la Repubblica, 31 gennaio 2025
Intervista a Sofia Goggia
Sofia Goggia, come se li immagina i Mondiali di Saalbach che cominciano martedì prossimo?«Semplice, non li ho mai immaginati. Perché ho sempre ragionato di giorno in giorno, dopo che ad agosto avevo pensato che la carriera fosse finita e non riuscivo a sciare con la piastra (la placca con sette viti applicata per la frattura scomposta della tibia, ndr ).Quindi il modo in cui approccio i Mondiali è lo stesso di ogni giornata di questa stagione: serena, conscia delle mie possibilità, tranquilla».Si porterà qualcosa in valigia?«Non sono tipa da gadget, portafortuna, mi porto l’essenziale.Anche un quaderno in cui ricordare le mie cose. Non è un diario, ci scrivo appunti quando chiamo la mia psicoterapeuta, oppure sono presa dall’ispirazione e butto giù due righe. Sono pensieri a cui ho dato forma con la costruzione di una frase che suona bene. Trovo sempre la carta più affascinante dello schermo dello smartphone».Per festeggiare il ritorno alla vittoria ha ballato il samba a Beaver Creek: lo sta preparando anche per Saalbach?«Magari prima della gara immagino cosa potrei fare, però non programmo mai quali saranno le mie reazioni. Perché altrimenti non sarebbero reazioni. Ero così felice quel giorno, e ho ballato così male, con gli scarponi, in contropendenza nell’area di arrivo, ma quando la felicità è espressa autenticamente ti arriva sempre.Mi sono ispirata al ballo di Lucas Pinheiro Braathen, che ora gareggia per il Brasile ed è un rivoluzionario, sta cambiando lo sci maschile».Alberto Tomba si lamentava, come se il suo essere controcorrente desse fastidio.«Considerato arrogante perché era fuori dai canoni di serietà imposti dagli austriaci. Ma adesso nello sci ognuno esprime sé stesso liberamente, senza sentirsi costretto a vivere secondo regole di un mondo che non esiste più».Lei quali emozionisente di portare?«Non vedo una distinzione tra la persona e il personaggio. Prima devi ottenere i risultati, poi se riesci a esprimere te stessa nella tua autenticità allora diventi personaggio. Da giovane ero ancora più dirompente di adesso: nel 2014 a un allenatore dissi “mi sento la discesista più forte al mondo”. Poi mi infortunai, e lui disse che ero “un po’ arrogante”.Ma io sentivo qualcosa che alla fine si sarebbe concretizzato: un oro olimpico, quattro coppe del mondo. Quando ci sono riuscita ho potuto esprimere me stessa, la mia visione. Ma se non si ottengono risultati, si è solo dei pagliacci».Quel centesimo di secondo che ha diviso lei da Federica Brignone nella discesa di Garmisch è simbolico? Tipo due forze che si respingono e si completano?«Premettoche quel giorno ho sbagliato, sono stata troppo stretta nella curva che immette nella parte iniziale del piano, quindi non sono riuscita a uscire veloce. Altro che un centesimo, in quel punto ho perso decimi, poi ho avuto il problema alla spalla dislocata nella parte finale. Io e Federica non siamo lo yin e lo yang dello sci, due forze in contrapposizione che lottano per prevalere l’una sull’altra. Anzi, due forze così importanti, se unite, amplificano ancora di più i loro risultati. Ma agli italiani piacciono tre cose: il campione che porta a casa le medaglie, il team forte, e un antagonismo tra protagonisti. E questo crea una divisione tra fazioni: guelfi e ghibellini, anche nello sport, anche nello sci. Ci sono i pro Goggia e i pro Brignone».Compagnoni-Kostner, Di Centa-Belmondo, gli esempi non mancano nel passato.«Oppure Daniela Zini e Ninna Quario (madre di Federica Brignone, ndr ),il dualismo della Valanga Rosa».A proposito di famiglia Brignone, se suo fratelloTommaso fosse un ex bravissimo sciatore e allenatore di rango lo vorrebbe accanto a sé come Federica con Davide?«Tommaso è un ingegnere che lavora per Brembo, ha un lavoro normalissimo, se ne sta a casa con mia nipote di un anno. No, io sono più tranquilla sapendo che la mia famiglia è a casa. Non vorrei Tommaso, anche se fosse un tecnico, è difficile capire se porti con te una persona competente nel lavoro, oppure un pezzo della tua famiglia, il confine è molto labile.Diciamo che sul pianeta Terra non ho nemmeno sfiorato la possibilità di scegliere una soluzione del genere, però vivere in camera con mio fratello proprio no».Ormai viene date per scontato che Goggia e Brignone possano vincere quasi tutte le gare, e che Sinner vinca tutti gli Slam.«Lo so, però questo crea un’aspettativa tale che se arrivi seconda, terza o quarta la gente pensa che siano gare andate male.Fa parte di una cultura italiana sportiva un po’ retrograda, da bar sport».Preoccupata per Saalbach?«Ho una serenità tale che se arrivassi quarta resterei tranquilla. Ma magari c’è qualcun altro che si fa schiacciare un po’ dalle aspettative. In Italia siamo bravi a mettere qualcuno sul piedistallo e a farlo cadere, se qualcosa va male si incolpa, si giudica, guarda come è stato massacrato Berrettini. Tutti noi vorremmo vincere, no? Ma anche essere liberi di vivere la nostra vita».Lei è un po’ meno al centro dei gossip rispetto a qualche tempo fa, vive meglio?«Anche se fossi additata sarebbero solo inezie per me, dopo il calvario personale che ho vissuto».È un anno pieno di incidenti, lei ha paragonato gli sci ad “armi”.«Dobbiamo farli girare sul ghiaccio, con lamine d’acciaio che diventano coltelli se perdi il controllo. Penso ad Aleksander Aamodt Kilde, a Mikaela Shiffrin, all’intervento del nostro dottore che ha dovuto ricucire uno degli skiman della squadra maschile a Copper Mountain. Quante volte si è ferito il mio skiman “Babi” Greppi, che ha un’esperienza quarantennale, e io stessa mi sono tagliata. Quando ci sono incidenti clamorosi si fanno passi avanti per la sicurezza: la federazione internazionale ha cercato di limitare le velocità cambiando il raggio di curva degli sci, ma poi gli atleti con un cervello finissimo capiscono come gestire il nuovo materiale e riparte uno svilupposempre più performante: in fondo ce la giochiamo sui centesimi di secondo. Si continua sempre a cercare il limite, e non so proprio cosa si possa fare per la sicurezza degli atleti».Se lei avesse vinto un oro mondiale in Australia e fosse uscita logorata da quell’esperienza, avrebbe declinato l’invito al Quirinale come ha fatto Sinner?«Assolutamente no. Sarei andata perché il presidente della Repubblica è la più alta carica dello Stato. Ho un rispetto massimo verso le istituzioni, di cui tra l’altro faccio parte nella Guardia di Finanza. L’invito è un motivo di orgoglio immenso e, per come vivo io, non è nemmeno lontanamente concepibile pensare a un rifiuto».Ma cosa le darà la stessa adrenalina dello sci quando avrà smesso?«Niente sarà paragonabile al momento in cui metti i bastoncini fuori dal cancelletto, tutt’attorno c’è il silenzio, e puoi valorizzare il lavoro di tutti con una bella discesa. Però c’è un tempo per ogni cosa nella vita, e penso di aver seminato anche in altri campi. Ho già richieste lavorative di qua e di là ma non le prendo in considerazione. La politica? Non penso. Se Fiorello mi aspetta un po’ e ha un’altra delle sue idee geniali per un programma, io mi candido e sono pronta a firmare il contratto all’istante»