la Repubblica, 7 febbraio 2025
La trincea anti turisti sulle Dolomiti
Siusi (Bolzano) – Anche due cavalli avelignesi, lasciato il pascolo gelato del maso, sono scesi ad annusare queste inquietanti macchie rosse. Lungo il versante in ombra, sporcano il sottile strato di neve sotto la cabinovia che sale all’Alpe di Siusi. Gli sciatori, sorvolandole, le guardano sorpresi: «Sangue di cervi – conclude una famiglia di polacchi – sbranati dai lupi». Sognatori: di naturale qui non resta niente. Un trattore, su ordine di Comune e società degli impianti, si è precipitato a cancellare le scritte che a inizio settimana hanno fatto tremare il Grand Hotel Sudtirolo, paradiso perduto della villeggiatura in montagna. Qualcuno, con vernice vermiglia, protetto dalla notte, ha dipinto le parole che alla luce del sole pochi osano ripetere. «Too much», «Tourists go home»: «Turisti siete troppi, andatevene a casa». Una simile bestemmia, in una terra in cui ogni indigeno vive ormai assediato da 17 forestieri, doveva sparire. Fatto: la neve è l’ultima cosa sacra che rimane sulle Dolomiti, il turista si spenna e si odia, ma con il sorriso sulle labbra. Le macchie sanguinee sulla neve bianca però sono rimaste. Ogni altoatesino sa cosa vogliono dire: e tacitamente teme che l’insofferenza, espressa da un attivismo ancora discreto, possa presto scatenare il terremoto di in una rabbia incontenibile.«Il limite è stato superato – dice Michil Costa, pioniere di ambientalismo e accoglienza ladina – l’ospitalità è mutata in pornoturismo. Troppa gente e troppe auto, tutto troppo costoso per vivere dove si è nati. Abbiamo esagerato e al collasso ora è la comunità. Prima che sia troppo tardi, la politica deve dire stop». Ottimista. Per i nativi delle località espugnate dall’industria della selfie vacanza quotidiana, siamo già fuori tempo massimo. Anche sulle rocce rosa di Gardena e Badia sono state dipinte scritte nere che intimano ai visitatori di andarsene: «Stop, no more tourists». A Bressanone sono già sfilati cortei che invocano la fine dei mezzi pubblici gratuiti solo per sciatori ed escursionisti. Slogan: «Make tourists pay». Lungo i sentieri, dove si avanza in colonna, sono apparsi ironici cartelli trilingui: «Assistenza clienti Alto Adige». I pendolari con l’altopiano del Renon, esasperati dalle attese per rincasare in funivia, si sono disegnati sull’asfalto una corsia preferenziale: dopo mesi di proteste hanno realmente strappato alla Provincia l’accesso riservato anti-turisti. I sindaci dei paesi lungo l’autostrada del Brennero pretendono addirittura il divieto di uscita dall’A22 dei «furbetti automobilisti non sudtirolesi» bloccati nel traffico. In Val Pusteria il “modello lago di Braies”, che impone blocchi stradali, ingressi a pagamento e prenotazioni obbligatorie, con l’estate è pronto per debuttare anche sulle Tre Cime di Lavaredo. «Sono proteste – dice Luis Walcher, assessore provinciale al Turismo – da prendere sul serio. In certe zone e in certi periodi, l’impatto degli arrivi è insostenibile. La gente chiede di fermarsi e di stabilire un nuovo equilibrio: abbiamo cominciato dal non aumentare i posti letto». Una goccia nell’oceano: Roccaraso e l’overtourism stanno all’Alto Adige come il latte per bebè sta ai canederli. In una terra da 537 mila abitanti, i letti per turisti sono oltre 260 mila. Nel 2024 sono arrivati 8,7 milioni di turisti, 37 milioni i pernottamenti. Sull’Alpe di Siusi, a Braies e sulle Tre Cime di Lavaredo 15 mila presenze al giorno non sono una notizia. La densità turistica è la più alta delle Alpi. «Le scritte sopra Siusi – dice Brigitte Foppa, portavoce dei Verdi – preoccupano perché confermano che l’onda del turismo fuori controllo ha sconvolto il nostro modo di vivere. Non si trovano case a prezzi accessibili. Strade e parcheggi scoppiano. Lo smog ci soffoca. Piste da sci, sentieri, boschi e rifugi sono presi d’assalto. Ogni cosa costa il triplo. Il disagio, diffuso e trasversale, non ha più una matrice ambientalista: in gioco non c’è il paesaggio, ma la vita».Qui resiste un sogno: il turista che prenota, paga e poi non viene. Il nuovo incubo invece è lo spopolamento: l’altra faccia dell’idillio narrato da serie tv, spot e influencer. A innescarlo non sono miseria e crollo demografico. Famiglie e anziani se ne vanno perché «l’Alto Adige è un lusso che non possiamo più permetterci». I giovani partono perchésono stufi di «servire chi si diverte mentre ci sfratta dalla nostra terra». «Le scritte nella neve però – frena Cristina Pallanch, sindaca di Castelrotto, Comune sopra cui sono apparse – sono ambigue. L’80 per cento di noi vive grazie ai turisti: durante il Covid, con piste e alberghi chiusi, la gente era nel panico». Tale stato d’animo adesso sconvolge chi viene rigurgitato dalle centinaia di pullman che raggiungono le biglietterie degli impianti di sci. «La neve è sempre meno – dice Alberto Zanella, presidente provinciale del Cai – ressa, attese, costi e incidenti sempre di più. Tra le Dolomiti non si viene più per la natura, ma per hotel, rifugi, ristoranti e spa a cinque stelle. La verità taciuta è che i villeggianti fedeli non tornano: sostituiti dagli esibizionisti da uno scatto e via». I numeri suggeriscono che sono tanti. «Lavoriamo bene – dice Manfred Pinzger, presidente di 4860 albergatori – le proteste sono isolate, ma siamo pronti al confronto. L’emergenza si limita a pochi hotspot, a Natale e Ferragosto: colpa della giungla di affittacamere e Airbnb».Nella tenace bellezza del Grand Hotel Sudtirolo si vive di turisti e si odiano i turisti. Questi leggono le scritte che ormai li respingono e osservano le eloquenti macchie rosse che ai piedi dell’Alpe di Siusi oggi inzuppano la neve. Respirano l’ostilità e a loro volta cominciano a detestare chi a pagamento li sopporta perché non ha vacche da mungere più generose. Non è facile ritrovare l’armonia, una magia: il comune amore per la vita, che si è spento.