Corriere della Sera, 8 febbraio 2025
«Nel centro sportivo esclusi i club di Caivano»
C’è un cruccio amaro, un dolore fitto, che a Caivano – nobile territorio sportivo che brilla per l’atletica ed il ciclismo – i giovani con i più maturi non riescono proprio a tollerare perché se anche lo sport diventa un miraggio allora ogni aspettativa di rinascita rischia di rimanere seriamente frustrata.
Il centro sportivo Pino Daniele, dove si possono praticare 44 discipline, inaugurato lo scorso 28 maggio dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, e diventato simbolo e modello da esportare nelle tante periferie degradate d’Italia, di fatto non può ospitare le associazioni sportive del territorio che soffrono storicamente per i disagi strutturali del comune a nord di Napoli. Caivano, peraltro, vanta un bacino d’utenza importante con i suoi 36 mila abitanti e quello del centro Pino Daniele è stato un progetto utile per rilanciare l’intera area che si sviluppa intorno al Parco Verde, fino a poco tempo fa conosciuta soltanto per terribili e inquietanti fatti di sangue. Un investimento sostenuto da un intervento robusto di Sport e Salute: azienda pubblica italiana che si occupa dello sviluppo dello sport, il cui azionista unico è il ministero dell’Economia e delle Finanze.
La gestione degli impianti è stata, poi, affidata fino alla primavera del 2027 al gruppo sportivo Fiamme oro. Ma l’amarezza per i team di Caivano è forte. Non hanno spazi nuovi e attrezzati al meglio dove essere ospitati. Si gioca e ci si allena nelle palestre degli edifici scolastici cittadini, come quella dell’Istituto Don Milani, con incastri di orari non sempre facili da combinare tra le esigenze concomitanti delle diverse società sportive.
Da Sport e Salute, legittimamente, fanno sapere che non c’è una netta chiusura o un mancato dialogo per consentire il coinvolgimento nel complesso sportivo, riqualificato per 13 milioni di euro, dei club locali che svolgono con merito una funzione sociale prim’ancora che sportiva.
Il punto focale verte molto più pragmaticamente sulla questione della sostenibilità economica, dati i costi di gestione piuttosto importanti da dover sostenere. «E le richieste non sempre sono risultate corrette – fanno sapere dalla società in house del Ministero dell’Economia e delle Finanze – perché più di qualcuno avrebbe apprezzato ingressi di favore poco tollerabili per i costi di gestione. E invece noi non vogliamo discriminare nessuno; ecco perché la scelta è poi caduta su un club super partes che dirigerà la vicenda».
Domenico Serrao, esperto d’impianti sportivi e responsabile del settore giovanile della Jirafa basket che conta 150 atleti, ha avuto un confronto serrato con i dirigenti di Sport e Salute: «Credo che il punto nodale sia l’enorme flusso di denaro pubblico che non ha portato vantaggi per la popolazione – racconta —. Mi spiego meglio: è mancata una programmazione organizzativa. Un’idea poteva essere quella di avviare una gestione del centro suddivisa tra i diversi sport insegnati e praticati nelle strutture. E ritengo per esclusione che l’affidamento della gestione alle Fiamme Oro sia corretta. Il Comune non avrebbe le risorse per sostenere economicamente una mole di lavoro così importante. Pertanto, ben venga un privato. Ma avrebbe dovuto essere molto competitivo per quanto riguarda l’aspetto finanziario. Di quei 13 milioni ne bastavano 2 per costruire una tendostruttura o un campo altrove. Si poteva individuare Villa Andersen, sempre nella zona del Parco Verde».
Enrico Ponticelli è il presidente del Tennis Campiglione con 90 atleti che giocano solo su due campi collocati in via Fiore Colantòn, un’area gestita dall’ordine dei Carmelitani ai quali bisogna pagare un fitto mensile. «Avremmo avuto degli enormi vantaggi nel giocare anche su altre superfici, visti i tanti soci e gli spazi ridotti – argomenta —. Temo che in quell’impianto si proponga un’attività di facciata perché poi concretamente sarei curioso di conoscere il rapporto che passa tra costi così esosi e benefici. E poi, come funziona? Stanno facendo sport lì dentro? Perché non riscontro grande successo per queste nuove attività».
C’è anche don Maurizio Patriciello, il parroco di San Paolo, sentinella e promotore in prima linea della rinascita del Parco Verde: «Fatemi godere questa struttura», ha detto alla trasmissione Report, allontanando le polemiche per il mancato utilizzo da parte dei caivanesi.
Il club sportivo più nutrito è il Phoenix Volley che annovera 400 atleti in 18 squadre. Francesco Dell’Aversano ne è il direttore tecnico: «Invece so di club anche disponibili a pagare rette importanti pur di entrare e fare attività, ma il diniego da parte di Sport e salute è stato perentorio. Difficile convivere con altri in una sola palestra come quella di una scuola, per giunta pure degradata a causa delle infiltrazioni d’acqua. All’ordine del giorno vi sono scollamenti dei tappeti e crepe nelle mura. Possiamo andare avanti così?».
Al di là della retorica di circostanza, la pratica sportiva è indispensabile per educare alla condivisione e all’inclusione. Ma talvolta, evidentemente, si teme di forzarne le virtù intrinseche, accontentandosi di ricavarne il minimo profitto, ma con il massimo sforzo.