il Fatto Quotidiano, 8 febbraio 2025
Genesi e ascesa del “bimbominkia”
Non ce ne vorrà Matteo Salvini e nemmeno Giovanbattista Fazzolari, ma la prima intuizione fu di Pif. Almeno in pubblico. La scintilla di definire il capo della Lega “bimbominchia” (o bimbominkia, che scriver si voglia) appartiene a lui, Pierfrancesco Diliberto, regista e autore dal multiforme talento. Compreso dare un nome alle cose.
“Lo rivendico!”, conferma oggi, con una grassa risata. Ma prima un po’ di contesto: correva l’anno 2019, il mese era marzo, Salvini era ministro dell’interno e sfoggiava già un frequente, discutibile gusto per la battuta. In quei giorni un ragazzino di 13 anni di origine egiziana, Ramy Shehata, contribuì a salvare la vita a 50 coetanei sventando il dirottamento dello scuolabus dove viaggiavano, quindi espresse il desiderio di diventare a tutti gli effetti un cittadino italiano. Salvini liquidò l’argomento con parole brillanti d’arguzia: “Vuole lo ius soli? Si faccia eleggere e cambi la legge”. E qui arrivò limpida, cristallina, la patente di “bimbominkia” affibbiatagli da Pif su Twitter. “Credo fosse una parola perfetta in quel contesto. È un adulto che si comporta come un bambino. Non me ne vengono in mente altre che lo descrivano con la stessa efficacia e sintesi”,
PIERFRANCESCO DILIBERTO (PIF)
Confermo la diagnosi, secondo me anche Francesca Verdini e i suoi affetti ogni tanto Matteo lo chiamano così sostiene l’autore, confermando la diagnosi. Salvini, gli va dato atto, sarà “bimbominchia” ma almeno sportivo: non l’ha mai querelato. “Un po’ mi è dispiaciuto – dice Pif –, sognavo di argomentare la pertinenza del bimbominkia in tribunale con la Bongiorno. Io credo sia un termine davvero giusto, che gli sta bene addosso, e secondo me lo pensano anche i suoi affetti. Vuole che Francesca Verdini non lo abbia mai chiamato così?”.
Tra i “bimbiminkia” famosi, altri hanno nervi tesi e querela facile. Federico Lucia, in arte Fedez, ha un giudizio questionabile nello scegliere gli amici, compresi quelli che lo sputtanano in mondovisione, ma nessuna pietà verso i giornalisti che si permettono di ironizzare su di lui. Lo può testimoniare Selvaggia Lucarelli, denunciata ben due volte – con richieste di risarcimento di 50 mila e 150 mila euro – per la medesima, famigerata definizione. Non si è salvato nemmeno Filippo Facci, firma del Giornale. Malgrado la querela del rapper, confermò il giudizio ai sempre maleodoranti microfoni della Zanzara: “Fedez è un bimbominchia”. Incuriosisce, peraltro, che lo stesso Federico sia autore di un pregiato affresco musicale del 2015, assieme all’altro ex amico J-AX, dal titolo Bimbiminkia4life. Liriche d’impatto, forse sottovalutate all’interno della complessa discografia dell’artista, come il ritornello: “Eooh eooh/ Meglio non crescere mai/ Eooh eooh/ Noi bimbinkia4life”. Suona come un’autodenuncia, ma guai a dargli credito. scrittura enfatica, espressiva e ludica (grafie simboliche e contratte, emoticon, ecc.)”. Un tempo riempire i messaggi di faccine e altre amenità infantili, squalificava da qualsiasi consesso civile. Oggi lo facciamo quasi tutti.
Non è un caso che in politica il primo e più assiduo esegeta del termine sia stato Beppe Grilla, fondatore di un partito nato in Rete. Breve rassegna grillina: “I bimbiminkia sono sempre gli stessi, quelli del ventennio peggiore della nostra vita: Berlusconi, Bersani, Casini, Fini e i gruppettari della Sinistra Arcobaleno” (8 gennaio 2013); “Topo Gigio Veltroni e Bimbominkia Renzie” (9 novembre 2013); “Meglio Pinochet di quei sepolcri imbiancati e bimbominkia assortiti di Napolitano-renzie-berlusconi” (3 agosto 2014). La parola germogliò nel Movimento: quando i due deputati torinesi Rizzetto e Airola vennero alle mani (il 16 ottobre 2014), il primo trovò naturale insultare il secondo così. Pochi mesi dopo, Walter Rizzetto è passato a Fratelli d’italia, dove ha trovato Fazzolari. Dev’essere lì che i semi del “bimbominkia” hanno continuato a fiorire.