Corriere della Sera, 5 febbraio 2025
Il questore di Milano commenta la svolta a San Siro
L’ultimo derby è stata la fotografia della svolta, di un «segnale di rottura» nella gestione del tifo organizzato rispetto a quel recente passato deflagrato con l’inchiesta «Doppia curva» che ha decapitato i direttivi degli ultras nerazzurri e rossoneri. Milano guarda all’Europa, spiega il questore Bruno Megale, «al modello inglese, ma anche spagnolo», con l’obiettivo di «restituire lo stadio e le curve ai veri tifosi».
Questore, come si raggiunge questo obiettivo?
«Fenomeni violenti non sono nuovi, ma ciò che ha messo in luce l’indagine, questo mi ha davvero sconcertato. Per evitare nuove degenerazioni stiamo rimodulando in senso restrittivo le misure di sicurezza».
Cosa è cambiato?
«In questa azione che coinvolge tutti – società, polizia e chiunque controlli le attività dello stadio – stiamo intensificando i controlli e le attività di prevenzione. Ai tornelli ora non ci sono più solo gli steward. Per evitare che si ripetano le scene di minacce e aggressioni per ottenere ingressi multipli e senza biglietto degli ultras, adesso c’è anche la Polizia di Stato per garantire che tutto si svolga regolarmente. Non solo, abbiamo potenziato anche la tecnologia a nostro servizio».
In che modo?
«Sono state installate nuove telecamere ad altissima definizione per monitorare ogni dettaglio in tempo reale e poter intervenire immediatamente. Sa qual è il risultato?».
Prego.
«In occasione del derby, i Daspo li abbiamo notificati ai tifosi subito, direttamente al Meazza: sono stati 10 Daspo sportivi e 18 sanzioni per violazioni del regolamento d’uso dello stadio. Queste ultime sono multe che vanno da 100 a 500 euro, e alla seconda può scattare il Daspo. Oggi sono “daspati” 110 ultras interisti e 170 milanisti. E vanno aggiunti i “Daspo fuori contesto”, uno strumento recente che consente di allontanare non solo i responsabili di reati commessi durante eventi sportivi ma anche chi è gravato da precedenti gravi anche in contesti non sportivi. Dal 1° gennaio 2024 ne sono stati emessi 299. A quasi 600 persone è quindi vietato l’ingresso».
Gli striscioni intanto sono scomparsi.
«Perché siamo stati chiari con gli ultras: pretendiamo discontinuità. Alle riunioni del Gos – il gruppo operativo sicurezza che si ritrova prima delle partite e a cui partecipano le società, con cui collaboriamo fattivamente per eliminare scorciatoie e spazi di manovra che sono stati sfruttati dai criminali – abbiamo concordato di vietare il ritorno di striscioni che rimandano a gruppi criminali che li avevano imposti con la violenza».
Non c’è il rischio che il vuoto di potere favorisca nuove scalate criminali?
«Le ripeto: l’aria è cambiata. È vero che la forza di San Siro è il suo clima infuocato: è il 12esimo uomo. Ma non possiamo permettere che si ricreino forme di condizionamento criminale da parte del tifo. C’è stato un prima e un dopo. Non che prima non si facesse nulla, ma l’inchiesta ha evidenziato che la situazione non era più tollerabile».
C’erano anche rapper famosi che giravano attorno al mondo ultrà. Che idea si è fatto?
«Non sta a me fare valutazioni. Ma abbiamo visto che in alcuni casi c’erano cointeressenze economiche. Credo fosse un rapporto che interessasse tutti e che andava al di là del tifo».