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 2025  febbraio 06 Giovedì calendario

Non cala l’Iva sull’arte, i galleristi protestano

«Un disastro enorme. Il fatto che il governo non abbia abbassato l’Iva dal 22 al 10 per cento per la circolazione delle opere d’arte ci danneggia moltissimo. Siamo costretti a riflettere sul nostro lavoro, dovremo chiudere le nostre gallerie e se vogliamo continuare il nostro lavoro dovremo trasferirci in un altro Paese». Lia Rumma, una delle decane dei galleristi d’arte moderna italiani non usa mezzi termini nel commentare la mancata approvazione dell’emendamento al dl Cultura, firmato da Alessandro Amorese di FdI, che prevedeva l’abbassamento dell’Iva per la vendita delle opere d’arte. Sul provvedimento il governo ha chiesto la fiducia.La voce di Lia Rumma riassume lo spirito di sconforto che circolava ieri tra i padiglioni di Arte Fiera, primo appuntamento con il mercato dell’arte contemporanea in Italia, in programma a Bologna da oggi a domenica 9 febbraio. Il malumore era palpabile tra gli operatori perché una manovra come questa, che va in aiuto al sistema dell’arte, si attende da anni, come ricorda un altro storico gallerista, Massimo Minini: «Avevamo già proposto misure di defiscalizzazione alla ministra Giovanna Melandri, ma non si è mai fatto nulla».La situazione oggi è ancora più drammatica perché altri Paesi come la Francia e la Germania hanno attuato una direttiva europea, abbassando dall’inizio del 2025 le aliquote per la vendita delle opere d’arte al 5,5 e al 7 per cento. Nei mesi scorsi il Gruppo Apollo, che riunisce alcuni operatori del settore (case d’asta, antiquari, gallerie di arte moderna e contemporanea e imprese della logistica), aveva avviato un dialogo con i ministeri della Cultura e dell’Economia. «Esprimiamo forte disappunto, per non dire sconcerto – dicono ora – per il nostro settore questo è il colpo di grazia». E c’è chi sottolinea che anche le Fiere d’arte saranno inutili, perché è l’intero settore che soffrirà della concorrenza estera: «Il provvedimento è grave perché dimostra la mancanza di cultura su un intero sistema – commenta Lisa Tucci Russo dell’omonima galleria, mentre finisce di allestire il suo stand a Bologna —. Ci contavo perché mi sembrava che la visione da noi proposta fosse talmente chiara ed evidente da essere persa in considerazione». Ad esprimere le preoccupazioni di un’intera categoria è Sirio Ortolani, presidente dell’Associazione delle gallerie d’arte moderna e contemporanea. «Siamo tutti delusi, l’atmosfera non è delle più rosee e in tanti mi dicono “ma che senso ha rimanere in Italia” – spiega – Abbiamo avviato un dialogo con le istituzioni ederavamo ottimisti. Ma ci impegneremo fino all’ultimo per tentare di salvare il sistema italiano. La cosa più grave è che non ci si rende conto che noi gallerie siamo delle imprese ma anche il motore trainante di un intero settore della cultura. Perché se esiste l’arte contemporanea e anche moderna è proprio grazie alla nostra attività che permette di mandare avanti una filiera che è enorme. Un’industria che muove quattro miliardi di euro e coinvolge quasi 50 mila lavoratori. Se non riusciamo più operare, non possiamo più sostenere gli artisti che si affideranno a gallerie di altri paesi. Ma senza quel sostegno i musei non riusciranno più a organizzare mostre di arte contemporanea». Archiviato il decreto Cultura, ora il governo però promette un intervento sull’Iva, con il passaggio dal 22 al 10 per cento, «nel prossimo provvedimento utile», come recita l’ordine del giorno di Fratelli d’Italia che ha ricevuto parere positivo. Il nuovo tentativo matura dopo un pomeriggio di interlocuzioni tra il Mic, il presidente della commissione Cultura della Camera, Federico Mollicone, e i galleristi. Adesso la palla passa al ministero dell’Economia, che dovrà valutare la sostenibilità dell’intervento.