Corriere della Sera, 9 febbraio 2025
Extra-profitti da 100 miliardi: la Norvegia «vince» la guerra
Ministro delle Finanze delle Norvegia da pochi giorni, Jens Stoltenberg ha detto che il suo Paese non è un «profittatore di guerra». Stoltenberg è stato segretario generale della Nato fino a ottobre e la sua autodifesa si spiega con il posto che la Norvegia occupa negli equilibri dell’energia in Europa. Il Paese ha le più vaste riserve di petrolio e gas del continente dopo la Russia e sta compensando parte del crollo delle forniture di quest’ultima.
Ma basta ciò a giustificare l’accusa a Oslo, mossa da più parti, di essere un «profittatore» perché aumenterebbe le entrate grazie alla guerra in Ucraina? Aiuta a capirlo un’occhiata ai rapporti fra la Norvegia e il resto d’Europa in questi anni. Per l’Italia, nel 2024 il flusso di gas nordico era in calo per il secondo anno di seguito.
Per l’Europa nel complesso è diverso. Fra il 2021 e l’anno scorso gli acquisti di metano norvegese sono cresciuti, in volume, del 5,8% (secondo il centro studi Bruegel). In valore l’effetto è anche più vistoso, secondo l’agenzia statistica di Oslo: l’export di gas norvegese si impenna da una media di 15,9 miliardi di euro l’anno nel periodo 2016-2020 a 74,3 miliardi in media annua dall’inizio della guerra a dicembre scorso. Ricavi quasi quintuplicati. La Norvegia non vende molto di più, ma lo fa a prezzi molto più alti. I contratti sono basati sul mercato di Amsterdam (Ttf) del mese prima e dal 2022 il listino del Ttf è irriconoscibile.
Sulle entrate esatte del governo di Oslo fanno però luce in modo più completo i bilanci di Equinor, il monopolio norvegese di gas e petrolio controllato al 67% dallo Stato. Dal 2016 al 2020 Equinor ha pagato al governo di Oslo in media 7,2 miliardi di dollari l’anno in tasse e 1,9 in dividendi. Poi, nei tre anni di guerra, tutto cambia; i trasferimenti esplodono: Equinor versa al governo in media 31 miliardi di dollari l’anno in tasse e 6,1 in dividendi. Per lo Stato norvegese un balzo nei ricavi di oltre il 300%, grazie all’aumento del prezzo del gas determinato dall’aggressione all’Ucraina. Se le quotazioni fossero rimaste nelle medie dei cinque anni prima, dal 2022 il governo della Norvegia avrebbe incassato 86 miliardi di dollari in meno.
È però probabile che le sue entrate supplementari effettive siano vicine ai cento miliardi di dollari, se si tiene conto di altri due fattori: il taglio delle forniture da parte di Mosca in preparazione dell’attacco aveva già fatto schizzare verso l’alto i prezzi (e i ricavi di Oslo) nel 2021; quindi quest’anno i prezzi del gas sono raddoppiati rispetto a un anno fa, sempre per colpa della guerra di Putin. Così in media ogni norvegese ha involontariamente incassato 20 mila dollari attraverso lo Stato. L’extraprofitto c’è, eccome.
Alla Nato, proprio Stoltenberg riprendeva spesso i governi europei chiedendo loro di aumentare gli aiuti all’Ucraina.
Il suo governo finora ha versato a Kiev circa 3,5 miliardi di euro: una piccola parte dell’incasso permesso dalla guerra. Ora che è ministro delle Finanze, Stoltenberg ha promesso di aumentare i trasferimenti a Kiev. Ha spazio per farlo.