il Fatto Quotidiano, 5 febbraio 2025
Siamo tornati ai tempi di Ciccio Crispi
I magistrati vogliono fare politica e governare senza farsi eleggere dal popolo; amano ordire complotti e trame contro il governo e gli impediscono di difendere la nazione; non pagano mai per i loro errori. Su questi slogan un po’ logori, il ministro Nordio ha ricamato alcune tesi improbabili: oggi il pm opera come un super poliziotto e, godendo delle stesse garanzie del giudice, esercita un potere immenso senza alcuna reale responsabilità. Non solo dirige le indagini, ma addirittura le crea, e le crea attraverso la cosiddetta clonazione del fascicolo svincolata da qualsiasi parametro e da qualsiasi controllo. Perciò può sottoporre una persona a indagini che sono eterne, inchieste inventate nel vero senso della parola e finite in niente, costate milioni e milioni di euro, che alla fine creano disastri irreparabili anche finanziari nell’ambito dell’amministrazione della giustizia.
Un stravolgimento della verità che richiama (absit iniuria) quel che Sebastiano Vassalli – nel suo romanzo L’italiano – attribuisce a Francesco Crispi. Coinvolto nello scandalo del Banco di Napoli, interrogato dal giudice, forte della certezza che il denaro è il motore del mondo, secondo la ricostruzione di Vassalli Crispi reagisce pensando che quell’ometto sussiegoso che gli sta davanti e pretende da lui che gli renda conto di ogni singola operazione di banca e di ogni prestanome, è soltanto un cretino. Un cretino perché si illude che la politica interna ed estera in una nazione moderna possa farsi senza quattrini e senza infamia, soltanto con l’onestà. Ci vuole ben altro: la mafia, la massoneria, i brogli elettorali, la corruzione. Oggi i cretini – secondo alcuni ambienti politici che contano – sono i giudici che non vogliono saperne di piegare la schiena prendendo decisioni gradite al governo, che altrimenti li accusa, delegittimandoli, di essere contro la nazione. Di fatto siamo tornati ai tempi di Crispi. Se non peggio.