La Stampa, 10 febbraio 2025
Biografia di Vittorio Sella
Genziane blu e gialle, stelle alpine, abeti e larici, oppure un ghiacciaio da freddo senza fine. Il cielo ritagliato da giganti mai visti, di roccia e ghiaccio. Incontri di viaggio di un fotografo pioniere, Vittorio Sella, nelle terre più alte del pianeta, catena del Karakorum. Genziane stelle alpine e boschi sono quelle che il fotografo biellese, nipote di Quintino, ministro del Tesoro e fondatore del Club alpino italiano, ammirò nel 1899 nella vallata che porta al Kangchenjunga (8.596 metri). E il mare di gelo è il chilometrico Baltoro, fino ai piedi del K2, calpestato dai 350 uomini della spedizione del Duca degli Abruzzi Luigi Amedeo nel 1909. Le foto di queste esplorazioni pioneristiche sono in mostra a Nuova Delhi fino al 14 febbraio nelle sale della Bikaner House, allestite dalla Dag (Delhi art gallery) e curate dal regista inglese Hugh Thomson. Il suo commento: «Vittorio Sella è stato uno dei primi a riconoscere come le tracce sulla neve facciano parte della composizione tanto quanto gli alpinisti che le hanno lasciate».
Vittorio era figlio di Giuseppe Venanzio, imprenditore del tessile innamorato della fotografia. Trasferì al figlio la passione, così come lo zio Quintino gli mostrò la sfrontata bellezza dei monti. Ansel Adams, grande fotografo americano dirà: «La purezza delle interpretazioni di Sella suscita nello spettatore un religioso timore reverenziale». E quei viaggi, tra sete di conquista e avventura, resero mondiale la fama di Vittorio. Per i curatori della mostra di Delhi lui è «Il fotografo dell’Himalaya». In realtà il suo viaggio fotografico con il treppiede sulle spalle e le lastre nello zaino cominciò molti anni prima. Con la macchina di formato 30 per 36 del suo maestro Vittorio Besso sale sul Mont Mars, tra Biellese e Valle d’Aosta nel 1878 e scatta la prima foto panoramica circolare. Dieci anni dopo è alla base dell’Etna. Nel 1889 è nel Caucaso dove tornerà nel 1890 e nel 1896. Le sue foto conquistano lo zar Nicola II che gli conferisce la Croce di cavaliere dell’ordine di Sant’Anna.
Non passa neanche un anno e il Duca degli Abruzzi lo chiama perché sia il fotografo della spedizione al Monte Sant’Elia, in Alaska. Nell’ultimo anno dell’Ottocento Vittorio Sella comincia a scattare le foto che oggi, grazie alla Fondazione Sella, sono in mostra a Nuova Delhi. Sarà ai piedi del massiccio smisurato del Kangchenjunga, terza montagna più alta del pianeta. Avrà con sé 30 chili di macchina fotografica, lastre e treppiede. Lo ha chiamato l’esploratore e alpinista inglese Douglas Freshfield che ha deciso quel viaggio per aver letto di fiori e piante di Sikkim, Tibet e Nepal nel libro del botanico John Dalton Hooker.
Ma lui vuole terre inesplorate, non fiori. E Vittorio scatterà duecento fotografie. È autunno quando arrivano nel Sikkim. Douglas passa il confine vietato con il Nepal, proibito agli stranieri. S’infilano nella valle di foreste e fiori scendendo dai 6.160 metri dello Jongsong La. Avventura resa complicata da una bufera di neve (una foto in mostra ritrae uomini sperduti in candide gibbosità).
Sella cercherà senza successo di fotografare le donne vestite con abiti colorati, ingioiellate d’oro e turchese. Non vogliono perché quella «macchina ci ruberà l’anima». Il fotografo quando arriverà sotto il versante Ovest del Kangchenjunga dirà: «È di ripidezza terrificante, più della Est del Monte Rosa». Supereranno anche il blocco di un ufficiale che li sorprese, ma Freshfield se la cavò con qualche spiegazione ricca di potere e mistero e una bottiglia di Scotch. Quel viaggio aprì la via alle valli più orientali del Nepal agli esploratori e alpinisti occidentali.
Nel 1909, in Pakistan, Sella comincerà a scattare le sue prime foto delle 250 del lungo viaggio verso il K2 a Rawalpindi nella spedizione di Luigi Amedeo. Viaggio in nave da Marsiglia a Bombay, quindi in treno, poi muli, cavalli, carri lungo le gole del grande fiume, l’Indo, per 362 chilometri. Fino a Skardu. Il K2, un sogno da realizzare in ricordo di uno dei più grandi alpinisti dell’epoca, Frederick Mummery. Il duca lo aveva seguito sulla cresta di Zmutt al Cervino e l’inglese gli aveva raccontato di voler scalare gli Ottomila. In Pakistan morirà l’anno dopo travolto da una valanga sul Nanga Parbat.
Sella riuscì a fare immagini straordinarie del K2 e delle cime che confinano il Baltoro. Non riusciranno nell’allora impossibile impresa di salire in vetta al K2, ma le guide di Courmayeur Joseph Petigax e Alessio Brocherel individueranno la via più logica di salita e il duca raggiungerà sul Chogolisa i 7.500 metri. Nella piana alluvionale di Skardu, Sella filmerà una partita a polo tra pakistani e occidentali. Né vincitori, né vinti. Immagini che hanno fatto dire al cineoperatore Jim Curran: «Il nome di Sella è sinonimo di perfezione tecnica e raffinatezza estetica». —