Il Messaggero, 2 febbraio 2025
Biografia di Wu Zetian
«Poiché degli uomini si può dire questo, generalmente: sono ingrati, volubili, simulatori e dissimulatori, fuggitori dei pericoli, avidi di guadagno; mentre fai loro del bene sono tutti tuoi, ti offrono il sangue, la roba, i figli quando il bisogno è lontano; ma quando si avvicina, ti si rivoltano contro, e quel principe che si è fidato della loro parola, trovandosi impreparato, è destinato alla rovina». Così scriveva Niccolò Machiavelli nel suo capolavoro, Il Principe. L’uomo tende al male, agisce per interesse o pungolato dalla paura. Ed è impensabile, per i governanti, «essere buoni in mezzo a coloro che buoni non sono».Il Segretario fiorentino aveva compreso che la conquista e il mantenimento del potere richiedono una razionalità, un distacco assoluto. Il mondo è «guasto e rovesciato», gli esseri umani sono mossi da interessi egoistici. «Onde è necessario, volendosi uno principe mantenere, imparare a poter essere non buono e usarlo, e non usarlo, secondo la necessità». Perfetto vademecum, Il Principe è stato di esempio e monito per regnanti, signori, leader. Che, del resto, ne seguivano spesso le regole anche prima che fosse scritto. Si tratta di leggi sempiterne, con cui quasi tutti sono dovuti venire a patti.La Storia presenta vari esempi (persino ante litteram e in luoghi lontani) di allievi del Principe. Ma esistono anche le “discepole”. Poi ci sono quelli – e quelle – che sono andati oltre il dettame. Per esempio Wu Zetian, nata in Cina intorno al 624 d.C. Diverrà imperatrice consorte e poi “imperatore” di un paese in cui le donne non avevano voce. Prima e unica negli oltre tre millenni del Celeste Impero. Donna piena di contraddizioni, visionaria e feroce, intelligente e crudele, affascinante e spregiudicata. Tanto che, come è scritto nella rivista Storica, le sue azioni «paiono riferirsi a due persone diverse».Buddista convinta, fece costruire templi, monasteri, pagode, statue (fra cui quelle nelle grotte di Longmen). Amante della letteratura, scrisse poemi e supportò le arti. Finanziò un’istituzione che doveva scrivere biografie di donne famose. Però, a quanto pare, fece uccidere due dei propri figli e innumerevoli parenti. Foraggiò la corruzione a corte e istituì una rete di spionaggio interno. Al tempo stesso riuscì a espandere l’impero verso ovest, a rafforzare l’economia, a migliorare la mobilità sociale.Suo padre, Wu Shihuo, era un artigiano, forse un commerciante, che aveva fatto fortuna riuscendo a nobilitarsi; sua madre era una vera nobildonna legata alla famiglia imperiale. Non si sa quale fosse il suo vero nome, perché in Cina di rado si usava registrare i nomi delle figlie femmine. Bastava il patronimico; infatti lei sarà nota come Wu. Graziosa, entrò appena adolescente come “concubina di talento” (di basso rango) nell’harem dell’imperatore Tai Zong. Quando questi morì, nel 649, Wu fu costretta a ritirarsi in un monastero buddista. Riuscì però a uscirne, forse per intervento del nuovo sovrano Gao Zong (di cui si dice che fosse già l’amante), o dell’imperatrice consorte. Questa, infatti, voleva neutralizzare un’altra favorita. E così, a ventotto anni, Wu tornò come concubina del nuovo signore della Cina, cui diede diversi figli maschi. Il suo potere si consolidò immensamente. A un certo punto le nacque una femmina, che fu poi trovata morta per strangolamento. Wu gettò la responsabilità sull’imperatrice consorte (ma la colpevole potrebbe essere stata lei stessa). L’imperatore le prestò fede e ripudiò la moglie, nonostante le proteste dei ministri. E Wu Zeitan potè convolare a nozze con Gao Zong. Diventando a sua volta imperatrice consorte (Wu Hou). IIl marito dipendeva da lei, per cui le affidò numerosi compiti e le diede il sigillo imperiale. E nei suoi “dodici propositi”, la donna mostrò molta sapienza politica. Quando Gao Zong si ammalò, Wu ricevette ampie deleghe di governo. Potè arginare il ruolo dell’aristocrazia (che non la amava), e aprire gli esami per funzionari – i Mandarini – a tutti i meritevoli. Iniziò l’espansione verso la Corea del nord. Alla morte dello sposo, nel 683, il terzo figlio Zhong Zong salì al trono. Il primogenito era morto avvelenato, il secondo esiliato e poi assassinato. Wu Zetian, comunque, continuò a prendere tutte le decisioni: quando il figlio smise di obbedirle, fu cacciato a favore del quartogenito, Rui Zong. Questi lasciò che a gestire il potere fosse la pericolosa genitrice la quale nel 690, assunse direttamente il titolo ("huangdi”, equivalente a imperatore). E regnò come imperatore Shengshen. Seppe mantenere la pace all’interno, soffocando nel sangue le congiure. Regolò i conti con i nemici. Difese i confini della Cina dalle invasioni. Aiutò l’agricoltura e il commercio, promosse l’istruzione femminile. E per quindici anni ebbe un potere assoluto, tanto che fondò la propria dinastia, chiamata Zhou. A ottant’anni, però, si ammalò e dovette abdicare in favore di Zhong Zong. Morì nel 705 e fu seppellita nel mausoleo del marito. Sempre Machiavelli, molti secoli dopo, avrebbe detto che chi vuole conquistare il potere non deve avere pietà