Il Messaggero, 2 febbraio 2025
Biografia di Nino Frassica
«A Sanremo ci sarò stato sette-otto volte. Per fare sketch, promozione, programmi radio e anche per partecipare nel 1992 al primo Dopofestival di Pippo Baudo. Il palco dell’Ariston lo conosco, solo che stavolta dovrò scendere le scale. E non sarà la stessa cosa...». Nino Frassica, 74 anni, che assieme a Bianca Balti e Cristiano Malgioglio affiancherà Carlo Conti nella conduzione della seconda serata del Festival, quella di mercoledì 12 febbraio, ora simula un po’ d’ansia ma di sicuro è pronto a tutto.
Che farà? Interagirà con i suoi colleghi o solo con Conti?
«Decide tutto Carlo. Ci incontriamo il giorno prima e poi si vedrà. Di sicuro ci darà un copione, che io più di tanto non seguirò. Faccio sempre così, e di solito va bene».
L’insidia maggiore di quel palco qual è?
«Le scarpe. Se mi stanno un po’ strette, scivolo... E poi il pubblico in sala all’inizio è freddino. Se ridono loro, con quelli a casa è più facile».
Nel 2016, come ospite, con Tony Canto si esibì con il brano “A mare si gioca”, dedicato ai migranti: ci sarà un momento serio anche stavolta?
«No. Solo risate, tranne durante la presentazione istituzionale dei concorrenti. Lì non si scherza perché c’è la gara. Per il resto, vale tutto».
Di 29 cantanti in gara uno in meno dopo il ritiro di Emis Killa perché indagato per associazione a delinquere – quanti ne conosce?
«All’inizio almeno dieci non li avevo mai sentiti, poi mi sono documentato».
Il suo favorito chi è?
«A me piacciono Giorgia, Simone Cristicchi e Brunori Sas».
Lei ogni tanto si esibisce con due gruppi: Le Carogne e Los Plaggers, e nel 2023 travestito da Ciuchino ha preso parte al “Cantante mascherato” di Milly Carlucci: all’Ariston farà altrettanto?
«No, per carità. Ce ne sono abbastanza».
Le altre quattro serate di Sanremo con chi le vedrà? In passato ha detto che si è divertito a fare battutacce contro tutti assieme a Roberto D’Agostino.
«Mi piacerebbe moltissimo fare un gruppetto con Giancarlo Magalli. I suoi commenti sarebbero sicuramente feroci e divertenti».
È in carriera da più di quarant’anni: qual è il segreto per durare così a lungo?
«In generale, non lo so. Per me è stato fondamentale fare sempre seriamente cose poco serie, che poi sono quelle che mi piacciono di più».
E quando le cose non vanno?
«Non bisogna farne una tragedia. Non sono un pilota d’aereo, nessuno si fa male. A volte, visto che sono anche autore dei miei testi, una cosa del genere può anche essere utile: capisci che devi cambiare».
Il suo nutrimento principale qual è?
«Leggere di tutto, essere attenti a ogni novità, e affidarsi all’istinto: la risata è un mistero».
Per Sanremo il primo contatto con Conti quando c’è stato?
«Noi siamo amici, Quando fa i suoi spettacoli Carlo mi chiama quasi sempre. Ricordo bene quando l’anno scorso gli hanno offerto il Festival la prima volta: ha subito detto un “no” enorme. Poi, dopo che gli hanno fatto cambiare idea – cosa che mi ha molto meravigliato – mi ha chiamato subito».
Lei ha grande successo da anni: cosa le è andato storto?
«Tranne il cinema, sono contento di tutto, anche dei libri che ho scritto. Mi regalano uno spazio di grande libertà (l’ultimo è dell’anno scorso, Piero di essere Piero, Mondadori, ndr), lì dentro ci metto quello che voglio senza mediare con nessuno. In tv, a parte Don Matteo, ora lavoro con Fabio Fazio, che fa il programma più intelligente d’Italia, e in passato ero con quel genio di Renzo Arbore».
A lui deve tutto?
«Certo. Senza Renzo non sarei qui. Lo ringrazierò per tutta la vita».
Pensate sempre a un nuovo programma da fare insieme?
«Ultimamente, no».
Il cinema d’autore italiano perché l’ha snobbata? Troppa tv?
«Perché ho un’immagine da cazzaro e nessuno va oltre quella. Eppure ricordo la lezione di Tomas Milian: con la barba faceva Monnezza, senza girava con Michelangelo Antonioni. Comunque fra poco uscirà un film che mi vedrà senza un pelo in faccia in un ruolo drammatico. Vediamo quello che succede. In fondo fare cose molto diverse ha portato bene a tanti attori. Penso a Leo Gullotta: signora Leonida al Bagaglino e splendido attore con Giuseppe Tornatore».
Anche lei farà il regista?
«Non ne sarei capace. È un lavoro troppo faticoso».
Adesso le piacerebbe essere diretto da chi?
«Da quelli che fanno bene la commedia: Carlo Verdone, Paolo Virzì... Il mio problema è che sono un po’ prezzemolino: mi piace troppo lavorare e non so dire di no. Questo non piace, oltre a non lasciarmi tanto tempo».
C’è qualche no che ha detto di cui si è pentito?
«Boris. Non avevo capito quanto fosse intelligente e geniale quella serie. Errore madornale. E poi mi dispiace che la Carrà si sia molto offesa quando mi offrì di entrare nel cast di Buonasera Raffaella e io rifiutai. Non mi piace viaggiare e quello era uno show itinerante. Di quella scelta, però, non sono pentito. Lei, invece, la prese male».
E lei come ci rimase quando nel 2012 Woody Allen, dopo averla fatta recitare nel suo “To Rome With Love”, tagliò tutte le scene dove c’era lei?
«Malissimo. Pensi che sto facendo una ricerca per vedere se, pagando anche tanto, riesco ad avere le parti che ho girato io. Non le ho mai viste. E con Woody ho soltanto una foto scattata insieme sul set romano».
Comunque il film non era un granché, alla fine.
«Molti l’hanno criticato, noi italiani siamo sempre pronti a farlo, ma a me non è dispiaciuto, e poi la parte con Roberto Benigni e Antonio Albanese era davvero bella. Quel piccolo ruolo non mi avrebbe cambiato la carriera, ovvio, ma ero contento di far parte di un progetto del grande Woody Allen. Gli ultimi film non sono straordinari come i primi, ma è pur sempre uno che ha fatto capolavori indiscutibili».
Lei di cosa va più fiero?
«Indietro tutta è la cosa migliore che ho fatto. Per sessantacinque serate ho fatto la mia parte di coprotagonista con Renzo senza mai avere il copione. Tutto fatto, più o meno, all’impronta».
Lo sfizio da togliersi?
«Una sitcom d’improvvisazione, ma non trovo un produttore disposto a realizzarla».
Fra poco, però, andrà in onda su Rai1 con “Festivallo”, una sorta di Nino Frassica Show, giusto?
«Sì, ad aprile farò una specie di gara con canzoni e tanti ospiti. Diciamo che c’è Sanremo di mezzo, ovviamente, e non posso dire altro perché la Rai vuole che sia tutto a sorpresa. Sarà in diretta o al massimo differita di un’ora».
Per il lavoro che fa, e il modo in cui lo fa, è mai stato equivocato?
«Sì. Nel 2010 Sofia Coppola mi scritturò per il suo Somewhere (quell’anno Leone d’oro a Venezia, ndr) perché da ragazzina aveva visto in Italia Indietro tutta. Voleva un presentatore pacchiano come quello che mettevo in scena io, ma non aveva capito che la mia era una presa in giro. Pensava che fosse tutto reale...».
Lo stesso anno girò anche “The Tourist” con Johnny Depp e Angelina Jolie: è vero che a volerla fu la mamma del regista, il tedesco Florian Henckel von Donnersmarck?
«Sì. In Germania vedono Don Matteo e la mamma era pazza di me. Così per la scena in cui Depp butta un carabiniere in acqua, a Venezia, lei disse al figlio di chiamare me».
E in acqua ci finì lei o la controfigura?
«La controfigura. Faceva freddo».
Da ragazzino il sogno più ricorrente qual era?
«Io ero affascinato da Roma. Volevo vivere qui. E poi fare l’attore. Mi è andata bene».
Dopo la scomparsa del suo gatto Hiro, gli appelli, la ricompensa di 10 mila euro per il ritrovamento, le polemiche e le denunce, il comune di Spoleto le chiavi della città gliele ha date?
«Mi scusi, ma a questa domanda non posso rispondere».
Senta, qual è la magagna di un simpatico di successo come lei?
«La pigrizia. E, come dicevo, non mi piace viaggiare. A Milano da Fazio vado volentieri, ma che fatica...».