Il Messaggero, 2 febbraio 2025
Benito e Claretta/puntata 7
Benito amava Claretta e mai avrebbe rinunciato a lei. Ma la voleva meno gelosa e possessiva. Perché la favorita non ne prendeva atto? Ogni donna innamorata è gelosa e possessiva (come ogni uomo). Ma era più forte di lei, così debole di fronte a lui.
Consapevolmente o no, Ben la mise anche incinta, ma la gravidanza fu interrotta da un aborto spontaneo. Non sarebbe stato il primo figlio naturale di Mussolini, che già ne aveva avuto uno, molti anni prima, da Ida Dalser, invadente e invasata trentina, di cui conserverà un pessimo e tragico ricordo (la donna, per volontà del Duce finirà in manicomio e il figlio morirà giovane in guerra).
Per Claretta, l’aborto fu un dramma, da cui si riprese a fatica, e solo grazie al conforto dei familiari, che molti gerarchi detestavano per l’ascendente, vero o presunto, da lei esercitato sul suo “Signore”.
Uno dei più accaniti era Galeazzo Ciano che, nei suoi “Diari”, il 24 dicembre 1941, scriverà: “Buffarini (notabile del regime, n.d.a.) con il pretesto della beneficenza, darebbe 100.000 lire (circa 100.000 euro di oggi, n.d.a.) alla Petacci, sulla quale poi agisce attraverso un certo Donadio, il cui ruolo non è ben definito Serena (segretario del partito, n.d.a.) dice che intorno al Duce si è fermata una banda a tinta petacciana, messa nell’ombra da Buffarini e servita da De Cesare, segretario particolare del Duce, che ogni giorno acquista influenza e opera in modo sinistro”.
Se c’era del vero, c’era anche del falso. Ciano, ministro degli Esteri, esagerava. Forse intenzionalmente perché male informato: i Petacci non avevano bisogno di sussidi. E se Marcello, fratello di Claretta, sfruttava a fini di lucro la relazione della sorella con il dittatore, mai si macchiò di traffici illeciti. Solo favoritismi, incomparabili con le malversazioni e le ruberie di Tangentopoli, cinquant’anni dopo.
Claretta ne soffrì molto, come molto soffrì delle continue batoste militari delle “invincibili” armate fasciste sui fronti greco, russo-africano. Ne soffrì perché alla marziale retorica littoria ogni italiano doveva credere. Ma ne soffrì perché ne soffriva Ben, sempre più ombroso, ansioso, taciturno. La guerra che l’Asse avrebbe dovuto vincere, spezzando le reni alla Grecia, conquistare l’Unione Sovietica, sottomettere l’Africa nord occidentale, si annunciava lunga e dall’esito sempre più incerto. Mussolini si sforzava di ostentare ottimismo e fiducia, ma Claretta, con quel fiuto infallibile che non inganna, avvertiva che il suo uomo era in preda a foschi timori e laceranti dubbi. Dubbi e timori che nemmeno i formidabili eserciti nazisti avrebbero fugato.
Due domande la assillavano: come sarebbero andata a finire? Cosa sarebbe stato di lei e di Ben? Non trovando una risposta, si rivolse alle stelle. A quel Mustafà Omari, astrologo dei più esclusivi salotti capitolini.