Il Messaggero, 5 febbraio 2025
Zelensky ora apre a Putin
Parlare direttamente con Vladimir Putin non è più un tabù, anche se richiederà delle precise condizioni. Volodymyr Zelensky, ci ripensa, forse spinto dalle pressioni internazionali o forse dalla situazione sul campo e in un’intervista con il giornalista britannico Piers Morgan, ha fatto capire di essere disposto anche a quest’ultima concessione. «Se questa è l’unica soluzione in cui possiamo portare la pace ai cittadini ucraini senza perdere persone, allora sicuramente opteremo per questa soluzione», ha spiegato il presidente ucraino. Una scelta difficile per il capo dello Stato irremovibile, che in questi anni aveva addirittura messo per decreto che sarebbe stato impossibile trattare con il capo del Cremlino. Ma la situazione adesso sembra molto diversa da quella che aveva spinto Zelensky a quella scelta così intransigente. L’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca ha stravolto la percezione di Kiev riguardo il sostegno americano per contrastare l’invasione scatenata ormai tre anni fa dalla Russia. Il Paese è provato da bombardamenti, emigrazione, morti e da una pressione dell’esercito di Mosca che, almeno a est, appare inesorabile per quanto non priva di un enorme tributo di sangue. Secondo l’Institute for the study of war, le forze russe continuano a premere in direzione di Pokrovsk, Kupyansk, Chasiv Yar, Toretsk e Dnipro. E nonostante l’Ucraina riesca ancora a colpire nel cuore della Russia grazie ai droni, l’impressione è che Kiev non possa resistere a lungo a questi ritmi. Lo staff del nuovo capo della Casa Bianca, in questi giorni, ha inviato segnali abbastanza espliciti nei riguardi di Zelensky. L’inviato di Trump, Keith Kellogg, ha chiesto al governo ucraino di andare al voto subito dopo l’accordo di pace. E The Donald ha addirittura messo in chiaro con Zelensky che per avere gli aiuti militari deve garantire a sua volta un accordo sulle “terre rare” presenti nel suolo ucraino. Richiesta accettata proprio ieri dal presidente ucraino, che ha detto che se Trump «è interessato alle terre rare trovate nel sottosuolo ucraino, l’Ucraina è aperta agli investimenti statunitensi». «Abbiamo abbastanza terre rare», ha detto Zelensky, «e la Russia occupa i nostri territori dal 2014. In alcuni posti ci sono davvero grandi depositi di minerali. Siamo aperti al loro sviluppo da parte dei nostri partner». Ma Trump, evidentemente, non è interessato solo a queste garanzie: vuole anche che il leader del Paese invaso si impegni definitivamente a sedersi al tavolo con Putin e a negoziare un accordo di pace il prima possibile.La partita ora si fa molto complicata. Perché le esigenze dei due schieramenti sono ancora diametralmente opposte. Putin considera Zelensky un presidente illegittimo, sta continuando a rimarcare questo concetto anche attraverso i suoi funzionari. Ma quello che sembra chiaro, anche dal campo di battaglia, è che lo zar vuole trattare una volta che si sentirà sicuro di essere in una posizione di netto vantaggio. E il Kursk, da dove sono scomparse le truppe nordcoreane inviate da Kim Jong-un, al momento, non è ancora stato del tutto riconquistato. Dall’altro lato, Zelensky non ha ancora ricevuto quelle garanzie di sicurezza che ha sempre chiesto a Washington, all’Unione europea e all’Alleanza Atlantica. E il fatto che abbia accettato di parlare con Putin solo con la presenza di altri partner (appunto Ue, Usa e Nato) è la prova che Kiev vuole coinvolgere attori che possono dare quelle rassicurazioni indispensabili affinché l’accordo non si trasformi in una resa. Zelensky ha ribadito di non essere disposto a riconoscere l’occupazione dei territori invasi dopo febbraio del 2022. Ma adesso, tutto inizia a muoversi verso il “do ut des”. E Zelensky ha dovuto ammetterlo anche durante l’intervista: «Anche la conversazione con Putin è un compromesso».