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 2025  gennaio 31 Venerdì calendario

Intervista a Valentino Rossi


«Latte e i biscotti per Giulietta alle 7.50. Adesso che è arrivata Gabriella è un po’ gelosa, vuole che sia Francesca a portarla all’asilo. Tento di convincerla, dai, vieni con me. Macché. Non è che mi dispiaccia perché così posso tornare un po’ a letto, visto che le notti con una neonata sono un bel circo. Poi ufficio, allenamento. Sera: a casa, a cena con gli amici».
Le rughe sono segni leggeri sul viso. Valentino conserva le espressioni del ragazzo che è stato anche se gli anni saranno 46 —il suo numero magico – il 16 febbraio. È magro, tonico, pronto. A correre la prima gara del campionato GT in Australia, a sorridere mentre racconta la sua vita da compagno, padre, pilota. Gesti come lampi di una avventura sua e nostra. L’ironia che mimetizza una antica riservatezza; i modi freschi sempre. Vale. Eccolo qui.
«Pensavo fosse più difficile fare il papà».
Conferma anche dopo l’arrivo di Gabriella?
«Beh, con due figlie diventa più complicato. All’inizio è semplice perché i neonati, a parte non dormire la notte, non è che pretendano chissà che. Tocca fare il rodaggio. Avevo cucinato gli spaghetti per Giulietta, li avevo lasciati così, lunghi. È arrivata Francesca: ma no, li devi tagliare, altrimenti come fa?».
Guerre, sofferenze, intolleranze. Il mondo che accoglierà le sue figlie la preoccupa?
«Sembra di essere regrediti. Un ritorno alla forza, alla violenza, come se il bene comune non fosse più un tema fondamentale. Ciascuno sta dietro ai propri interessi e chi può fa la voce grossa. Se l’andazzo è questo, diventa difficile essere ottimisti pensando a chi si trova ai margini, alla condizione delle donne. Immaginavo un futuro migliore».
Prima le gare e poi il resto. È ancora così?
«Quando vado a correre cerco e trovo la stessa concentrazione. Sento la mancanza della famiglia, ma so di avere bisogno anche di quella felicità lì. Si tratta di migliorare, di essere competitivo con le auto. Che sono molto più sicure delle moto. Prima del via, in MotoGp, sei tesissimo, hai a che fare con la paura. Un’adrenalina incomparabile. E poi i piloti di auto sono quasi sempre ricchi che pagano per correre mentre i piloti di moto sono degli scappati di casa che magari diventano ricchi correndo».
Motomondiale per 26 anni. Miracolato?
«La mattina mi sveglio, mi accorgo di essere tutto di un pezzo, sano e salvo, e sono contento. Il merito va alla fortuna, ma anche all’attenzione che metti per preservare il tuo corpo, per ragionare. Ricordo un sacco di attimi precisi, un sorpasso preparato e riuscito, l’intenzione di una mossa senza sapere se ne verrai fuori, l’istante che innesca un incidente».
Paura vera. Quando è accaduto?
«In Austria, 2020, la moto di Morbidelli che vola, passa sopra il mio casco come un enorme proiettile impazzito. È stato il momento più pericoloso della mia carriera. Un incidente che ha accelerato la decisone di smettere con le moto perché era fuori dal mio controllo. Poi, quando mi sono rotto la gamba al Mugello nel 2010. Mai provato un dolore così, l’osso fuori dalla pelle, la sensazione che una parte del tuo corpo è staccata dal resto».
Marco Simoncelli. Quando ricompare, quali sentimenti prova?
«Cavolo, è appena passato il suo compleanno, 20 gennaio. Eh, molti pensieri che il tempo addolcisce. Mi dico: che peccato non stare vicini, vedere cosa avrebbe combinato il Sic da amico e da avversario, generoso come era. È un rimpianto che resta».
Valencia, 2006. Test con la Ferrari F1 al fianco di Schumacher. Cosa conserva di quell’incontro?
«Di Schumi ho un bellissimo ricordo. Era noto che anni prima avevo scommesso su Jacques Villeneuve, dunque contro di lui. Così, quando ci siamo trovati nel box ero un po’ in paranoia. Adesso mi guarda e pensa, eccolo qui il coglione... Invece gentilissimo, mi ha dato un sacco di consigli. Un gran figo».
Due giorni con Hamilton, lui sulla sua Yamaha, lei sulla sua Mercedes...
«Bello. Cena e confidenze. Il giorno dopo, arrivai in ritardo. Mi stavo cambiando, entrò nel motorhome ed era Hamilton vestito da Hamilton. Indicava l’orologio: i soliti italiani, cappuccino, brioche... Mi rimproverava. Sorrideva. Non del tutto però».
Ma lei, Hamilton l’avrebbe preso in Ferrari?
«Certo, è una cosa bellissima. Vederlo lì, con la tuta rossa, emoziona anche me. Voglio proprio capire come se la cava. E come se la cava Leclerc».
A proposito di matrimoni. La frase è di Francesca: «Se capita di sposarci, bene, altrimenti ci amiamo lo stesso». Dopo due figlie avete cambiato idea?
«Fare dei bambini, per una coppia, è un passo più importante del matrimonio. Però, al punto in cui siamo, ci può stare anche sposarci. Al matrimonio di un amico, i figli già grandicelli hanno portato gli anelli all’altare. Bellissimo. Così mi piacerebbe. Lo dico per prendere tempo: ora che Gabriella possa fare una cosa del genere passa un bel po’».
Papà Graziano. Errori da non ripetere e insegnamenti da conservare.
«Il mio è un babbo molto particolare ma ho solo buoni ricordi. Mi ha insegnato come approcciare la vita, lo sport, mi ha fatto ridere, mi è sempre piaciuto».
Stefania è stata una madre attentissima. È anche una brava nonna?
«Mi ha cresciuto, è un punto di riferimento, siamo vicini di casa. Quando la Franci era incinta le dissi, scherzando: appena nasce la bambina te la diamo per due o tre anni e poi la veniamo a riprendere. Ma lei ha le sue cose da fare e ho capito il grande potere che hanno le nonne. Formano la lobby delle nonne. Potentissima per chi ha figli piccoli».
Vive circondato da donne. Mai pensato ad una Academy al femminile?
«L’argomento è delicato, cerco di spiegarmi. Vorrei che le mie figlie praticassero lo sport perché i valori dello sport aiutano a crescere. Però penso che abbiano senso le competizioni femminili. Come nel tennis o nel volley. Nei motori ad alto livello questa separazione non esiste».
Tre consigli per Bagnaia che si appresta a correre con Marquez al fianco.
«Ci sono giorni in cui devi vincere e giorni in cui devi portare a casa punti. Non l’ha mai fatto, altrimenti avrebbe vinto anche il terzo Mondiale. Non cadere nelle trappole, nei giochi mentali, non farsi condizionare dal compagno di squadra. Nei duelli divertirsi e tentare l’impossibile».
Rossi e Biaggi: due avversari irriducibili, due uomini in pace...
«Correre contro comporta un odio sportivo fortissimo. Ma quando si smette, resta il rispetto per chi ha diviso con te emozioni e tensioni. Con Stoner, lo stesso. Quando rivedo Gibernau o Lorenzo, provo gusto. Avversari che non sono mai andati oltre un certo limite di aggressività».
Incontri con uomini straordinari. Quali?
«Ho conosciuto Brad Pitt, Tom Cruise, a differenza di Christian Bale o DiCaprio che ammiro. Ho incontrato i miei miti sportivi, Michael Jordan, Ronaldo, Jeremy McGrath, Kevin Schwantz, Maradona. Ma sono stati Vasco, Cesare Cremonini e Jovanotti a darmi qualcosa in più. Con gli sportivi parli la stessa lingua mentre un artista pone un punto di vista diverso, quindi molto interessante».
Ha partecipato al GialappaShow. Sino a che punto la attira il mondo dello spettacolo?
«Desideravo da tempo fare qualcosa con la Gialappa’s, è stata una bella esperienza. Ricevo molte proposte ma non sono interessato a fare cose del genere per davvero. Una volta ogni tanto basta».
Anche perché VR46 è una azienda, una cosa seria...
«Vero. Divisa in tre settori dedicati all’abbigliamento, gestito da Albi Tebaldi, al team di MotoGp, con a capo Uccio Salucci, all’Academy curata da Carlo Casabianca. Circa 90 dipendenti. Beh, stiamo cominciando ad avere una storia. Poi ci sono il ranch e il fan club “Tribe” per dare dei vantaggi ai nostri tifosi. Tanta roba e tante beghe».
In ritardo con Hamilton
Ha fatto bene la Ferrari a prendere Hamilton: una volta sono arrivato in ritardo, indicava l’orologio, i soliti italiani cappuccino e brioche, sorrideva ma non tanto
Anni fa i suoi amici Albi e Uccio chiesero: «Vale, quando finirà questo divertimento?». Risposta: «Mai».
«È questo l’obiettivo. Stare e fare insieme a chi vuoi bene. Bello. Le confesso una cosa: tra il 2007 e il 2008 la mia vita è cambiata, ho capito cosa desideravo veramente: stare qui, nei miei posti, con la mia gente. Il problema con il fisco mi ha permesso di comprendere che ero pronto per essere me stesso. Fu un disastro ma anche una fortuna. Dunque, penso si possa continuare a condividere progetti e sogni. Lavorare divertendosi è un vero privilegio».