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 2025  febbraio 04 Martedì calendario

Biografia di Raffaele Morelli

Le donne in carriera rischiano la calvizie precoce. L’italiano è l’uomo più insicuro al mondo. In ufficio 6 su 10 s’ammalano d’infelicità. Parole e musica di Raffaele Morelli, psichiatra e psicoterapeuta. Questo 20 anni fa. Ora che ne ha compiuti 76 (da 45 dirige l’Istituto Riza da lui fondato a Milano e la rivista Riza Psicosomatica, che nel frattempo ha figliato altre 15 testate), preferisce i podcast da 8 minuti, in cui con voce carezzevole, e armonie new age in sottofondo, rassicura: «Non dipendere più dai giudizi altrui». È il suo caso: «La Banda di R101 mi canzona, dice che vado a mettere il chewing gum sulla serratura del mio collega Paolo Crepet», ride pacioso.
Un medico serio non lo fa.
«Non dopo aver lavorato nel manicomio di Affori, nella guardia psichiatrica del Policlinico e al San Raffaele».
Quanti pazienti incontra?
«In media 4-5 al giorno, non tutti i giorni; per la psicoterapia di gruppo 22 a settimana; per quella online da 200 a 300 una volta al mese».
Ritmi nipponici.
«Il resto è scrivere, silenzio, stare con me stesso».
Il disagio più frequente?
«L’ansia. Tentativo dell’inconscio di portarti a un sapere superiore che non vedi, energia vitale che irrompe».
Prescrive psicofarmaci?
«Non lo faccio da 40 anni. E non domando mai al paziente di parlarmi del suo passato. Preferisco chiedergli un ricordo felice dell’infanzia: soffriamo perché ci siamo distaccati da quel bimbo. Se stai male, non fare nulla: accogli il male».
Innovativo. Ma doloroso.
«No, antico. Se vai da uno psicoterapeuta e sulla sua scrivania non trovi testi che parlino dei cinesi, dei taoisti, dei saggi greci e romani, fuggi: significa che vuole curarti con il pensiero moderno. Il peggiore per sanare l’anima».
Peggiore per quale motivo?
«La scienza ci ha insegnato come combattere i batteri, ma per i mali dello spirito il nesso di causalità non c’è».
E dopo l’ansia, che altro?
«Gli attacchi di panico. Dai 14 ai 25 anni il suicidio rappresenta la seconda causa di morte. I giovani vivono ancorati a Internet tutto il giorno, nei social diventano i robot degli altri. A 18 anni le ragazzine chiedono di rifarsi il seno. Appena hanno un lavoro, risparmiano per ritoccarsi labbra, zigomi, naso. Ma se cambi il volto, modifichi l’immagine che avevi al momento in cui fosti concepito. Non ti piaci? Non potrebbe capitarti di meglio. La bellezza è un veleno. Non si vive nel giudizio degli altri».
I like sono pandemici.
«Sa chi è più infelice dopo i 40 anni? Le donne belle. Non ricevono più complimenti».
Molto triste.
«Menachem Mendel Schneerson, morto nel 1994, era il settimo rabbino della dinastia chassidica di Lubavitch, nata nel Settecento. Gli mandavo i pazienti gravi, che non guarivano. Mi telefonò da New York e confessò: “Tutti i giorni cerco la tristezza”. La depressione è una struttura dell’essere. Non ti assale perché sei sbagliato: ti coglie per farti azzerare un’esistenza sbagliata. Gli ebrei parlano di santa insicurezza. In realtà è la tristezza a essere santa».
Santo, aggettivo desueto.
«La nostra cultura sta in superficie, ci obbliga a mostrarci felici. Siamo maschere di noi stessi: la tristezza le fa cadere. Smettila di pensare che il malessere derivi da ciò che ti è capitato. No, stai solo cercando qualcos’altro. “Abbi fede”, esortano i cattolici. È la psicologia del miracolo».
Ma pensa che Dio esista?
«Come si fa a non credere in Dio, come si fa? Ogni anno vado a tenere una lezione alla Comunità ebraica di Roma, in realtà sono io che imparo da loro. Ho chiesto al rav Roberto Colombo: ma noi che cosa sappiamo di Dio? Mi ha risposto: “Niente. Ne sappiamo quanto di un secchiello d’acqua. Non è il mare. Ecco, c’è il mare da sapere”».
O forse l’oceano.
«Mia madre accendeva un cero e supplicava: “Madonna, pensaci tu!”. Pregava un essere sconosciuto. Oggi lo sconosciuto è il sacro. Il mondo l’abbiamo tutto qui, davanti agli occhi, appiattito».
Da seguace di Carl Gustav Jung come interpreta la frase «Vocatus atque non vocatus Deus aderit», chiamato o non chiamato Dio sarà presente, scolpita sulla facciata della sua casa di Küsnacht?
«Io so soltanto che le civiltà dove si è smarrito il divino si sono riempite di droghe, di alcol, di suicidi. Se c’è una cosa che la mia professione mi ha insegnato, è che noi siamo un mistero. Ebbene, lo abbiamo ucciso. Vasco Rossi mi ha dato un consiglio: “Cerchi una serata divertente? Va’ a cena con una donna. Ma se vuoi ridere per davvero, stai ad ascoltare un bambino”. Quello che i greci chiamavano Ermes, l’abbiamo tramutato in un fanciullo infantile. Ma quello eterno dura fino ai 90 anni. Sentivo Maurizio Costanzo tutte le settimane. Dieci giorni prima di morire ancora fantasticava di nuovi progetti. Era rimasto il bambino che fu».
«Riza» scrisse che tradire il partner mantiene in salute.
«Non è un imperativo. Ma se in una coppia l’eros si spegne, si riaccende altrove».
Quindi senza l’eros la coppia cessa di esistere?
«No, resta l’affettività, la relazione. Esistono l’amore della fiamma e l’amore del focolare. Il primo divampa, ma non dura. Il secondo è una brace, emette calore».
Secondo «Riza» in 8 italiani su 10 albergano «rancore, invidia, violenza, cattiveria». 
«Il rancore è il veleno dell’anima. Quando odiamo, ci auto-intossichiamo. Al pari dell’intestino, che assorbe dal cibo le sostanze nutritive e scarta le feci, il cervello trasforma il sangue in coscienza, scartando i pensieri. I ricordi sono scorie. Perché crede che imperversino gli psicofarmaci? Da quando mi sono laureato, il loro consumo è aumentato di otto volte. Oggi 12 milioni di italiani li assumono regolarmente: 5 per la depressione, 2 per l’ansia, 1,5 per gli attacchi di panico, 3,5 per le malattie psicosomatiche».
Per lei il dolore delle 9 non è quello delle 20. Vale a dire?
«Qualsiasi evento mi ferisce adesso, ma fra tre ore no. Il pensiero è un nemico. Sono convinto che il morbo di Alzheimer ci assalga perché ricordiamo troppo, impariamo infinite nozioni inutili».
Teorizza che fare l’amore allunghi la vita. Quindi i chierici muoiono giovani?
«No. Fin dalle tradizioni più antiche, la castità è il luogo dell’estasi, un orgasmo allargato all’infinito. Da quando è diventato una performance, gli adolescenti si sono allontanati dal sesso».
L’obesità è un’emergenza.
«Nel cervello il centro della fame è collegato a quello del piacere. La mamma: “Vieni a tavola, è pronto”. Il bambino: “Mamma, no, sto giocando”. Mangiamo troppo perché siamo insoddisfatti. E spendiamo 136 miliardi di euro l’anno nel gioco d’azzardo».
Qualche soluzione?
«Una maestra milanese ha chiesto agli alunni, quarta elementare: “Da dove nascono le arance?”. Risposta: “Dalle ceste”. Ci salverà la natura, la radice, in greco riza».
Dove finirà dopo la morte?
«Con la perdita di coscienza, non moriamo ogni notte? Penso ai frutti: marciscono per liberare il seme».