Corriere della Sera, 5 febbraio 2025
Cuba, Guantanamo e l’affitto contestato
«Finché gli Stati Uniti d’America non abbandoneranno la suddetta stazione navale di Guantanamo o i due Governi non concorderanno una modifica dei suoi attuali limiti, la stazione continuerà ad avere l’area territoriale che ha ora». Così è scritto nell’accordo firmato il 29 maggio 1934 per gli Usa dal presidente Franklin D. Roosevelt e per Cuba dall’ambasciatore a Washington Manuel Márquez Sterling che per sei ore era stato a gennaio capo dello Stato nella girandola di quattro presidenti-birilli seguiti in pochi mesi al golpe del vero padrone dell’isola, quel Fulgencio Batista che avrebbe dominato come un feroce dittatore per un quarto di secolo fino alla rivoluzione castrista. Certo, l’accordo confermava con squisita ipocrisia: «Gli Stati Uniti riconoscono la continuità della sovranità ultima della Repubblica di Cuba sulle zone terrestri e marittime precedentemente descritte». Ma precisando «la Repubblica di Cuba permette agli Stati Uniti, per tutto il periodo in cui occuperanno le suddette aree ai sensi di questo accordo, di esercitare completa giurisdizione e controllo su di esse».
Sono passati novantuno anni, da allora. E da cinquantasei Cuba rifiuta di accettare i 4.085 dollari di canone annuale pari a 209 mila attuali, perché inutilmente, dopo la denuncia di quel patto coloniale con un regime come quello di Batista legato perfino alla mafia di Meyer Lansky e Lucky Luciano, chiede che quel pezzo di isola dato con l’«emendamento Platt» in affitto agli States dopo la guerra ispano-americana del 1898, sia restituito allo Stato che lo stesso accordo iniziale del 1901 e il suo «aggiornamento» del 1934 riconoscono come il legittimo sovrano. Macché...
Certo, Fidel Castro, Raul e la dittatura che dominano Cuba da decenni sono stati e restano un regime indifendibile. Ma lo stesso si potrebbe dire di altri regimi dove «contratti d’affitto» coloniali sono andati a scadenza. Che solo gli americani abbiano il diritto di andarsene da Cuba quando piaccia a loro mentre i cubani possano solo «concordare» la fine della «locazione» resta, anche per chi ama l’America, una ferita. Tanto più se, come oggi, Donald Trump parla di Guantanamo come d’una proprietà dove deportare 30 mila persone sottratte, siano state o meno processate e condannate, alla vista di ogni osservatore. A partire da quelli di Amnesty International che proprio lì, nella prigione blindata americana, denunciarono torture inaccettabili .