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 2025  febbraio 05 Mercoledì calendario

Il governatore del Lazio dice sì alla riforma dei medici di base

Francesco Rocca, presidente della Regione Lazio, ce l’ha con i medici di famiglia?
«Perché mi fa questa domanda?». 
Non è lei uno dei quattro presidenti, con Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia e Veneto, che sta ragionando sull’ipotesi di cambiare il loro status giuridico, facendoli passare da liberi professionisti a dipendenti, come gli ospedalieri? 
«Sì, è vero. Abbiamo avviato un lavoro informale per arrivare a un testo da discutere, una volta pronto e concordato fra noi, in sede di Conferenza delle Regioni. Siamo a livello di bozza grezza». 
C’è una volontà comune? 
«Sì, la volontà comune, da parte delle venti Regioni, e dico 20, è di accelerare i tempi di una riforma ineludibile». 
Ha un tono di voce alterato quando affronta il tema. 
«Non lo nascondo, mi accaloro. Come capo di una Regione voglio poter decidere dove e per quante ore i medici di famiglia devono prestare servizio visto che è da qui che escono i soldi per pagarli in base al servizio prestato per il sistema pubblico. Devo avere la completa disponibilità di gestirli». 
Da come parla sembra che li accusi di voler fare il comodo loro. 
«Lo dice lei. In realtà ci sono tanti professionisti diligenti. Però è anche vero che i cittadini ci scrivono per segnalarci difficoltà nel trovare lo studio aperto o per farsi inviare le prescrizioni per l’acquisto di farmaci. E non parliamo di quello che succede di sabato e domenica. Al Pronto soccorso c’è la ressa, gente che non ha trovato alternative sul territorio. Non dovrebbero essere loro a fare da filtro?». 
L’accordo di convenzione valido dallo scorso aprile prevede già che il medico debba dedicare un certo quantitativo di ore al servizio nelle case di comunità o dove la Asl ha più necessità di utilizzarlo. Non basta? 
«No, dobbiamo poter disporre dell’intero numero di ore, come succede per i dirigenti ospedalieri. Così come è congegnato il sistema non regge». 
Spieghi. 
«Faccio un esempio. Se un quartiere della periferia romana, poco ambito, resta sguarnito del medico andato in pensione, vorrei poterne disporne la sostituzione. Il cittadino pretende risposte. Non voglio essere ostaggio di persone che pongono paletti». 
Torno a domandare. L’accordo di convenzione nazionale non è una garanzia? 
«No. È proprio questo il punto. Quell’accordo deve essere poi declinato sul territorio dalle Regioni. E ci troviamo a dover contrattare tutto. Se vogliamo che il medico partecipi alla campagna antinfluenzale dobbiamo prevedere circa 6 euro in più a paziente. E non tutti i dottori accettano di aderire. È un continuo negoziare. Lo sa quanto spende la Sanità per pagarli?». 
Lo ricordi lei. 
«Quattro miliardi e 200 milioni a livello nazionale». 
La dipendenza è una forma di privatizzazione? 
«La privatizzazione è quella che stanno progettando con L’Enpam, il loro ente previdenziale, proprietario di immobili, e non mi faccia aggiungere altro». 
Le piace la proposta di legge di Forza Italia? 
«Devo leggerla. L’aspetto non negoziabile è la piena disponibilità delle ore. Sul resto si può discutere».