Corriere della Sera, 11 febbraio 2025
Intervista a Giorgia
SANREMO Tutti lì a dire quanto è brava Giorgia. Che bella voce che ha Giorgia. Quest’anno vince Giorgia. «Non è giusto, è una pressione che non merito. Sono trent’anni che mi faccio il mazzo... adesso possiamo anche dire “vediamo come è vestita”, no?». Giorgia scherza. Fino a un certo punto. Arriva qui per la quinta volta in gara (più il debutto nelle Nuove proposte) con «La cura per me» e alla prova generale di ieri ha incantato con precisione e semplicità.
Tutti si aspettano la grande prova vocale...
«Non mi stimola, non mi dà la carica. Mi piace invece sentire la responsabilità dell’affetto del pubblico: è un legame che non ha prezzo. Però questa cosa del fare l’esame bene non mi piace: la musica deve essere emozione. Anche una nota imprecisa ti può emozionare».
Chieda l’autotune, l’effetto usato dai trapper che intona la voce...
«L’ho chiesto... dice che dopo una certa età non te lo danno...».
La danno per vincente...
«Faccio le corna, tocco pugnali dorati tibetani... fondamentalmente vorrei non cascare dalle scale...».
Scherzi a parte... Si ricorda quando il legame col pubblico non c’era ancora ma lei era già qui?
«Il Sanremo Giovani 93 inventato da Baudo che ti qualificava per le Nuove proposte. Ne uscii benissimo con “Nasceremo”, ma al Festival arrivai settima con “E poi”. Vidi la tragedia sulle facce dei miei discografici e produttori... Sembrava tutto perduto».
E invece?
«Nel 1995 ci fu una specie di ripescaggio. Nessuno pensava a me... Arrivo con “Come saprei” scritta da Eros e vinco. Morandi, che era in gara, mi rimprovera ancora (e imita la voce ndr): “Sei arrivata dal nulla e sei scappata via”. E anche con Fiorello, c’era anche lui, ci ridiamo sopra».
La sensazione del premio in mano?
«Ce l’ho nitida: fu emozionante, ma non me la sono goduta. C’era inconsapevolezza, come quella di quando diventi genitore, ci metti un po’ a capire quello che è successo».
«Qualche settimana dopo in via del Corso: esco, con lo stesso completino della vittoria, e scatta l’assedio della gente. Un’amica mi ha infilato su un taxi al volo. Ho capito che qualcosa era cambiato anche se poi ho sempre cercato di vivere il successo con fatalità: oggi c’è domani chissà. Questo viene dall’aver visto mio papà passare dal successo al niente».
Nel 1996 ancora sul podio con «Strano il mio destino». L’anno delle polemiche per la vittoria di Ron...
«Finimmo tutti a testimoniare in Procura, ma non uscì nulla. Che esagerazione! Si trattava di canzoni. E comunque Baudo era persona onesta e integra».
Pippo faceva sentire il suo peso: le cambiò «E poi»...
«Quando gliela portammo ci rimandò a casa a riscrivere l’inciso. L’originale era una cosa alla Police, senza l’esplosione che lui cercava. Ci diede 8 ore: le iscrizioni stavano per chiudere».
Giorgia l’ho inventata io...
«Sento il suo contributo nel mio percorso. Mi faceva paura, gli ho dato del lei a lungo, poi è nato un rapporto vero, fatto anche di scontri, ma l’affetto è potente».
Un ricordo brutto?
«La delusione, soprattutto quella degli altri, del 1994. Sono quei momenti che capitano e ti servono per ripartire».
Lei ne ha avuti di personalmente più tragici come la scomparsa di Alex Baroni che era suo compagno…
«Non credo di esserne mai uscita, ma il tempo passa e ti insegna a vivere. Ci sono voragini che non si chiudono mai. Quando la vita ti prende a calci o molli o tiri fuori risorse che non sai di avere. Ho avuto amici che mi hanno accompagnato nel tunnel e il mio nuovo compagno che mi ha rimesso in piedi».
Il brano in gara: «La cura per me». Come si cura?
«È una cura che passa per le emozioni, la strada obbligata dell’affrontare se stessi, del vedere anche quello che non ci piace attraverso la relazione con un altro. Ho imparato che non ti devi far attraversare dalle esperienze senza capire come ti hanno cambiato. Devi approfondire le tracce che ti hanno lasciato. Devi andare all’origine. Poi credo anche nel guardare il cielo, in quel qualcosa di non razionale che non si spiega».