il Fatto Quotidiano, 5 febbraio 2025
Cristicchi ha dedicato una canzone alla mamma malata
“L’ho fatta sentire a mamma anche pochi giorni fa, prima di partire. Ci ha scherzato su: ‘Io non sono ancora così, vero?’. La canzone parla di una donna anziana che non ricorda più come si chiama, né dove abita. Invece mia madre conserva lucidità e memoria in un corpo che la imprigiona. Ferita anche nella parola”.
Quando sarai piccola è la cosa più potente del Festival, Simone Cristicchi.
È rimasta cinque anni in un cassetto. Sentivo non dovesse essere inclusa nella prima edizione del nuovo album Dalle tenebre alla luce. Ci sarà nella nuova versione, dal 14 febbraio. Un tema enorme: canterò della più alta forma d’amore, quello incondizionato. Di un figlio che si prende cura del genitore divenuto fragile.
Nel 2012 sua madre Luciana fu colpita da un’emorragia cerebrale a 63 anni. Lei era lontano per un concerto.
C’era stata una telefonata sbrigativa, prima. “Sto facendo le prove”. L’ultima comunicazione tra noi, temetti. Invece dopo alcuni giorni di coma si risvegliò. I dottori dissero: “Non abbiamo idea di come sia accaduto questo miracolo”.
Tempo dopo dovette essere operata.
L’intervento riuscì. Ma da allora mamma è come tornata bambina, anche se con la carrozzina è sempre in prima fila quando sono di scena a Roma.
La canzone è personale, vera. E nella sua universalità commuoverà tutti.
All’Ariston mi sentirò nudo. Erano occorsi mesi di sofferenza per completarla, insieme a Nicola Brunialti e Amara. Mi ero concentrato sulla tenerezza di quel rapporto, poi ho voluto sottolineare, in un passaggio, la vergogna di arrabbiarsi con una creatura indifesa.
“Ci sono sguardi pieni di silenzio/ Che non sai descrivere con le parole/ C’è quella rabbia di vederti cambiare/ E la fatica di doverlo accettare”.
Provi impotenza quando non riesci a capire cosa voglia comunicarti quella persona.
Nella serata delle cover, con Amara, chiuderà il cerchio eseguendo La cura.
Amara, mia compagna di viaggio e di vita. Il 2 marzo saremo al Brancaccio di Roma per riproporre il Concerto mistico per Battiato. Al centro del palco una candela: l’essenza di Franco. Nessuno ha mai interpretato La Cura a Sanremo, tranne lo stesso Battiato. Nel 2007, quando vinsi con Ti regalerò una rosa.
Con Franco era nato un rapporto di stima.
In questo tempo disattento possiamo inseguire le voci dei Maestri. Non dobbiamo cambiare il mondo, bensì il modo di ascoltare. Franco mi invitò a Milo. Trascorsi una giornata con lui. Due collezionisti di barzellette, poi lui passava a Ermete Trismegisto.
I Maestri. Dante ha ispirato il suo spettacolo Dalle tenebre alla luce, stesso titolo del disco.
Quando Dante è alle prese con la visione di Dio, nell’ultimo canto del Paradiso, sembra di essere in un’astronave. La foto di copertina del disco è una nebulosa che esplode. Gli astronomi la chiamano “L’occhio di Dio”. Ci sono voluti 11 anni per scattarla, e 11 anni sono passati dall’album precedente. Lo pubblico convinto da un incidente con la motosega. Ho sbattuto su una pietra, mi hanno ricucito la testa. In ospedale ho deciso di non temporeggiare più.
Alda Merini.
La incontrai per il documentario sui manicomi. Intervista drammatica, data la sua bipolarità, seppur non patologica. Dopo Sanremo le portai un mazzo di rose rosse a Milano. Prese a telefonarmi a tutte le ore. Mi dettava poesie, una bellissima per la nascita di mio figlio. Parlava veloce, ero terrorizzato di perdermi una sola sillaba.
Franco Migliacci.
Il primo mentore, padre del mio produttore storico Francesco. Inaccettabile che nessuno lo abbia ancora ricordato a Sanremo, lancio un appello per quest’anno. Andavo da lui a Mentana, scrivevo canzoni tra i suoi ulivi. Mi chiamava “Il cespuglio pensatore”.
Jacovitti.
A 10 anni persi mio padre. Mi chiusi nella mia stanza per lunghissimo tempo, disegnavo personaggi che mi tenessero compagnia. A 16 anni bussai alla porta di Jacovitti: facevo copie perfette delle sue creazioni, i salami, Zorry Kid… Fu scorbutico: “Non ho bisogno di una fotocopiatrice umana, torna quando avrai trovato la tua unicità”. Mi insegnò il rigore, la disciplina, per andare a caccia della mia voce.