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 2025  febbraio 05 Mercoledì calendario

Il punto sull’accordo Vaticano - Cina

Il 23 gennaio, con una solenne cerimonia a cui hanno partecipato circa 500 persone, è avvenuto l’insediamento del nuovo vescovo di Fuzhou, Giuseppe Cai Bingrui, consacrato nel 2010 e da allora vescovo di Xiamen. Si è trattato dunque di un trasferimento, concordato tra le due parti, nel quadro dell’Accordo tra Santa Sede e Cina, firmato nel 2018 e già rinnovato tre volte, di cui l’ultima per quattro anni.
Questo è il secondo caso di trasferimento di un vescovo ad altra diocesi deciso di comune accordo, dopo che, in precedenza, se ne erano avuti altri due decisi invece unilateralmente da parte cinese. Tali circostanze avevano suscitato una ferma protesta della Santa Sede cui oggi sembra seguire un atteggiamento diverso delle autorità di Pechino. È stata inoltre riportata la significativa notizia che il vescovo clandestino locale, Lin Yuntuan, ha partecipato alla celebrazione dopo che, nei giorni precedenti, aveva indirizzato ai fedeli di Fuzhou una lettera aperta nella quale dichiarava che collaborerà con il vescovo appena trasferito: dopo tanti anni di divisioni profonde e in una delle zone della Cina in cui la situazione della Chiesa è più complicata, c’è stato così un segnale di riconciliazione tra i cattolici della stessa diocesi.
È salito intanto a undici il numero delle consacrazioni episcopali avvenute nella Repubblica Popolare in base all’Accordo sino-vaticano. Infatti, il 20 gennaio, è stato ordinato monsignor Antonio Ji Weizhong, che in precedenza era vicario generale della diocesi di Fenyang. L’ultimo vescovo di Fenyang, Giovanni Huo Cheng, è morto nel 2023 all’età di 97 anni, dopo essere stato alla guida di questa diocesi dal 1991, in comunione con il Papa, e dopo aver trascorso lunghi anni in carcere, in gran parte durante il duro periodo della Rivoluzione culturale.
Questa diocesi ha la particolarità di essere sempre stata guidata da un vescovo cinese: nel 1946 la diocesi di Fenyang prese il posto di un omonimo vicariato apostolico, creato nel 1926 e affidato a uno dei primi sei vescovi cinesi consacrati a Roma dal Papa, su impulso del Concilio di Shanghai (1924).
Il nuovo vescovo, però, non è stato ordinato vescovo di Fenyang, diocesi ora soppressa, ma di una nuova diocesi, eretta in questa occasione dalla Santa Sede: quella di Lüliang, “città-prefettura” (dijishi) che include Fenyang. La sede episcopale della nuova diocesi rimane nella chiesa cattedrale del Sacro Cuore di Gesù, sita a Fenyang. Nomi e confini delle circoscrizioni ecclesiastiche cinesi sono stati tutti definiti da Pio XII nella costituzione apostolica Quotidie Nos del 1946 e, tra le questioni più rilevanti per il dialogo tra la Santa Sede e Pechino, vi è senz’altro proprio quella dei nomi e dei confini delle diocesi, in passato e ancora oggi motivo di contrasti. È infatti evidente che, dal 1946, la Cina è molto cambiata economicamente, socialmente, amministrativamente: le diocesi di allora, in molti casi, corrispondono oggi a città meno importanti oppure a quartieri o parti di quelle che sono diventate grandi metropoli. Da tempo, dunque, da parte cinese si chiede di creare nuovi vescovi in nuove diocesi al posto delle vecchie. In linea di principio, la Santa Sede non è contraria a cambiare nomi e confini delle diocesi, come avviene ovunque nel mondo, in spirito di collaborazione con le autorità civili. Né questa è la prima volta che viene modificato l’assetto stabilito dalla Quotidie Nos del 1946: è già avvenuto con l’erezione della diocesi di Chengde (22 settembre 2018) e una seconda volta con l’erezione della diocesi di Weifang (29 gennaio 2024). Non mancano però i problemi.
Per quanto riguarda Fenyang, la morte dell’anziano vescovo ha aperto la strada ad una nuova sistemazione, ma in altre situazioni ci sono vescovi che potrebbero restare senza diocesi nel caso di soppressione di una “vecchia” diocesi o di cambiamenti dei confini diocesani. Altrove ci sono vescovi clandestini che si ritroverebbero in aree facenti parte di una nuova diocesi con un altro vescovo e questo è forse il problema più spinoso. Da parte cinese, si chiede che le nuove diocesi coprano aree molto grandi, persino un’intera provincia. Anche per questo motivo si è creato un problema rilevante nel 2022 quando le autorità cinesi hanno deciso unilateralmente di trasferire monsignor Giovanni Peng Weizhao (riconosciuto da entrambe le parti) nella “diocesi del Jiangxi” (corrispondente all’omonima provincia) che per la Santa Sede è inesistente.
L’erezione della nuova diocesi di Lüliang, dunque, indica che le due parti stanno affrontando questi problemi, nel tentativo di risolvere attraverso un dialogo non facile ma senz’altro necessario intricate situazioni caso per caso, nella direzione di una progressiva convergenza tra diocesi e unità amministrative.
Queste recenti notizie provenienti dalla Chiesa in Cina indicano anche che, grazie all’Accordo tra la Santa Sede e il governo cinese, si stanno lentamente ma tenacemente facendo passi avanti nell’esaminare e cercare soluzioni concrete ai problemi che ostacolano gli sforzi della Chiesa cattolica per l’evangelizzazione della società cinese. Del resto, il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, ha spesso ricordato che l’obiettivo dell’Accordo è essenzialmente pastorale, che il dialogo con le autorità di Pechino ha lo scopo di migliorare la vita quotidiana della Chiesa nella Repubblica Popolare Cinese e che si propone di «favorire anche la maggiore conciliazione possibile dei [cattolici] cinesi tra di loro, sotto la guida dei loro pastori e in comunione con papa Francesco»