la Repubblica, 8 febbraio 2025
Non più solo bianchi, la rivoluzione dei quarterback
Proprietari bianchi e manodopera nera. Nella National Football League è la regola: nessuna squadra ha un afro-americano come azionista di maggioranza, ma la gran parte dei giocatori è di colore (il 53%, più una buona fetta di quel 10% che si identifica come meticcio). C’è però una figura, anche in campo, che è tradizionalmente bianca: il quarterback. Perché, recita una vulgata atrocemente razzista e dura a morire, in quel ruolo più dei muscoli serve il cervello. Il quarterback infatti è il condottiero, quello che sceglie lo schema d’attacco, il braccio – perché è lui a lanciare palla ovale verso i ricevitori – ma soprattutto la mente: in una frazione di secondo deve capire se l’azione va come da programma o bisogna improvvisare e cambiare tutto. E da sempre, ai posti di comando, ci stanno i bianchi.Ma il mondo evolve, anche nel football. Così, domani sera, a guidare le due squadre finaliste saranno (ed è il bis della sfida di due anni fa) un nero e mezzo, nel senso che Jalen Hurts, leader degli Eagles, è un afro-americano a tutto tondo, e Patrick Mahomes, dei Chiefs, ha papà nero e mamma bianca.Quest’anno, però, è stato anche stabilito un nuovo record, con 15 quarterback titolari di colore su 32 squadre iscritte al campionato; e oltre ai due che stanno per sfidarsi sono neri quasi tutti i migliori, da Lamar Jackson di Baltimora a Jayden Daniels di Washington. Se non fosse per il bianco Josh Allen, nocchiero di Buffalo appena votato miglior giocatore della stagione, la rivoluzione sarebbe completa.