La Stampa, 10 febbraio 2025
"Per spingere la crescita dell’Italia serviva una vera riforma della Pa
"Più che la spesa è dalle riforme del Pnrr che ci aspetta un contributo significativo alla crescita del Pil. Il problema è che queste riforme richiedono tempo per sviluppare tutte le loro potenzialità. Per ora, segnala Carlo Cottarelli, «questo effetto non c’è stato e francamente temo che non si sarà neanche in futuro». Intanto si fanno i conti sul 2025 con le stime di crescita ben lontane sia dalle previsioni del governo che da quelle dell’Ufficio parlamentare di Bilancio. «A carte ferme, al massimo – spiega l’economista – potremmo arrivare ad un +0,6%».Stando agli ultimi dati non si è visto un impatto significativo del Pnrr sulla crescita della ricchezza del Paese come ci si poteva aspettare o come ci avevano raccontato, perché? Colpa della qualità degli investimenti o dei ritardi della messa a terra dei progetti?«Il Pnrr dovrebbe avere un impatto sul Pil per due motivi, il primo è perché aumenta la capacità produttiva del Paese – questo è il vero obiettivo di lungo periodo del Piano – che però non si vede immediatamente ma soltanto nel corso del tempo. Quello che si dovrebbe vedere subito è l’effetto sul lato della domanda, della spesa. Più spesa corrisponde a più produzione, però questa va vista nell’insieme di tutte le altre cose che fa lo Stato e alla fine è la spesa complessiva, al netto delle entrate, che conta, ossia è il totale del deficit, l’insieme dei soldi che lo Stato mette nell’economia che determina la spinta sul lato della domanda».Se non ci fosse stato il Pnrr?«Se non ci fosse stata la spesa del Pnrr il deficit sarebbe stato più basso e quindi ci sarebbe stata meno spinta. In realtà se vediamo i dati del 2024 e del 2025 il deficit sta scendendo per la necessità di mettere al sicuro i nostri conti pubblici e credo che senza Pnrr probabilmente avremmo mantenuto lo stesso livello di deficit che tra l’altro tiene conto delle regole europee. L’effetto vero del Pnnr si dovrebbe vedere in realtà nell’aumento della capacità produttiva, ma ci vuole del tempo. Detto questo è anche vero che la qualità delle riforme realizzate non è eccelsa e che ci stiamo realizzando più lentamente del previsto gli investimenti previsti dal Piano».Ma 260.000 progetti non sono troppi da gestire?«Anche, ma direi soprattutto che la maggior parte di questi progetti non hanno niente a che fare col rafforzamento della capacità produttiva del Paese. Nel Pnrr ci sono tante cose che servono a rendere il paese più bello e più carino e le città più vivibili: ci sono interventi che stanno facendo i comuni, che per esempio mettono a posto la piazza del paese o realizzano la casa di comunità, ma nulla di più. Ci sono anche vincoli nell’utilizzo dei soldi. Lo vedo anche nelle tante scuole che ho visitato: quando sono arrivati i soldi del Pnrr spesso le scuole non hanno potuto fare le cose a cui tenevano di più, come mettere a posto il tetto o le pavimentazioni. Magari hanno fatto l’aula della realtà virtuale e adesso non sanno come utilizzarla».Quindi aspettiamo l’effetto-riforme?«Poi vedremo come andrà a finire ma secondo me il Pnrr ha avuto un ruolo importante nel 2020-2021 come effetto di annuncio per ridare fiducia, per dare soldi all’Italia ed evitare una crisi finanziaria, ma l’impatto sulla domanda ci sarebbe stato probabilmente con qualunque tipo di spesa. Quanto all’ impatto sulla capacità produttiva degli investimenti e delle riforme questo per ora non si vede e sinceramente ho qualche dubbio che si veda alla fine perché sarebbe servita una vera riforma della pubblica amministrazione che non c’è stata».Son stati più bravi in Spagna dove hanno scelto di finanziare di più le imprese e quindi sono riusciti ad andare più spediti con la messa a terra dei fondi ricevuti?«Questa è stata una delle critiche che ho fatto all’inizio, ovvero che erano troppo pochi i soldi che passavano per le imprese. Adesso li hanno aumentati, però i fondi in più destinati a Transizione 5.0 per ora non sono stati utilizzati. Vedremo adesso se coi cambiamenti, la maggiore la generosità e la semplificazione che è stata messa nella legge di Bilancio per transizione 5.0, si riuscirà a fare meglio. Ma alla fine parliamo di 6 miliardi in più il 194 miliardi».Il ministro Foti ipotizza a breve una nuova richiesta di revisione del piano: bisognerebbe continuare su questa strada?«Non credo si possa negoziare un’altra revisione con la Commissione. Si capisce farne una perché è cambiato il governo e tra l’altro, nonostante la grancassa che hanno fatto, non è che abbiamo fatto granché, perché hanno spostato solo l’8% dei fondi. Sono stati tagliati posti negli asili nido e soldi ai comuni ed hanno aggiunto un po’ di soldi alle imprese: va bene però, insomma, non hanno fatto cambiamenti enormi. Fare adesso un’altra revisione del Piano, calcolando che siamo a febbraio, che la negoziazione con l’Europa porterebbe via almeno 3-4 mesi e che il piano scade tra 16 mesi, non credo ne valga la pena. Può solo servire al governo ad evitare la brutta figura di dire non ce l’abbiamo fatta».Ora siamo a circa un terzo della spesa messa a terra, di qui ai prossimi mesi ci possiamo aspettare una impennata di investimenti?«Sino a qualche mese fa ancora c’erano tanti interventi e tante opere che non erano neanche state iniziate, però io non escludo che si possa arrivare alla fine a completare tutto e a incassare quindi tutte le quote, al massimo si rischia di perdere l’ultima rata che grosso modo vale 29 miliardi e corrisponde al completamento di opere che valgono mi sembra 60 miliardi. Per cui si può dire che siamo stati bravi perché alla fine potremmo perderne solo la metà, visto che gli incassi sono stati anticipati».Tornando al Pil quindi l’obiettivo del 2025 secondo lei sarà comunque difficile da raggiungere, l’Ufficio parlamentare di bilancio ha appena rivisto le stime a +0,8%?«Ricordo che l’obiettivo del governo per il 2025 era +1,2. Ma anche per fare +0,8 quest’anno dovremmo crescere tra lo 0,25 e lo 0,30 a trimestre. Negli ultimi tempi è successo solo nel primo trimestre del 2023 e nel primo trimestre il 2024».Impossibile da ottenere?«Più facile prevedere una crescita dello 0,15 a trimestre. Comunque, dopo gli ultimi due trimestri a crescita zero, se iniziamo a crescere a questa velocità arriveremmo ad un +0,4 annuo che poi è più o meno quello che abbiamo fatto anche nel 2024; magari arriveremo allo 0,6%, ma il +0,8%, a carte ferme, è ancora ottimistico». —