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 2025  febbraio 03 Lunedì calendario

Coralie Fargeat, unica regista in corsa per gli Oscar

La francese Coralie Fargeat è l’unica regista in corsa per gli Oscar, cinque candidature per il body horror The substance, che torna in sala il 6 febbraio. Demi Moore è una star dell’aerobica tv amata dal pubblico, ma per i manager suoi coetanei è vecchia. Così è costretta a creare una versione di sé stessa giovane che diventa sua rivale.
Il film è diventato un culto, un fenomeno social mondiale.
«Il pubblico lo sente suo. Screenshot, travestimenti per Halloween del “mostro” Elisasue (che fonde fisicamente Demi Moore e il suo doppio giovane Margaret Qualleyndr ),scene reinterpretate. È il miglior tributo possibile».
Demi Moore si è messa in gioco e punta al suo primo Oscar.
«Ha letto la sceneggiatura, sapeva di dover aderire a questa visione. Tutto era costruito in modo preciso, le scene di nudo e quanto ci saremmo spinte oltre, anche nella follia. Cento giorni di riprese sono duri, a volte Demi si è sentita stanca e vulnerabile, ci ha sorretto la fiducia reciproca».
I capi degli studi hollywoodiani avranno visto il film?
«Hollywood è solo un simbolo di ciò che ogni donna affronta nel mondo, al di là di dove vive o cosa fa. Il corpo femminile è sempre esaminato e sottoposto a pressioni sociali, cosa che crea un’enorme disuguaglianza e una violenza, un conflitto interiore di cui raramente si parla».
È l’unica regista in corsa.
«È stato molto difficile ottenere i finanziamenti, nessuno era abituato a questo tipo di storia. Ancora ti dicono che i film con protagoniste donne guadagnano meno. Io spero di essere un modello: mi scrivono in tante. Il cinema è arte, ma anche industria e il sistema non cambia dall’oggi al domani».
Da “Emilia Pérez” a “The substance” il cinema e i premi si aprono a sguardi e generi. Ma c’è anche la crisi e la reazione del maschio, non solo sullo schermo.
«Non mi dispiaccio per la crisi degli uomini bianchi. Ma basta guardare al contraccolpo, violento e potente, che ha avuto il movimento MeToo.
La realtà è ancora terribile e l’equilibrio di potere è rimasto lo stesso. Serve una vera rivoluzione.
Non discussioni o bla bla bla, ma qualcosa di enorme. Perché i numeri parlano chiaro: una donna viene stuprata ogni minuto, una donna viene uccisa per violenza domestica, la disuguaglianza salariale è ancora enorme. Eppure, c’è chi dice che il movimento MeToo sia andato troppo lontano».
Il cinema è uno strumento forte?
«Le rappresentazioni hanno un impatto enorme. Sono cresciuta con le fiabe, Cenerentola, Barbie… In Francia oggi abbiamo un movimento di donne che amo, Les Colleuses, che affigge messaggi sui muri: è stato fortemente represso e questo ci dicequanto ancora ci sia da fare».
La sua esperienza personale?
«Fin da piccola mi sentivo fuori posto rispetto all’immagine che la società aveva di una ragazza. Non ero delicata, gentile, sorridente, vestita di rosa. Non avevo spazio per esprimermi. Il cinema è stato un modo di vendicarmi, creare ciò cheavrei voluto vedere nel mondo. I miei modelli erano registi maschi, perché loro potevano raccontare storie folli, divertenti, potenti. Io da bambina, ricevevo solo giocattoli da cucina».
“The substance” cita Cenerentola, il vestito azzurro e l’incantesimo che svanisce a mezzanotte.
«Sì. Cenerentola e le altre fiabe parlano della parte di noi che deve restare nascosta. Il mondo può vedere solo qualcosa di perfetto, dal vestito al trucco. Ma a mezzanotte, bisogna rintanarsi a casa. Da giovane pensavo che se ogni singola parte del mio corpo non fosse stata perfetta, sarei stata un mostro. Ho passato tempo a coprirmi, a fare diete, a cercare di assomigliare a immagini che non sono nemmeno reali, ma allora non lo sapevo. La società ci impone un ideale di perfezione che non esiste, e noi lottiamo contro noi stessi per adattarci all’immagine».
Elisasue al “ballo” ci va con il suo corpo ibrido.
«Perciò la scena finale è così importante. È un atto di ribellione. Il “mostro” alla fine dice: “Non mi interessa, voglio essere me stessa. Mi metterò il vestito, anche se si strappa perché sono grassa. Metterò gli orecchini, mi farò i capelli, salirò sul palco perché me lo merito, perché questa sono io”. Ma la società è pronta ad accettare questo messaggio? E questa è la vera domanda. Ora so che il pubblico “il mio mostro” ha imparato ad amarlo».