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 2025  febbraio 07 Venerdì calendario

Giordana concorda con Avati sul ministero per il cinema

Caro Cazzullo,
Pupi Avati è uno dei nostri grandi registi e conserva intatta, come il corregionale e quasi coetaneo Marco Bellocchio, l’amore per il cinema anche come cultura civile, dieta indispensabile come il pane (e le rose!) o la ciotola di riso. Mi ha molto colpito il suo intervento di ieri sul Corriere dove propone al governo – anziché fusioni e accorpamenti tanto di moda – di staccare dai Beni Culturali le competenze relative al «cinema, gli audiovisivi e la cultura digitale» per istituire un Ministero che segua questa realtà cresciuta smisuratamente negli ultimi vent’anni, fortemente connotativa del vigore di un Paese e della sua immaginazione. È un’idea bella, coraggiosa e propositiva, tutto il contrario delle geremiadi col cappello in mano. Immagino già le obiezioni: altra burocrazia, altri stipendi, altre consulenze… e io pago! (come Totò in 47, morto che parla). Ma lo sviluppo di un settore importante, anche per le ricadute sull’occupazione e la promozione della nostra cultura, val bene l’istituzione di una struttura dedicata e lo sforzo di tutti perché si torni a realizzare film senza dilapidare ma nemmeno svendere o chiudere anche questa attività.
Marco Tullio Giordana
Caro Giordana,
grazie per la sua lettera. Considero prezioso che due artisti importanti come lei e Pupi Avati, oltretutto con una storia politica alle spalle del tutto diversa, siate concordi nel chiedere alla politica un maggiore impegno per salvare non solo il cinema, ma tutta la cultura audiovisiva. Nell’intervista a Tommaso Labate, Avati parla di un ministero ad hoc. Di sicuro, non è solo questione di soldi. Servono strutture, cultura, know how. I tecnici del cinema sono da sempre un’eccellenza dell’artigianato italiano. Di fronte all’invasione dei padroni della Rete, questo patrimonio unico rischia di essere disperso. Oggi il cinema, il teatro, i giornali. Domani i libri, la musica di qualità, l’arte che non sia solo speculazione o bene-rifugio. Tutto quello che l’uomo ha scritto, composto, pensato, messo in scena, sognato in questi secoli rischia di essere spazzato via per sempre. Al di là della retorica – «i giovani scoprono il cinema!», «i giovani amano il teatro!»; ma quando mai? —, due generazioni stanno crescendo chine sul telefonino. E di questo passo tra vent’anni i giovani non sapranno più leggere e scrivere. Al loro posto lo farà l’intelligenza artificiale.