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 2025  febbraio 06 Giovedì calendario

L’etno-opera russa Il principe Vladimir al Cremlino

Vladimiro, quello più anziano, il Santo, entra finalmente al Cremlino. Nel 2016, gli era andata male. La gigantesca statua alta 17 metri del padre della Russia, battezzatore della antica Rus’, e soprattutto primo principe e conquistatore di Kiev, al suo disvelamento era stata subito giudicata orrenda da gran parte dei moscoviti. Per questo, da allora languisce in piazza Borovitskaya, in mezzo a quello che a tutti gli effetti è una aiuola spartitraffico. Era stata inaugurata il 4 novembre, non a caso giorno dell’Unità popolare, che però è legata ad avvenimenti più recenti del primo Seicento, con la cacciata dei polacchi da Mosca.
Dice un proverbio dell’epoca sovietica che la Russia «ha un avvenire sicuro, soltanto il suo passato è imprevedibile». Nel grande e continuo processo di mitizzazione e riscrittura della propria storia, in atto da molto prima dell’epoca putiniana, Vladimiro il Grande (circa 960-1015), considerato il costruttore del primo nucleo dell’Impero russo, ha un posto d’onore. E lo ha avuto anche ieri sera, quando è andata in scena la prima nazionale de Il principe Vladimir, la cosiddetta etno-opera a lui dedicata, con le porte del Palazzo di Stato del Cremlino, l’ex Palazzo dei congressi, che si sono aperte in via del tutto eccezionale e anche qui non casuale. Una sola replica prevista, oggi, nella sala concertistica più grande ed esclusiva del Paese, capace di ospitare seimila spettatori, e tutto esaurito annunciato da giorni.
Non è soltanto uno spettacolo teatrale, è anche un groviglio di simboli e allusioni storico-politiche, raccontare il passato per celebrare il presente, e con esso l’altro Vladimir, quello contemporaneo. L’intero progetto, benedetto anche dalla Chiesa ortodossa russa, è finanziato dal Fondo presidenziale per le iniziative culturali, ed è stato curato dall’amministrazione del Cremlino, nella persona del capo Dipartimento dei progetti pubblici Sergey Novikov, considerato dall’opposizione come il compilatore delle liste nere degli artisti indesiderati o non allineati.
La rappresentazione, così riferiscono all’unisono tutti i media nazionali, è frutto di un lavoro lungo dieci anni. Le musiche sono state scritte da Igor Matvienko, l’insostituibile maestro delle adunate putiniane, autore delle canzoni del gruppo pop-rock Liubé, il più amato dal presidente russo per via della musica tradizionale e soprattutto dei testi patriottici che esaltano le gesta passate e presenti dei militi protettori di Santa Madre Russia. Per altro, oggi il compositore compie 65 anni e secondo molti le date del debutto sono state scelte apposta come un omaggio all’ideatore dell’opera, amico personale di Putin.
Tra gli oltre centocinquanta attori figurano ovviamente cantanti lirici scelti dai teatri moscoviti. Ma le parti principali sono state affidate a personaggi di primo piano nel panorama della musica pop «nazionalista». Il ruolo del Principe è stato assegnato al nuovo idolo dei giovani Shaman, al secolo Yaroslav Dronov, 33 anni, che nel luglio del 2022 è diventato ancora più famoso grazie al singolo Sono russo: «Sono russo, vado fino in fondo / Sono russo malgrado tutto il mondo». Fiodor, l’amico, maestro e vate del Principe, il suo Virgilio sulla tortuosa via verso l’abbandono del paganesimo, l’accettazione della fede e primo martire cristiano russo, è interpretato da Nikolaj Rastorguev, il frontman dei Liubé, autore in proprio di canzoni dedicate ai combattenti russi nel Donbass.
L’opera, accompagnata dal prefisso «etno» perché oltre ai canti tradizionali contiene motivi folk e musiche pop e rock compreso il rap, ha trovato un certo spazio, diciamo così, tra i media russi. In brodo di giuggiole il quotidiano Rossijskaya Gazeta. «È stupefacente che su una personalità storica di tale caratura non sia stata finora composta un’opera… ma invece fu proprio Vladimir a unificare popoli disgregati, rafforzando l’autorità internazionale del Paese che all’epoca si chiamava ancora la Russia di Kiev». Lo scrittore, poeta e dal 2022 «agente straniero» Dmitrij Bykov considera l’opera come un tentativo del presidente di tracciare la propria genealogia storico-politica. «Nel Principe Vladimir», scrive su Telegram, «vengono attualizzate le qualità che incarna Putin. Ogni governante cerca di farsi ascendere a Noè, Mosè o ai santi locali: è una normale fase di sviluppo del totalitarismo». La prova generale si è svolta martedì sera al teatro di prosa dell’Armata Rossa, davanti a veterani della Seconda guerra mondiale, ai soldati dell’Operazione militare speciale, e alle loro famiglie.