Il Messaggero, 2 febbraio 2025
Roma, la battaglia contro le scatolette delle chiavi
C’è chi le ha rimosse da solo perché ha capito di aver goduto finora di un ampio margine di tolleranza (sì, le keybox sono sempre state vietate perché deturpano gli arredi urbani), e poi c’è chi ritiene che le regole siano un’imposizione arbitraria e se un amministratore pubblico le fa rispettare si merita un colpo di pistola. È una storia di sovversione social, questa. L’ennesimo sfogo privatistico condito da minacce violente di cui sarà costretta a occuparsi la polizia postale. Una storia dove c’entrano le keybox, cioè quei lucchetti con la combinazione numerica che contengono le chiavi per accedere a un alloggio turistico in modo autonomo, senza fare un check in nella struttura in presenza dell’host, della persona che affitta la casa. Sono comparsi come funghi negli ultimi anni: sui muri dei condomini, sotto i citofoni, abbarbicati alle ringhiere dei giardini o degli ingressi dei palazzi, attorno ai pali dei segnali stradali o dei lampioni, incollati sopra gli arredi urbani, dalle cabine elettriche ai tubi. Una storia dove succede che ci si può svegliare, aprire la pagina di TikTok dell’assessore al Turismo Alessandro Onorato e scrivergli firmandosi “pescio20” che «Io la keybox ce l’ho sempre avuta e se l’amministrazione comunale intende rimuoverla sarà il caso di spolverare la beretta». Il messaggio è questo in buona sostanza, al netto delle sgrammaticature e del piglio aggressivo con cui si argomenta che la scatolina occorre anche al figlio di “pescio20” e quindi se ne deduce sia un buon motivo per tenerla in bella vista sul muro e per rivolgersi all’assessore gridando all’ingiustizia: «Ma chi vi dà il diritto di toglierle vicino ai muri privati?». Anche sovrintendente, oltre che manutentore di Beretta, “pescio20”. Nella formulazione della domanda si scorgono gli anni in cui la scatoletta, e il lucchetto, hanno potuto vivere una stagione di moda e sfoggio, sia che fosse la promessa d’amore plateale sigillata sui ponti romani, sia che si improvvisasse concierge di plastica sul tubo del gas. E allora, quando Onorato l’altro giorno, in concomitanza con una giornata dedicata al tema del turismo nell’anno giubilare organizzata da Federalberghi, ha deciso di dare un segnale sul fronte del decoro andando personalmente coi vigili a eliminare con le cesoie i lucchetti è stato raggiunto dai commenti degli affittacamere che non devono far altro che sostituirle con altri mezzi e ingegnarsi per consentire un check in che sia in linea con la circolare del Viminale che chiede di privilegiare ingressi accertati di persona, de visu, per una questione di sicurezza. Ed è qui che il settore extra alberghiero ha iniziato a levare gli scudi e a protestare. Mentre il popolo delle keybox si è diviso in due: chi ha fatto lo gnorri e ha invaso i social con i soliti strepiti scrivendo che era ingiusto multare proprietari e condomini, e chi ha capito che lo stratagemma aveva davvero fatto il suo tempo e quindi è andato al comando dei vigili urbani ha pagato la sanzione di 400 euro e ha poi recuperato la scatoletta falciata dagli agenti. Sono un centinaio le segnalazioni di lucchetti posizionati in zone di pregio. Sono stati tutti rimossi. Al punto che diverse key box stanno scomparendo senza l’intervento dei vigili. Per gli edifici privati all’interno delle Mura Aureliane serve infatti l’ok della Sovrintendenza Capitolina per apporre una scatoletta all’esterno di un palazzo. Se poi si è in zona Unesco serve anche il via libera della Soprintendenza Statale, e nessuno dei due enti non ha mai approvato nulla. Intanto però Onorato ha dovuto leggersi le lamentele in serie e pure il commento anonimo che dice che è il caso di «spolverare la beretta». «Nessuna intimidazione fermerà le azioni di decoro, sicurezza e di contrasto all’illegalità che questa giunta sta portando avanti», ha scritto il sindaco di Roma Roberto Gualtieri esprimendo solidarietà al suo delegato. Al suo fianco si sono schierati anche i volontari di Retake, l’associazione che da quindici anni ripulisce muri e arredi urbani di Roma. «Le minacce sono di una gravità assoluta e costituiscono un ulteriore e inconfutabile segnale del clima di tensione e, purtroppo, di violenza», afferma Cristiano Tancredi di Retake. Quindi aggiunge: «Esprimiamo pieno sostegno nei confronti dell’iniziativa di lotta alle keybox riconoscendo l’importanza di preservare il turismo quale». Chi per lavoro si occupa di turismo lo sapeva già che la key box non era proprio un bel biglietto da visita. Chi si è affacciato da poco nel settore invece, continua a gridare il diritto all’improvvisazione.
«Vado avanti e di questo se ne occuperà la polizia postale», taglia corto l’assessore Onorato bersagliato dai commenti social di molti romani contrari all’iniziativa di ripulitura degli arredi urbani affollati da grappoli di scatolette contenenti chiavi.
Che pensa di un commento di quel tenore?
«Penso che veniamo da anni e anni in cui l’amministrazione comunale non ha mai messo l’occhio su questi problemi. E alcuni gestori di case vacanze reputano normale non rispettare le regole».
Parliamo di affitti brevi e decoro urbano
«Sì e ribadisco per l’ennesima volta che noi abbiamo sacro rispetto per chi fa impresa a tutti i livelli: se gli imprenditori fatturano, ne giova tutta la città».
Il decoro non contrasta con le attività imprenditoriali?
«Certo che no, anzi. Che i regolamenti comunali siano rispettati è interesse di tutti: sia di chi offre un servizio e sia dei turisti».
Com’è la situazione keybox?
«Una giungla. Disseminate in posti assurdi in barba a regole e buon senso. La fotografia di anarchia e prepotenza. Attaccate di fronte al Senato, al ministero della Giustizia, su muri che raccontano la nostra storia, su pali del gas e della luce, sui cartelli stradali e sulle finestre di altri cittadini. Una follia».
Sono aumentate?
«Pensi che ci sono oltre 34mila strutture extra alberghiere, erano la metà due anni fa. Almeno tremila strutture utilizzano questo strumento indecoroso e obsoleto».
Quali sono i rischi?
«È un fenomeno non regolato che danneggerà tutti quelli che hanno investito in questo settore con grandi professionalità ed efficienza».
Come giustificano il lucchetto?
«C’è chi addirittura lo utilizza per lasciare le chiavi a mio figlio, mi hanno scritto. E mentre leggevo ho pensato: e cosa fai le attacchi su un monumento la scatola con le chiavi per tuo figlio?»
Il messaggio che sono fuori luogo è passato?
«Sì, spariranno. Dopo la mattinata passata coi vigili le persone le stanno rimuovendo in modo autonomo e molti si sono autodenunciati per riprendere le chiavi sequestrate».
Cosa risponde a chi dice "Non sono questi i problemi"?
«Attaccare una keybox su un palo della luce o del gas, su un cartello stradale, su una ringhiera di un giardino pubblico o su un muro di una palazzo tutelato è inaccettabile oltre che una violazione del regolamento di Polizia urbana. Dire a un turista di arrampicarsi su un palo o fare una caccia al tesoro per prendere la chiave di una stanza affittata è un turismo dozzinale che Roma non merita. È dovere dell’assessore al turismo occuparsene».
Quali sono i posti più strani o pregevoli dove le avete tolte?
«Proprio venerdì abbiamo rimosso due lucchetti davanti al Senato. E tre davanti il Ministero di Grazia e Giustizia. Con la Polizia locale, che ringrazio, abbiamo un lungo dossier: ne troviamo ovunque, anche sui tubi dell’acqua o del gas. Sopra cartelli stradali, dietro i secchioni della spazzatura, tra le piante. E non sono solo nel Sito Unesco, anche in quartieri meno centrali come San Lorenzo, San Giovanni e l’Eur».