Corriere della Sera, 30 gennaio 2025
Battaglia sul nome dei Kennedy
Washington Nel primo di due giorni di audizioni al Congresso, Robert F. Kennedy Jr. ha negato ieri strenuamente di essere «anti-vax» nel rispondere ai senatori democratici, mentre per cercare di rassicurare i repubblicani ha fatto marcia indietro sulle sue posizioni passate pro-aborto e ha promesso che la sua promozione di una alimentazione sana non avrà un impatto negativo sull’industria degli alimenti.
Ma il giorno prima i senatori hanno ricevuto una lettera da parte di sua cugina Caroline Kennedy, figlia del presidente John F. Kennedy, che chiede loro di non confermare Robert F. Kennedy jr nel ruolo di ministro della Sanità per cui è stato nominato da Donald Trump.
Non solo Caroline, ex ambasciatrice Usa in Australia per Biden e in Giappone per Obama, lo ritiene non qualificato ma lo definisce «un predatore», le cui vittime includono «genitori disperati e bambini ammalati» e i suoi stessi fratelli e cugini condotti sulla strada della tossicodipendenza; e un ipocrita che ha vaccinato i suoi figli ma dice agli altri di non vaccinare i propri e la cui «crociata contro i vaccini» è servita ad arricchirsi al prezzo di vite umane: «È pronto ad arricchirsi negando l’accesso ad un vaccino che può prevenire quasi tutte le forme di cancro della cervice e che è stato amministrato in modo sicuro a milioni di ragazzi e ragazze».
Caroline aveva indicato in passato, come altri membri della famiglia, di non condividere le posizioni del cugino, ma mai in maniera così dura. Forse è più facile adesso dopo la recente scomparsa a 96 anni di Ethel Kennedy, la madre di Rfk jr., l’ultima matriarca di «Camelot». Caroline ha letto la missiva anche in un video, pubblicato sui social da suo figlio Jack Schlossberg: «Siamo una famiglia unita, non è facile dire queste cose. Non è stato neanche facile restare in silenzio l’anno scorso, quando Bobby ha espropriato l’immagine di mio padre e distorto l’eredità del presidente Kennedy per portare avanti la sua campagna elettorale fallita e poi è strisciato da Donald Trump per avere un lavoro. A differenza di Bobby, io non cerco di parlare a nome di mio padre», aggiunge Caroline, anche se poi afferma che sia suo padre che suo zio Robert sarebbero «disgustati» dalle azioni di Rfk jr. Questa è una battaglia sul nome dei Kennedy, il clan del partito democratico, che però ha visto negli ultimi anni l’ascesa di Rfk jr come il personaggio più noto della famiglia, in parte proprio per via delle sue critiche sulla gestione governativa del Covid.
Robert junior aveva 9 anni quando suo zio fu assassinato e 14 quando la stessa sorte toccò a suo padre, ma Caroline, che da piccola ispirò la canzone di Neil Diamond Sweet Caroline, ha condiviso quegli orrori. Oggi a 67 anni descrive la crudeltà sin dall’infanzia del cugino 71enne: «Lo conosco da una vita, siamo cresciuti insieme. Non sorprende che tenga uccelli predatori come animali domestici perché è lui stesso un predatore... La sua cantina, il suo garage, la sua stanza al dormitorio erano il centro dell’azione dove le droghe erano accessibili. Gli piaceva mettersi in mostra mentre metteva pulcini e topi nel frullatore per nutrire i suoi falchi. Una scena perversa di disperazione e di violenza».
Caroline accusa Robert di avere incoraggiato con il suo carisma i fratelli e i cugini più piccoli a seguirlo «nell’abuso di droghe» e, mentre lui riuscì a uscirne, loro hanno pagato «con la dipendenza, la malattia e la morte»: nel 1984 David Kennedy, il fratello minore di Rfk jr, morì per overdose.
Se confermato come ministro della Sanità, avrà il controllo di un dipartimento con 90 mila dipendenti e un budget di 1.700 miliardi di dollari l’anno. Oggi farà un’altra audizione, «di cortesia», con la Commissione Salute, Istruzione, Lavoro e Pensioni (solo quella di ieri con la Commissione Finanze era necessaria).
Eliza Cooney, una donna che ha accusato Rfk di aggressione sessuale negli anni Novanta, quando faceva la babysitter per la sua famiglia, ha detto a Vanity Fair che teme che la lettera di Caroline sia arrivata «troppo tardi».