, martedì 4 febbraio la Commissione europea ha infine deciso di intervenire, proponendo l’aumento del dazio sulle importazioni di fertilizzanti da Russia e Bielorussia, attualmente fissato a un modesto 6,5 per cento (il settore non è sottoposto a sanzioni).

La proposta prevede di portare la tariffa al tredici per cento, per poi aumentarla gradualmente nel corso di tre anni fino a raggiungere il cinquanta per cento. Durante questo periodo gli agricoltori dovrebbero trovare fornitori alternativi. Un piano che i produttori europei di fertilizzanti hanno definito, nella più moderata delle posizioni, «troppo poco e troppo tardi». La proposta viene giudicata debole, studiata per limitare al minimo l’impatto reale sulle imprese agricole per non scatenare la furia delle organizzazioni di categoria degli agricoltori europei, in particolare in Francia, Paesi Bassi e Polonia.
Vista dall’altro lato, un dazio così modesto non intaccherebbe in modo significativo le entrate di Mosca, continuando a tenere i produttori europei di fertilizzanti fuori da questo mercato distorto. Dal canto loro gli agricoltori che si affidano a prodotti russi affermano di non potersi permettere di sostenere i costi aggiuntivi di un aumento dei prezzi dei fertilizzanti, opponendosi fermamente a un intervento per fermare questa distorsione del mercato da cui traggono beneficio.

Copa Cogeca, la principale lobby agricola dell’Ue, ha avvertito che le nuove tariffe potrebbero far aumentare i costi di produzione della prossima stagione agricola. Il gruppo sostiene che il piano della Commissione non presenta nessuna garanzia che la produzione di fertilizzanti dell’Ue aumenti abbastanza rapidamente da compensare la carenza di forniture russe. L’italiana Coldiretti, con uno scomposto post su X, ha definito «sbagliate le sanzioni sui fertilizzanti da Russia e Bielorussia», anche se quelle proposte dalla Commissione non sono sanzioni, ma semplici tariffe sulle importazioni.
Nel frattempo l’industria europea di fertilizzanti è in condizioni critiche e le imprese iniziano a valutare la possibilità di lasciare il continente. La Yara International, una multinazionale leader del settore con sede in Norvegia, ha detto al Financial Times che tra il 2022 e il 2023 il reddito netto della società è crollato del novantotto per cento. Secondo il direttore generale, Svein Tore Holsether, con i prezzi del gas in Europa più di tre volte maggiori di quelli degli Stati Uniti – e ancora di più rispetto alla Russia – i produttori europei potrebbero essere tentati di spostare le operazioni al di là dell’Atlantico.
Leo Alders, il presidente di Fertilizers Europe, ha esortato Bruxelles a portare la tariffa sui fertilizzanti russi almeno al trenta per cento, per aumentarla ulteriormente ogni sei mesi, fino a liberarsi da questa dipendenza.