la Repubblica, 2 febbraio 2025
Il parco fotovoltaico che minaccia Aquileia
Cesare è stato qui, a difendere il confine dai barbari Elvezi (lo ha poi raccontato nel suo bestseller, De bello gallico ). Ma anche oggi c’è da pugnare, per difendere Aquileia da un parco fotovoltaico gigante, in una battaglia «che noi combatteremo», dice fieramente il sindaco Emanuele Zorino. Al suo fianco, la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia. La Fondazione Aquileia. La Regione, due ministri.E il popolo, che pure un tempo avrebbe preso a mazzate l’antichità in cui si inciampa ovunque, in questo sito Unesco fin dal 1998. «Siamo solo 3.223 abitanti, ma oggi sappiamo di essere custodi di un tesoro per conto terzi: l’umanità», dice Zorino. Non capita infatti a tanti (a parte i romani di Roma) di vivere dentro una città del 181 a. C., tra foro, mura, terme e mosaici (800, il primo è quello meraviglioso della Basilica, da 750 metri quadri). Più, molte tonnellate di resti sparsi, colonne in piedi o spezzate, capitelli, piramidi altissime di urne cinerarie. Patrimonio dell’Umanità, con un’area “core” di 155 ettari, poi allargata nel 2018 con una fascia di protezione di altri 245.E di recente, ecco il progetto del Parco archeologico, con l’espansione della zona vincolata che arriverà a 391 ettari. Questo perché Aquileia è ancora molto da scoprire. Sotto, ci sono cose troppo interessanti per la Storia, perciò in città c’è il divieto assoluto di edificabilità, e fuori è molto difficile. Nei campi, si può arare al massimo per 75 centimetri, ma in certe aree solo per quaranta, data la possibilità di incappare in qualche reperto.Poi è «arrivato il fulmine a ciel sereno», dice il presidente della Fondazione Aquileia, Roberto Corciulo, quando la Renantis Italia ha presentato in Comune il suo progetto, «che è a tutti gli effetti un impianto industriale», e che impianto. Cristiano Tiussi, direttore della Fondazione e archeologo: «La superficie complessiva è 210 mila metri quadri. Un’area pari a 30 volte il campo di gioco di San Siro». E un cavidotto interrato di quasi 6 chilometri (anche attraverso il centro abitato).Dovrebbe quindi sorgere proprio a ridosso della zona cuscinetto, e soprattutto sopra la grande strada romana che da Aquileia arrivava a Tergeste (Trieste). Tiussi: «Ai suoi lati sorgevano i recinti funerari delle famiglie importanti, in parte individuati nell’Ottocento», durante i primi scavi. Mai dissepolti, “ma sono proprio qui sotto”. Tombe, quindi. «Monumenti funebri!», infatti qui vicino venne scoperto il Grande Mausoleo di Candia (il signor Candia era un magistrato), poi ricostruito in centro nel 1956. Un sepolcro con colonne e statua del morto (senza testa, però), e due leoni arrabbiati alla base. Tutto compreso, 17 metri di altezza.Bisogna anche dire che, fin dalla nascita, la Fondazione Aquileia acquista terreni, con soldi che arrivano dalla Regione, per «blindare» i confini dell’area protetta. Altre aree le ha in uso, e ci fa ricerca, conservazione e restauro, e così favorisce lo sviluppo del turismo culturale (che «è il futuro dei nostri figli», aggiunge il sindaco). Quindi, gestisce vari appezzamenti, come la stalla Violin, il sepolcreto, la Südhalle dell’Arcidiocesi di Gorizia. Il fondo Cassis con la Casa dei putti danzanti, il fondo ex Moro con la Casa delle bestie ferite, e molti altri. E il Museo archeologico nazionale, quello Paleocristiano. Non i terreni dove è progettato il parco fotovoltaico, in mano a privati pronti ad affittarli per 50 anni a Renantis.«Sarà come avere un capannone alto 8 metri, qui davanti», dice Monica Macor, che con il marito Dario porta avanti la Cantina Puntin (5 ettari, tutto biologico, e basta grattare la terra che vengono fuori cocci di anfore, manici, pezzi di marmo, forse qualche magica corniola). «Noi coltiviamo come i nostri bisnonni, senza chimica. E adesso ci arriva questo mostro in faccia. Non vedremo neanche più le montagne…». E il Carso, perché questo è sacro suolo non solo in quanto necropoli romana («una gigantesca città dei morti», dice Tiussi), ma pure prima retrovia del fronte, durante la Grande Guerra. Sede del primo cimitero, qui Maria Bergamas, una donna di Gradisca d’Isonzo che aveva perso il figlio in battaglia, scelse tra 11 bare di soldati sconosciuti quella che diventò il Milite ignoto. Da Aquileia partì il grandioso convoglio ferroviario diretto all’Altare della Patria. E basta girare dietro la Basilica patriarcale, per vedere le tombe degli altri dieci, qui sepolti, come pure la Bergamas.E allora, perché disturbare un posto unico al mondo con il mega impianto? «Rovinerebbe pure il paesaggio…», dice Andrea Bellavite, direttore della Basilica. Il bel paesaggio della bonifica antica, e nel bel mezzo un capanòn da 210mila metri quadri, quando in tutto il Nordest si cerca di eliminarli, già simboli di una ricchezza aggressiva, ma così antiquati, e spesso vuoti.È il contrasto tra due leggi, quella per l’attuazione del Green Deal (e la corsa agli impianti per energia rinnovabile) e quella della tutela dei beni culturali. Il ministro Giuli ha già detto no al progetto Renantis, sollecitato dal collega dei Rapporti con il Parlamento (Luca Ciriani, friulano). Quello dell’Ambiente sta valutando l’impatto, e tanto per non perdere tempo, la soprintendente Valentina Minosi ha proposto opposizione direttamente alla presidenza del Consiglio dei ministri. Deciderà quindi la Meloni, sul futuro della piccola Roma.