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 2025  febbraio 05 Mercoledì calendario

I droni dei narcos sfidano Trump

La «guerra» Usa-Messico si sviluppa tra allarmi, propaganda e fatti veri. Cresce la pressione, circolano informazioni non sempre corrette lungo una frontiera sempre insanguinata.
Nelle ultime ore alcuni media hanno rilanciato la possibile minaccia di droni usati dai cartelli: i narcos avrebbero deciso di colpire la Border Patrol con queste armi, una ritorsione per le mosse americane. Una notizia da confermare che però è stata «ripresa» in una campagna martellante su cosa avviene dall’altra parte del muro e sulle possibili azioni «muscolose» da parte degli Stati Uniti.
Allo stesso tempo è vero che le organizzazioni criminali hanno esteso l’impiego dei piccoli velivoli: negli ultimi tempi hanno bombardato gruppi rivali, preso di mira le forze di sicurezza, condotto incursioni. In parallelo è aumentato l’uso di ordigni improvvisati piazzati ai lati delle strade o a protezione di rifugi. Un report di Insight Crime ha sottolineato come nel corso del 2024 i militari abbiano sequestrato 1.571 di queste «trappole». Alcune sono semplici tubi di ferro riempiti di polvere nera e chiodi ma non mancano «pezzi» più complessi, forse realizzati con l’aiuto di ex soldati reclutati dai trafficanti.
I droni allungano il «braccio» operativo dei boss. Inizialmente sono stati sfruttati per portare piccole quantità di droga oltre la barriera, successivamente hanno avuto un’applicazione «bellica». I sicarios hanno adottato le tecniche guerrigliere mediorientali, seguito le tattiche del conflitto ucraino e si sono adeguati avendo a disposizione molte risorse: così hanno «lanciato» i mezzi sul campo durante gli scontri dove sono apparsi blindati fai-da-te.
Solo qualche ora fa, il generale Alejandro Gutiérrez è rimasto ferito in un’imboscata nella regione di Chihuahua, stato confinante con il Texas. La sua unità sarebbe stata attaccata sempre da un drone che ha sganciato granate rudimentali.
In rete, quasi a far da coreografia agli annunci del Pentagono e dello stesso Messico sulla mobilitazione di migliaia di uomini a cavallo della frontiera, sono apparse le segnalazioni sui voli di ricognizione dell’Us Air Force. Un ricognitore P8 e un aereo per l’intelligence RC135 (dotato di sensori, apparati) hanno condotto missioni restando nello spazio internazionale ma sono in grado di «vedere» all’interno del territorio messicano. Il primo è «entrato» dal versante texano, il secondo ha seguito una rotta verticale in direzione Sud nel Golfo di California, tra la Baja California e la costa occidentale. I pattugliamenti non sono inediti, intensa l’attività anche in passato, nota la collaborazione stretta degli Usa in alcune indagini concluse con l’arresto di famosi latitanti. Ora però le attività nei cieli sono citate per enfatizzare le iniziative della Casa Bianca nei confronti del vicino.
Ogni «partito» prende ciò che gli torna utile: i fan di The Donald sono felici perché c’è «un nuovo sceriffo in città», una parte dei messicani guarda con timore a possibili ingerenze mentre i narcos studiano le contromisure. Va così da sempre. E non sarebbe una sorpresa se qualche super ricercato venisse catturato per dare un segnale. C’è già chi scommette sulla testa di uno dei Los Chapitos, i figli del Chapo.
I banditi, però, non sono soggetti «facili». La città di Nuevo Laredo, in Tamaulipas, è stato teatro di blocchi stradali e raid da parte degli affiliati al «Cartel del Noreste», una rappresaglia alla cattura di Ricardo González, detto El Ricky, considerato un capo regionale alla testa dei «Los Chukys». Modus operandi consueto per rilanciare la sfida alle autorità in un’area contigua al Texas. Ne vedremo di cos