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 2025  febbraio 02 Domenica calendario

L’uomo aumentato già esiste

Eletto nell’aprile scorso tra gli Immortali dell’Académie française, di cui a 48 anni è il membro più giovane, direttore del dipartimento di psichiatria dell’ospedale Sainte-Anne di Parigi, saggista e specialista in neuroscienze, Raphaël Gaillard ha pubblicato L’homme augmenté. Futurs de nos cerveaux (Grasset) che immagina il nostro futuro di «uomini aumentati». 
Gaillard ha un approccio umanistico e letterario da medico di una volta, ma lo sguardo aperto alle novità prodotte dalla rivoluzione scientifica in corso. Dice di diffidare delle persone tecnofobe che si preoccupano della trasformazione dell’uomo per effetto della tecnologia, ricordando che di solito queste stesse persone sono le prime a rivolgersi a un medico per chiedere le ultime innovazioni quando si ammalano. Gaillard ricorda poi che ben prima di Elon Musk, i primi impianti di elettrodi nel cervello si devono a un neurochirurgo francese, Alim Louis Benabid, che ha sviluppato uno dei trattamenti più efficaci contro il morbo di Parkinson. Queste tecnologie hanno prima di tutto una vocazione terapeutica, ma con Neuralink il progetto di Musk non si limita alla cura, lo scopo finale è l’aumento delle capacità umane. Ma dove può portare questa ibridazione cervello-macchina? Quali conseguenze avrà sull’essere umano? 
La risposta è complessa perché, secondo Gaillard, gli aspetti da considerare sono molti e spesso poco conosciuti. Intanto, quando si ha accesso al cervello, non si accede all’intero organo, come se una porta Usb permettesse di connettersi alla totalità del disco fisso. L’installazione di un chip permette di accedere solo a una parte del cervello, dunque l’aumento eventuale riguarda esclusivamente quella specifica area. E per spiegarlo già dall’introduzione lo psichiatra francese ricorre a un aneddoto personale, la storia di un suo paziente, il signor Y. In un giorno d’inverno del 2005, il signor Y. è stato operato in neurochirurgia per trattare un’ epilessia che non rispondeva ai farmaci. La sua vita era fatta di continue interruzioni provocate da convulsioni generalizzate, durante le quali rischiava non solo di mordersi la lingua, ma anche di ferirsi contro i mobili o di soffocare. A volte usciva di casa e vagava senza meta, incapace di conservare ricordo degli eventi. In quelle condizioni, il suo lavoro in fabbrica, che consisteva nel controllare pneumatici, era diventato impossibile, una crisi avrebbe potuto metterlo in pericolo. Dopo elettroencefalogrammi, risonanze magnetiche e impianti di elettrodi intracerebrali, venne individuata l’area del cervello responsabile delle crisi. Una zona ben delimitata della corteccia occipito-temporale sinistra. L’intervento chirurgico avrebbe potuto guarirlo quasi completamente ma con un prezzo ingente: questa regione è essenziale per la lettura. Gaillard e gli altri medici, dopo lunghe riflessioni etiche e dopo averlo consultato, decisero che valeva la pena procedere e operare. L’intervento ebbe successo, l’epilessia venne quasi del tutto eliminata, ma al risveglio il signor Y. non era più in grado di leggere. 

Quel giorno d’inverno del 2005, il professor Gaillard si rese conto che l’essere umano è fatto di frammenti di cervello e che le capacità più straordinarie, come la lettura, dipendono da piccole porzioni del nostro encefalo. Le interfacce cervello-macchina amplificano questa frammentazione: l’uomo aumentato avrà capacità eccezionali, ma solo in ambiti specifici. Guadagnerà potenza, ma perderà armonia ed equilibrio. 
E il libro sarà forse l’unico strumento in grado di preservarci nella nostra interezza e complessità di fronte a questa trasformazione tecnologica. Gaillard considera l’atto della scrittura e della lettura come la prima vera ibridazione umana. Un libro è già una protesi cerebrale, un’estensione della nostra mente che accettiamo di condividere e che, a sua volta, ci trasforma. L’umanità è passata dalla tradizione orale a quella scritta, consacrando il libro come custode della conoscenza e dell’identità. Forse questa prima ibridazione contiene in sé tutte le altre. A questo punto, la questione non è se l’aumento delle capacità umane sia possibile: la rivoluzione dell’ibridazione cervello-macchina è già in corso. «Non si tratta di scegliere tra entusiasti e oppositori, tra chi esalta queste tecnologie sui social network e chi le condanna nei salotti letterari», scrive Gaillard con sarcasmo. 
Alcuni Paesi, come le nazioni del Golfo, la Cina o gli Stati Uniti, probabilmente avanzeranno più rapidamente in questa direzione. Negli Usa, una maggioranza di coppie sarebbe già disposta a migliorare il quoziente intellettivo dei propri figli attraverso la manipolazione genetica. L’Europa metterà in atto limiti etici, come è nella sua vocazione. Ma secondo Gaillard questo non impedirà il proseguire inarrestabile di questa rivoluzione. E se l’Europa sceglie esclusivamente la strada della regolamentazione, mentre altri Paesi corrono avanti, rischia semplicemente di restare indietro, come troppo spesso le accade. 
Secondo il professor Gaillard l’uomo aumentato è inevitabile e rifiutarlo significa autoescludersi. L’intelligenza è ciò che ci definisce come esseri umani e non desiderare di essere più intelligenti è, in fondo, un controsenso. Ma molti di noi non reggeranno questa evoluzione. Il nostro cervello è già in uno stato di sovraccarico e fatica a sostenersi. Se ne potenziamo le capacità, aumenteranno anche i disturbi psichici: schizofrenia, depressione, ansia. Sono il prezzo della nostra intelligenza e, con il suo aumento, questo prezzo diventerà ancora più alto. La profezia di Gaillard non è certo rassicurante: il rischio è di arrivare a una divisione tra geni e individui incapaci di reggere il cambiamento, tra Albert Einstein e zombie. Ragione di più per prepararci alla rivoluzione e rafforzare la ricerca sulla salute mentale.