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 2025  febbraio 04 Martedì calendario

Quando i nazifascisti impiccavano i giovani agli alberi di Bassano

Caro Aldo, 
vivo ai confini di Bassano del Grappa, dove sorge il Tempio Ossario. Un tempo rappresentava un’eccellenza, con il celebre Ponte degli Alpini e il Museo civico. Il Tempio Ossario, all’interno, accoglie più di 5.400 resti mortali di caduti della Prima Guerra Mondiale. In esso, inoltre, ci sono i resti di Umberto di Savoia-Aosta, di quattro eroi decorati di medaglia d’oro e dei trentuno giovani che il 26 settembre 1944 vennero impiccati agli alberi del viale che da allora divenne «Viale dei Martiri». Per tutti questi fatti ed eroici eventi, il gonfalone della città di Bassano del Grappa il 26 settembre 1946 venne decorato di Medaglia d’Oro al Valore Militare. Ora, purtroppo, il Tempio Ossario si trova in una situazione di precaria manutenzione, bisognoso di robusti interventi. E pare che ora la gestione dei fondi spetti al ministero dello Sport.
Angelo Zen, presidente Ass.ne Famiglie Caduti e Dispersi in guerra di Rosà
Caro Angelo,
pubblico volentieri il suo grido di dolore. Il ponte di Bassano, oltre a essere bellissimo, è uno dei tasselli più preziosi dell’identità italiana. Evoca una struggente canzone alpina (le canzoni degli alpini non sono meno importanti di quelle napoletane per capire chi siamo noi italiani, ma sono molto meno cantate e ascoltate). Oltre a ricordarci il tributo di sangue pagato dai nostri nonni e bisnonni nelle trincee della Grande Guerra, lei cita una pagina poco conosciuta della Resistenza.
Bassano, 26 settembre 1944. C’è un rastrellamento tedesco, l’Operazione Piave. I partigiani e molti civili, tra cui renitenti alla leva – giovani che non volevano obbedire ai bandi Graziani e combattere per Hitler e Mussolini – fuggono. Il comandante nazista, il vicebrigadiere delle Ss Herbert Andorfer, prepara una trappola. Fa affiggere manifesti sui muri di Bassano e dei paesi vicini: chi si presenterà avrà salva la vita e lavorerà per l’Organizzazione Todt – civili al servizio dei militari – o entrerà nella Flak, la contraerea. Ignare, le persone influenti della zona, sindaci, maestri, sacerdoti, gli stessi genitori invitano i giovani a presentarsi. Gli abitanti di Bassano, compresi i bambini che giocano sul viale, vedono arrivare i camion e scendere i loro fratelli maggiori, con le mani legate dietro la schiena. Nel silenzio, rotto solo dagli ordini secchi in tedesco, i ragazzi vengono appesi agli alberi. Il viale è molto lungo, ma poiché gli alberi non bastano alla fine i renitenti alla leva nazifascista penderanno dagli alberi di altre due vie della città. I cappi sono cavi del telefono. A infilare dentro le teste dei loro coetanei sono giovani fascisti, di 18, 17 e anche 16 anni, inquadrati nei reparti della contraerea. I cappi sono legati da una lunga fune al camion. Il boia Karl Franz Tausch coordina l’esecuzione, spiega come e quanto stringere i lacci, ordina al camion di accelerare. Il cappio si stringe attorno al collo dei primi trentuno condannati. I giovani fascisti sono incaricati di tirare le gambe di coloro che respirano ancora. È quasi mezzanotte. Fra gli impiccati c’è un malato di mente, che grida disperato. C’è il maestro elementare di Mirandola. C’è un ragazzo di 17 anni, Cesare, che si trovava sul Grappa per curarsi una malattia ai polmoni, un altro, Giovan Battista, che ha appena compiuto 16 anni; suo fratello Giuseppe, diciottenne, è stato fucilato due giorni prima. Un quindicenne viene giustiziato nella caserma Reatto, con altri prigionieri; nel plotone d’esecuzione ci sono ragazzi della sua età o anche più giovani. 
Alla fine i carnefici vanno al Caffè centrale e all’hotel Al Cardellino a brindare e festeggiare. Nessuno di loro sarà mai processato.