Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  gennaio 31 Venerdì calendario

La battaglia di Donnet


inviato a Venezia
Philippe Donnet è in campo: «Sono disponibile ad avere l’onore di guidare lo sviluppo di questo nuovo piano strategico insieme a questa squadra con cui abbiamo portato con successo a esecuzione tre piani. Insieme abbiamo reso le Generali più forti che mai». L’attuale numero uno del Leone, il manager che nel 2016 ha preso il testimone da Mario Greco, oggi alla guida di Zurich, è pronto alla battaglia. E a giocarsi così la riconferma: per lui sarebbe il quarto mandato alla guida del Leone, lo scrigno della finanza italiana: oltre 800 miliardi di attività, nei suoi forzieri 36,5 miliardi in Btp. La casacca – «a causa della legge Capitali», rimarca l’ad del Leone – non sarà quella della lista del cda, come avvenuto fin qui: non ci sarà. Con ogni probabilità a candidarlo sarà Mediobanca, primo socio di Trieste col 13,1%. Prima manager di mercato, ora manager proposto da un azionista. «Non vede contraddizioni?», gli chiedono. Sul punto svicola. Così come evita di commentare la scalata che il Monte dei Paschi ha lanciato su Mediobanca e le ricadute su Trieste. «Siamo qui per parlare del piano», dice.
E nel piano 2025-2027 presentato ieri a Venezia, manifesto degli attuali vertici per i prossimi tre anni, emerge una generosa politica di distribuzione ai soci, perfetta per la imminente campagna elettorale in vista dell’assemblea dell’8 maggio: 7 miliardi di dividendi, il 30% in più dell’ultimo triennio, oltre a 1,5 miliardi di riacquisto di azioni proprie, di cui 500 milioni quest’anno. Totale: 8,5 miliardi ai soci, mentre almeno uno dei principali azionisti – Francesco Gaetano Caltagirone, oggi poco sotto il 7% ma pronto a salire a ridosso del 10%, con Delfin oggi poco sotto il 10% ma con l’autorizzazione a salire fino al 20% disponibile a dare il proprio sostegno – è pronto a lanciare la sfida con una propria lista. Ma Donnet, mentre alle Procuratie Vecchie di Piazza San Marco presenta la strategia “Lifetime Partner 27: Driving Excellence” che prevede un rialzo medio annuo dell’utile per azione tra l’8 e il 10%, di generare oltre 11 miliardi di flussi di cassa netti nel triennio sviluppando efficienza e modelli operativi anche con il ricorso all’intelligenza artificiale, si mostra ottimista. «È un piano molto convincente – afferma -, siamo fiduciosi su quello che succederà. Ci sentiamo pienamente preparati anche perché siamo molto ben allenati, dato che abbiamo realizzato con successo anche i piani precedenti». In Borsa, dopo qualche titubanza iniziale, il titolo chiude in positivo, più 1,13%, a 30,41 euro.
Resta la pietra del contendere, da cui si è riaccesa la tensione tra alcuni soci e vertici aziendali, e che ha suscitato dubbi anche in Parlamento: l’alleanza nel risparmio gestito – ormai complementare ai business assicurativi Vita e Danni – con i francesi di Natixis. Nel piano l’accordo «è incluso» ma, spiega il direttore finanziario Cristiano Borean, «avrà effetti marginali a causa di una traiettoria della crescita dei profitti che avverrà dal 2028», visti i costi nei primi due anni. Per mostrare i suoi effetti «impiegherà del tempo», conferma anche il futuro capo della joint venture, l’americano Woody Bradford: «Da un punto di vista finanziario mi aspetto di vedere gli impatti più significativi nel giro di 5-10 anni». Era stata definita un’operazione trasformativa. Donnet, però, precisa: «Nessuno ha mai detto che si tratti di un’operazione trasformativa per le Generali, quanto per l’asset management».
Il closing «sarà attorno a gennaio 2026» e il fatto di non vedere impatti a breve «è abbastanza normale», minimizza l’ad. Il punto è un altro e Donnet, per rispondere alle critiche, lo sottolinea: «Avremo il 50% della joint venture, la co-controlleremo e – rimarca – non abbiamo intenzione di lasciare il controllo. I diritti delle due parti saranno gli stessi, l’ad sarà Woody ed è importante capire come funziona: c’è molta confusione perché in questo Paese sembra che le persone non distinguano tra proprietari e gestori degli asset». I primi, fa notare l’ad del Leone, «sono le compagnie assicurative del gruppo» e a loro resta «la responsabilità delle decisioni di investimento». E ancora: «L’asset allocation strategica del gruppo è decisa e approvata dal cda di Assicurazioni Generali. Quindi non rinunceremo ad alcun controllo sui nostri investimenti, che sono quelli dei nostri assicurati». Inoltre, nota l’ad non senza una punta polemica, «quando le compagnie di assicurazione o istituti di previdenza danno mandato a società di gestione americane, nessuno in questo Paese ha mai detto: “State mandando i risparmi degli italiani negli Stati Uniti”. Così ora gestiremo più asset attraverso la piattaforma di cui siamo comproprietari. E anziché pagarle ad altri, prenderemo il 50% delle commissioni: è anche meglio di prima».
Siglata l’alleanza italo-francese da 1.900 miliardi di masse, il Leone allenterà la pressione nelle acquisizioni. «La priorità sarà integrare quanto acquisito nell’ultimo triennio», pur restando aperti a opportunità «se ci sarà qualcosa di adatto alla nostra strategia, in maniera molto disciplinata, anche in confronto col piano di buyback», dichiara l’ad. La disponibilità di spesa? Borean la calcola «tra 0,5 e un miliardo di euro», al netto di quanto speso per l’acquisto di Mgg. —