Il Messaggero, 2 febbraio 2025
Tajani nomina un cappellano per la Farnesina
Don Malizia ti confessa. Alla Farnesina. Da due mesi al ministero degli Esteri hanno liberato una stanza al primo piano. Un ufficetto sobrio, come si conviene al suo nuovo inquilino. Un cappellano. Anzi, il cappellano ufficiale del ministero. Lo ha nominato Antonio Tajani in persona, a fine novembre. “Consigliere ecclesiastico del ministro degli Esteri” recita l’atto di incarico (a titolo gratuito) che ha dato il via alla “rivoluzione”. Ma anche a un piccolo grande pandemonio. La Cgil, il sindacato “rosso”, vuole don Marco Malizia fuori dai laici corridoi della Farnesina, il tempio in marmo delle feluche italiane. Sacrilegio. Ha scritto un volantino di fuoco e lo ha lasciato sulla scrivania del ministro. Chiedendo di mettere gentilmente alla porta «il cappellano magico». Scrivono proprio così. Insomma il sindacato contro il colletto bianco al ministero. Non siamo al remake di Don Camillo e Peppone eppure c’è qualcosa di profondamente cinematografico in questa storia rimasta finora al riparo dai riflettori. Attenzione, per il credente Tajani la vicenda è serissima. È il primo cappellano di un ministero italiano. Glielo aveva annunciato con un certo orgoglio al presidente della Cei, il cardinale Matteo Maria Zuppi, incontrandolo alla Farnesina il 10 dicembre. E la notizia, si capisce, deve aver fatto piacere alla guida dei vescovi italiani. Don Malizia è un cappellano militare, canonico della basilica del Pantheon. Persona stimata, soprattutto nel centrodestra. L’incarico poi è di tutto rispetto. Don Malizia si occuperà anche di cristiani perseguitati, un vero pallino per Tajani che molto si è speso per la causa. Nella mail atterrata nella casella intranet dei diplomatici due settimane fa, tra la sorpresa generale, il ministero spiega: «La missione al Ministero di Mons. Malizia è favorire la promozione dei valori di solidarietà, rispetto e dialogo, attraverso l’ascolto e il conforto per tutti i dipendenti, a prescindere dal proprio credo». Ecco, da ora chi vuole trovare conforto o consiglio, cattolico o no, sa dove recarsi. In una stanza al primo piano, postazione d’onore, a pochi metri dall’ufficio del ministro. Eppure non tutti apprezzano la svolta spirituale alla Farnesina. E qui si torna a quel volantino di fuoco della Cgil. Dai toni volutamente surreali. I sindacalisti prima ricordano di aver chiesto nuove risorse per i dipendenti poi vanno giù dritti, peggio di Peppone appunto che, in fondo, con don Camillo, si divertiva pure: «Leggiamo con un certo stupore uno strillo Intranet che annuncia che il ministero, forse fraintendendo la nostra richiesta, si è ora dotato di un cappellano che, assicurano le Alte sfere dell’amministrazione, sarà pronto a prestare il suo orecchio benevolo e il suo cuore alle animelle smarrite che si aggirano per i corridoi della Farnesina». Segue una formidabile escalation retorica. «Attendiamo con ansia la nomina di aruspici e àuguri così da poter continuare il nostro viaggio nel 21esimo secolo con fiducia inalterata nelle “meravigliose sorti e progressive” del genere umano». Tajani si è fatto una risata. Però a tornare sui suoi passi non ci pensa neanche. Don Malizia resta. Ha già celebrato la messa di Natale, sarà a disposizione per le grandi feste di precetto. Consigliere per le cose ecclesiastiche. Tajani, come non manca di ricordare ai suoi, è il ministro che ogni anno si siede al tavolo con la Santa Sede per “rinnovare” i Patti lateranensi. E se necessario, piaccia o no alla Cgil, don Malizia potrà anche accogliere le confessioni delle feluche romane o di passaggio dal mondo. Contro questo colletto bianco il sindacato rosso potrà fare ben poco. Anche con Guareschi, del resto, la spunta quasi sempre don Camillo.