Corriere della Sera, 6 febbraio 2025
L’affettività in carcere non viene concessa
È stata istituita un’apposita commissione di studio, sono in corso sopralluoghi e preventivi, ostacoli pratici vanno contemperati a esigenze di sicurezza, arriveranno indicazioni «dagli Uffici superiori»: con questi argomenti da un anno il ministero della Giustizia non rende effettivo il diritto all’affettività in carcere, pur sancito dalla Corte Costituzionale che il 26 gennaio 2024 ha dichiarato l’illegittimità della norma che non prevede che la persona detenuta – tenuto conto della sua condotta e sempre che non ostino ragioni di sicurezza o giudiziarie —, possa svolgere colloqui con il coniuge o il convivente stabile senza controllo a vista degli agenti. Ma un anno è troppo, considera ora il giudice di sorveglianza di Spoleto, Fabio Gianfilippi, che – accogliendo i reclami di due detenuti a Terni – all’Amministrazione penitenziaria ordina di consentire loro in concreto entro 60 giorni questa espressione della dignità della persona, «disapplicando ogni eventuale disposizione amministrativa confliggente». Già la Consulta si era fatta carico «dell’impatto sulla gestione degli istituti penitenziari», invitando legislatore, magistrati e Dap a iniziare «dove le condizioni materiali della singola struttura lo consentano e con la gradualità eventualmente necessaria». Appello però sinora caduto nel vuoto, con via Arenula a frenare i direttori delle carceri che iniziavano a organizzarsi.